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Chiunque avesse voglia di cercare, per curiosità, quale sia il torneo sportivo più piccolo del mondo, molto probabilmente troverebbe una risposta abbastanza univoca: il campionato delle isole Scilly, arcipelago a sud della Cornovaglia, appartenente al Regno Unito. Pochi sanno che per 20 anni, tra il 1970 e il 1990, la competizione britannica ha condiviso questo curioso primato con il campionato di hockey su ghiaccio della Germania Est. Un record dovuto non come per le Isole Scilly alle dimensioni del territorio, ma alla politica, come spesso accadeva nella Repubblica democratica tedesca.
Un campionato in provincia
A differenza del calcio, che di fatto, almeno a Berlino, non si era mai fermato, l’hockey su ghiaccio ci impiega quattro anni per ripartire in via ufficiale dopo la capitolazione della Germania e la fine del Terzo Reich. È il febbraio 1949 e la Deutsche Sportausschuß, il massimo organo sportivo dell’allora zona di occupazione sovietica vara un torneo, inserito all’interno delle Wintersportmeisterschaften, evento riservato a tutti gli sport invernali della DDR e organizzato a Oberhof, in Turingia. Quattro squadre, di cui una di Berlino Est, il SG Grün-Weiß Pankow, che si sfidano in partite a eliminazione diretta.
A spuntarla è il SG Frankenhausen, squadra dell’omonimo paese di poco più di mille abitanti in Sassonia, nella zona che negli anni Trenta l’allora ct della Germania, il canadese Bobby Bell, aveva definito il “piccolo Canada” per la quantità di talento hockeystico. Tra i partecipanti, tutti vincitori dei rispettivi campionati di zona, anche il SG Apolda, espressione sportiva della cittadina della Turingia e il SG Wierke, proveniente da un quartiere in Wernigerode nel Harz.
L’anno successivo la massima competizione nazionale è sempre giocata da quattro club, ma la sede è la Werner-Seelenbinder-Halle, nella parte orientale di Berlino, sull’unica pista al coperto dell’intera DDR e la formula è il girone all’italiana. È l’inizio di un’evoluzione che già dal 1951 vedrà la nascita di un vero e proprio campionato, con sette squadre al via e l’inserimento di compagini provenienti da Turingia, Sassonia e Berlino. Nel 1950 come nel 1951 a vincere è il club di Weißwasser, zona vicino al nuovo confine con la Polonia. Negli anni successivi, l’hockey della Germania Est segue gli stessi processi che subiscono gli altri sport di squadra, con la nascita di club “socialisti”, rigorosamente composti da dilettanti prima costituiti in Sportsvereinigungen e poi in Sportsclub.
L’interesse cresce, accompagnato anche dai risultati della Nazionale, che aveva disputato il suo primo incontro nel 1951. Nel 1954 la selezione della DDR vince il Mondiale B in casa e nel 1957 debutta alla rassegna iridata “A”, che è contemporaneamente è un campionato europeo. Nel campionato continentale la Germania Est coglie un bronzo nel 1966, con una rosa che è un mix tra la Dynamo Weißwasser e la Dynamo Berlino, le due squadre che dominano il campionato.
Il flop olimpico e il “declassamento” dell’hockey
A metà Sessanta la selezione della DDR è così competitiva che per la prima (e unica) volta la Repubblica democratica tedesca ottiene la qualificazione ai Giochi Olimpici, quelli di Grenoble 1968, i primi dove lo “Stato degli Operai e dei Contadini” si presenta con selezione autonoma. In Francia, dopo aver superato il turno di qualificazione con la Norvegia, la Nazionale tedesco orientale fa flop. Sette partite, sette sconfitte, con l’ultima che brucia ancor di più perché patita dalla Germania Ovest e perché proprio per la passione per l’hockey gli incontri sono stati trasmessi in Tv. Poco più di un anno dopo quella delusione, l’8 aprile 1969, il Deutsche Turn- und Sportbund (DTSB), il Comitato Olimpico della DDR e il Politbüro della SED, approvano il Leistungssportbeschluss, la risoluzione che programma il futuro dello sport della DDR.
