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Dall’inizio del conflitto hanno contribuito all’evacuazione di milioni di persone e hanno trasportato merci ed armamenti essenziali per la resistenza ucraina. Eppure le Ferrovie ucraine, sino ad allora, erano simbolo delle difficoltà del paese. Un approfondimento di Claudia Bettiol.
Spinti da un’empatia che ha superato paura e panico, i dipendenti delle ferrovie ucraine in questi mesi di conflitto si sono rivelati dei veri e propri eroi nazionali. Anzi: degli eroi di ferro. Sin dallo scoppio del conflitto del 24 febbraio i ferrovieri hanno infatti messo in salvo milioni di persone, a rischio della loro stessa vita. Secondo dati resi noti lo scorso maggio, i 230 mila dipendenti della Ukrzaliznycja (UZ) hanno permesso alle ferrovie ucraine di sfollare puntualmente diversi milioni di passeggeri, resistendo alle bombe quotidiane sui binari e sulle stazioni e aiutando in parallelo esercito e cittadini trasportando enormi quantità di merci – tra cui grano per l’esportazione, ma anche armi ed equipaggiamenti militari per il fronte forniti dall’Occidente.
Lo scotto pagato è stato alto, soprattutto nei primi mesi di guerra: prima dell’estate 7.300 dipendenti delle ferrovie si erano già arruolati, di questi 141 sono stati uccisi e 197 feriti. Molti sono poi morti sul lavoro. E purtroppo continuano a morire: le infrastrutture ferroviarie sono da alcuni mesi a questa parte un obiettivo prioritario per i missili russi, da quando il Cremlino ha rivisitato le sue tattiche militari. Ma ciò non ha impedito alla compagnia ferroviaria nazionale, capitanata da Oleksandr Kamyšin – che ha assunto la guida di UZ nell’autunno 2021, al culmine di una delle peggiori crisi nella storia delle ferrovie ucraine – di continuare il proprio lavoro con una resilienza unica.
Ukrzaliznycja e lo scartamento ferroviario
La rete ferroviaria in Ucraina nasce sotto il dominio imperiale austro-ungarico nei territori occidentali (Regno di Galizia e Lodomeria, Ducato di Bucovina e comitato di Ung nella regione dei Carpazi) intorno al 1840; solo successivamente si espande nei territori controllati dall’Impero russo, verso est: Mosca ne diventa allora il perno centrale, da dove tutto parte e tutto torna.
Definita a lungo un’azienda paramilitare – retaggio storico dell’inizio dell’Unione Sovietica, quando la ferrovia era effettivamente un’organizzazione militare (la smilitarizzazione è avvenuta solo nel 1955) – la ferrovia ucraina è diventata indipendente nel 1991, quando il 14 dicembre il Consiglio dei Ministri dell’Ucraina ha proclamato l’Ukrzaliznycja ente governativo per l’amministrazione dei trasporti ferroviari, che riunisce ancora oggi sei compagnie ferroviarie statali. Infatti, nonostante l’indipendenza da Mosca, la ferrovia e l’azienda hanno conservato finora una struttura sovietica sviluppatasi in una rete formata da sei zone: sud-ovest (con base di controllo a Kyiv), area di Leopoli, area sud (Charkiv), Donec’k (dal 2014 passata a Lyman), Prydniprovs’ka (Dnipro) e Odessa.
Retaggio sovietico che si nota anche sul piano tecnico: il collegamento ferroviario tra Ucraina e paesi dell’Unione europea è ad esempio ostacolato dalla diversa larghezza dei binari ferroviari e dalla dimensione di vagoni e locomotive. L’Ucraina utilizza da moltissimi anni in tutto il suo territorio uno scartamento ferroviario di 1520 mm, mentre nella maggior parte dei paesi europei è invece di 1435 mm. Lo scartamento europeo è diventato il più comune al mondo, tanto che rappresenta fino al 60% della lunghezza totale delle ferrovie. Al secondo posto, con una quota del 17%, si trova il cosiddetto “scartamento russo” di 1520 mm, ancora oggi utilizzato nei paesi dell’ex blocco sovietico, oltre che in Finlandia e in Mongolia. Questa differenza di scartamento è ovviamente legata al fattore sicurezza, ovvero alla creazione artificiale di ostacoli per la comunicazione ferroviaria tra l’Impero russo (prima, Urss poi) e il resto del mondo. Per questo motivo, nella parte occidentale dell’Ucraina, durante e dopo la Seconda guerra mondiale, le rotaie europee costruite sotto l’Impero asburgico furono smantellate e la ferrovia fu costruita secondo gli standard sovietici. Ma ora questo retaggio storico, a cui si aggiungono il peso e le dimensioni delle locomotive nonché le code al confine causate dai ritardi nella sostituzione dei vagoni (come accade a Čop-Cierna na Tisou in Slovacchia o Čop-Zahony in Ungheria), complica notevolmente il collegamento di trasporto tra l’Ucraina e l’Europa.
Siamo consapevoli che dovremo costruire lo scartamento europeo in Ucraina e rendere compatibile la nostra rete ferroviaria con quella europea. Almeno i raccordi principali dovrebbero essere costruiti come quelli a scartamento europeo – ha ricordato il ministro delle Infrastrutture ucraino Oleksandr Kubrakov lo scorso maggio.
Nel giugno 2018, l’allora capo del ministero delle Infrastrutture Volodymyr Omel’jan, che aveva annunciato la creazione dell’“hyperloop ucraino” (treno ad alta velocità ‘sottovuoto’), aveva addirittura annunciato preparativi congiunti con l’Italia per introdurre in Ucraina l’alta velocità sulla base dello scartamento europeo: la società italiana Italferr sarebbe stata coinvolta nello sviluppo di uno studio di fattibilità dell’euro-scartamento Odesa-Kyiv-L’viv. Tuttavia, data la situazione attuale, il cambio verso lo scartamento europeo in Ucraina richiederà molto più tempo del previsto. Tempistiche che erano già lunghe considerando che in Ucraina vi sono più di 20 mila chilometri di rete ferroviaria.
L’Ukrzaliznycja e i suoi eroi di ferro
Per molto tempo l’Ukrzaliznycja è stata un simbolo dell’Ucraina, della sua storia, delle sue aspirazioni al cambiamento e della sua incapacità di raggiungere tale realtà. Dopo l’indipendenza del 1991, infatti, l’azienda statale è diventata l’emblema della corruzione endemica, delle lotte politiche e del clientelismo che hanno caratterizzato gran parte dei tentativi di riforma post-sovietici nel paese. Basti pensare che all’epoca della Rivoluzione della Dignità, nel 2014, non c’erano treni organizzati per l’evacuazione dei cittadini e le persone nel Donbas occupato dovevano raggiungere in maniera autonoma il territorio controllato dall’Ucraina. Stessa cosa per il servizio ferroviario che collegava i territori occupati della penisola di Crimea, delle città di Donec’k e di Luhans’k all’Ucraina, che è stato subito interrotto. Eppure, oggi, in questo periodo di conflitto e crisi esistenziale, la compagnia ferroviaria ha dato il suo contributo alla resilienza ucraina, riflettendo l’unificazione del paese di fronte all’imminente distruzione.
La reattività è stato l’elemento principale che ha caratterizzato la capacità della squadra dei ferrovieri di far fronte alle nuove difficoltà e a trasformare un’azienda nazionale di trasporti in una specie di battaglione militare. Qualsiasi formalizzazione è stata eliminata: niente verbali, niente ordini, niente riunioni; solo telefonate brevi, comandi verbali, esecuzione rapida dei compiti. La gestione verticale, tipica di un’azienda statale come questa, caratterizzata da una struttura gestionale complessa in cui i poteri del consiglio di amministrazione (direzione) e del consiglio di sorveglianza sono intrecciati, è diventata più orizzontale e i responsabili sul campo possono ora prendere decisioni sulla maggior parte delle questioni senza un’ulteriore approvazione da parte della direzione. D’altronde, è impensabile poter lavorare come in tempo di pace.
Meglio prendere una decisione e commettere un errore che rimanere bloccati nell’indecisione. Se commettiamo un errore, apportiamo modifiche durante il processo e si riparte – ha affermato in un’intervista a Forbes il suo direttore Kamyšin.
Ad oggi, più di quattro milioni di persone sono state portate fuori dalla zona di guerra e più di 220 mila tonnellate di aiuti umanitari sono state consegnate in tutto il paese, nonostante i treni siano stati sottoposti a fuoco d’artiglieria, bombe aeree e attacchi missilistici. Come riporta Sarah A. Topol per il New York Times, il 25 febbraio la Russia ha colpito una cellula di comando di riserva della compagnia ferroviaria con un missile da crociera, ma fortunatamente la rete non ha subito danni su larga scala. Il Cremlino stava allora conducendo una campagna di attacchi limitati e non ha preso di mira attivamente le infrastrutture ferroviarie critiche perché pensava di prendere rapidamente il controllo del paese. Così, la cellula di comando prese due decisioni: tutti i treni passeggeri sarebbero passati alla modalità di evacuazione e sarebbero stati gratuiti, senza bisogno di biglietti, e il maggior numero possibile di persone sarebbe stato ammesso a bordo; inoltre, i treni avrebbero viaggiato a velocità ridotta per limitare la portata dei danni se i russi avessero colpito un vagone o un binario. L’orario dei treni di evacuazione per il giorno successivo sarebbe stato pubblicato alle 21 di ogni sera sui canali di comunicazione ufficiali di UZ (sito web, Facebook e Telegram).