Secondo questo documento, pensato in vista delle Olimpiadi di Monaco ‘72 (e di quelle di Sapporo), gli sport praticati vengono divisi in tre categorie: quelli da sostenere sotto tutti gli aspetti (la maggioranza degli sport olimpici estivi e invernali), quelli non olimpici che non devono ricevere sovvenzioni né agevolazioni e infine una categoria di discipline, come basket, pallanuoto, pentathlon, sci alpino e hockey appunto, il cui sostegno deve essere ridotto. Una scelta, quella della “retrocessione” dell’hockey, che ha ragioni pratiche (l’hockey porta solo una medaglia ai Giochi) ed economiche. Emblematiche le parole di Rudolf Hellmann, uno dei più importanti dirigenti sportivi della DDR, riportate dal giornalista Michael Lachmann. “Per costruire l’economia socialista abbiamo bisogno di ogni singolo marco. Per sostenere l’hockey c’è bisogno di fondi che servirebbero per due barche frigo. E allora, cari sportivi, di cosa abbiamo più bisogno? Dell’hockey o delle barche frigo?”.
Un aiuto dall’alto
Con la decisione dei vertici politici e sportivi della Repubblica Democratica Tedesca, l’hockey su ghiaccio cambia prospettiva. Meno fondi, club che escono dai Leistungszentren, i centri d’alto rendimento, e diventano per la maggior parte Betriebssportgemeinschaft, società legate a singole aziende. A essere ridimensionato è soprattutto il campionato.
Nella stagione 1969-1970 i club che vi partecipano sono tre e dalla stagione successiva sono due: Dynamo Berlino e Dynamo Weißwasser. E non è un caso. Se il torneo non è scomparso, lo si deve a Erich Mielke, il potentissimo capo del Ministero per la Sicurezza dello Stato. Che oltre a essere il presidente dell’associazione sportiva Dynamo, quella che raggruppa i club legati agli apparati di sicurezza dello Stato, è un grande appassionato di hockey. È lui a imporre che le uniche società a poter rimanere in vita e competere ad alto livello, partecipando anche alle coppe europee, mentre le altre possono gareggiare solo a livello locale, nel Bestenermittlung, torneo che non ha “dignità” di campionato.
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Rivali eterni
Dal 1970 al 1990 Dynamo Berlino contro Dynamo Weißwasser sarà il campionato della DDR. Si gioca da ottobre a fine febbraio. Le formule sono diverse, fino al 1986 un torneo in cui vince chi raccoglie più punti, poi dal 1986/1987 viene introdotta la formula dei playoff, con tre serie al meglio delle cinque partite, senza la possibilità di pareggio. In quasi 20 anni, dove i giocatori eterni avversari in campionato continuano a giocare insieme nella Nazionale che oscillerà sempre tra la Serie A e la Serie B del hockey mondiale, i titoli li vince, eccetto il periodo 1970-1975, quasi sempre la Dynamo Berlino. Un trend che paradossalmente fa scendere la passione dei tifosi della squadra della capitale e crescere quella della Dynamo Weißwasser.
Allo stadio all’aperto intitolato a Wilhelm Pieck accorrono, qualunque sia il tempo, fino a 12mila persone. Ne arrivano tante anche il 9 novembre 1989. Vincono i padroni di casa 4-3, ma quando la Dynamo Berlino sta tornando a casa, tutti scoprono che il Muro è caduto. Neanche un anno dopo, ancor prima dell’ufficiale Riunificazione, la Deutsche Eislauf-Verband (DELV) e il suo omologo dell’Ovest si fonderanno con le due Dynamo, la EHC Dynamo Berlin e PEV Weißwasser ammesse alla nuova Bundesliga. Entrambi i club esistono ancora, gli Eisbären Berlin hanno vinto 9 campionati tedeschi e militano in prima divisione, mentre i Lausitzer Füchse, eredi della squadra di Weißwasser, competono in seconda divisione. Dopo la Riunificazione non hanno più vinto nulla.
Classe 1984, nato a Sesto San Giovanni quando era ancora la Stalingrado d’Italia. Germanocentrico, ama la Spagna, il Sudamerica e la Mitteleuropa. Collabora con Avvenire e coordina la rivista Cafè Rimet. È autore dei volumi “C’era una volta l’Est. Storie di calcio dalla Germania orientale”, “Rivoluzionari in campo” e coautore di “Non solo Puskas” e “Quattro a tre”.