Dopo pochi giorni dall’inizio delle evacuazioni, per non far tornare i treni vuoti da ovest, i volontari hanno cominciato a chiedere di poter riempire i vagoni con beni umanitari. In aprile, l’Ukrzaliznycja ha standardizzato il processo con il servizio postale ucraino Ukrpošta collegando ai treni vagoni dedicati. Da allora, hanno distribuito più di 140 mila tonnellate di cibo, almeno 300 mila tonnellate di merci e trasportato oltre tre milioni di pacchi postali: dopo un’interruzione di vent’anni, Ukrpošta ha quindi ripreso a effettuare spedizioni per ferrovia, il progetto è stato denominato Iron Post.
L’orgoglio per le ferrovie ucraine è aumentato quando, a metà marzo, i primi ministri di Polonia, Repubblica Ceca e Slovenia si sono recati in visita a Kyiv in treno. A quel tempo, la capitale era una città fantasma: i suoi ampi viali erano vuoti, costellati di posti di blocco. Ma il successo del viaggio con UZ dei ministri è stato tale che altre personalità come Boris Johnson, Nancy Pelosi, Emmanuel Macron, Justin Trudeau, Angelina Jolie e Sean Penn hanno in seguito visitato l’Ucraina prendendo un treno diplomatico “segreto” e postando selfie dalle lussuose carrozze. Kamyšin lo ha chiamato #IronDiplomacy.
L’UZ ricostruisce e resiste ai blackout
Con il progredire della guerra, sia l’Ucraina che la Russia hanno utilizzato le ferrovie per portare avanti i loro attacchi e rafforzare le loro difese. Ad aprile, quando la Russia ha abbandonato la speranza di una conquista rapida, il Cremlino ha cambiato tattica e ha iniziato a colpire le infrastrutture critiche: sottostazioni elettriche, depositi di carburante, stazioni ferroviarie e ponti ferroviari. Alcuni treni sono stati quindi temporaneamente sospesi, altri hanno subito ritardi fino a 10 ore; in alcuni casi gli attacchi hanno ucciso anche decine di civili, come a Kramators’k (60 morti e 111 feriti) e nell’attacco a Čaplyne, che ha provocato 25 morti e decine di feriti.
Ukrzaliznycja è riuscita anche a riattivare il servizio ferroviario in più di una dozzina di stazioni liberate dall’inizio dell’invasione, tra cui quella di Kup’jans’k nella regione di Charkiv, nodo ferroviario di grande rilievo. I treni hanno ripreso a circolare anche dalla capitale alla città di Cherson, libera dallo scorso 18 novembre.
A fine autunno il Cremlino ha attaccato la rete elettrica ucraina facendo precipitare il Paese in un blackout continuo: la maggior parte delle regioni è rimasta senza elettricità, acqua, riscaldamento, comunicazioni e Internet. L’azienda delle Ferrovie ucraine ha subito sottolineato come le cancellazioni di eventuali treni saranno minime. Lo ha dichiarato il presidente del consiglio di amministrazione di Ukrzaliznycja Oleksandr Kamyšin: “Metà del nostro traffico è costituito da treni e locomotive elettriche, quindi quando colpiscono le infrastrutture energetiche, anche noi ne risentiamo, ma ora abbiamo imparato a gestirle, a ripararle prontamente e ad andare avanti”. In caso di necessità la compagnia ferroviaria ha preparato locomotive diesel di riserva; inoltre, i passeggeri che arrivano nelle stazioni ferroviarie dopo l’orario previsto dal coprifuoco potranno pernottare gratuitamente nelle stazioni, illuminate e dotate di riscaldamento, acqua, rete ed elettricità. Allo stesso tempo, Kamyšin ha aggiunto che i ritardi dei treni sono una conseguenza inevitabile di qualsiasi blackout, “ma noi andiamo avanti, non cancelliamo nessun treno, continuiamo a correre”.
Traduttrice e redattrice, la sua passione per l’est è nata ad Astrachan’, alle foci del Volga, grazie all’anno di scambio con Intercultura. Gli studi di slavistica all’Università di Udine e di Tartu l’hanno poi spinta ad approfondire le realtà oltrecortina, in particolare quella russa e quella ucraina. Vive a Kyiv dal 2017, collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso, MicroMega e Valigia Blu. Nel 2022 ha tradotto dall’ucraino il reportage “Mosaico Ucraino” di Olesja Jaremčuk, edito da Bottega Errante.