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In Kazakhstan, tra le tante cose a cambiare di frequente non c’è solo il nome della capitale Astana, ma anche l’alfabeto della lingua. Nel 2018, anno dell’inizio della transizione dall’alfabeto cirillico a quello latino, non esistevano manuali in grado di insegnare il kazako a studenti stranieri.
La codificazione delle lingue in Centro Asia
Secondo gli storici, negli anni Venti del Novecento il livello di alfabetizzazione delle tribù nomadi in Turkestan, conquistato dall’Impero russo sul finire del diciannovesimo secolo, non superava il 5%. Uno degli obiettivi principali del governo sovietico fu perciò di scolarizzare queste popolazioni nella loro lingua madre in un progetto politico che divenne noto come korenizacija (ovvero nativizzazione, dove la componente chiave del termine consiste nella parola russa koren, “radice”). Solo in un secondo momento kazaki, kirghisi, turkmeni, uzbeki, uiguri e tagiki sarebbero stati sovietizzati, anche attraverso l’apprendimento del russo.
Dal punto di vista linguistico, le cinque lingue dei gruppi etnici titolari delle repubbliche sovietiche centroasiatiche e quella della minoranza uigura avrebbero beneficiato di una trascrizione affine a quella delle lingue con le quali sono imparentate. Per esempio, lingue turciche quali kazako, kirghiso, turkmeno, uzbeko e uiguro avrebbero beneficiato dell’uso della variante turca dell’alfabeto latino; mentre il tagiko, considerato un dialetto del persiano, sarebbe stato più efficacemente reso dall’alfabeto di quest’ultimo. Tutto ciò avvenne solo in parte.
Infatti, inizialmente il kazako, il kirghiso, l’uzbeko, il tagiko e il turkmeno vennero trascritti in alfabeto arabo e arabo-persiano, ma già dal 1928 si decise di passare all’alfabeto latino. Il terzo cambiamento in pochi decenni avvenne nel 1940 con l’introduzione definitiva del cirillico per tutte e cinque le lingue.
In kazako, per esempio, questo significò l’adozione delle 33 lettere dell’alfabeto russo e di 9 ulteriori lettere che meglio rappresentassero i suoni della lingua: Ә, Ғ, Қ, Ң, Ө, Ұ, Ү, Һ, І. La scelta del cirillico nacque dalla volontà precisa di rendere i centro-asiatici incapaci di comprendere lingue nazionali, quali il farsi e il turco, di Stati non parte dell’Urss. Come accaduto per tutte le etnie divenute parte dell’Impero sovietico, si favorì un senso di alterità volto a indebolire la forza dei movimenti nazionalisti.
Il kazako verso la variante turca dell’alfabeto latino
Col disfarsi dell’Unione Sovietica, però, la tendenza fu inversa: ciascuno dei cinque Stati iniziò un processo di nazionalizzazione volto a ridare lustro alle caratteristiche originarie delle etnie titolari. Questo comprendeva, tra le altre cose, un uso maggiore della lingua nazionale sul russo. In questo processo di rivalutazione delle lingue native, l’alfabeto cirillico fu abbandonato a favore di quello latino in Uzbekistan e Turkmenistan nel 1993, ma in Kazakhstan solo nel 2018.
La transizione così tarda si deve alle proporzioni dei gruppi etnici nel paese: se infatti nel 1989 i kazaki costituivano solo il 39,7% della popolazione, di poco seguiti dai russi al 37,8%, nel 2020 i kazaki sono diventati il più grande gruppo etnico con il 63,1%, mentre i russi sono scesi al 23,7% (anche se è altamente probabile che le cifre siano aumentate a seguito della mobilitazione parziale nel 2022). Dopo qualche tentativo fallito, nel 2021 la commissione nazionale ha presentato ai cittadini le 31 lettere del suo nuovo alfabeto; la transizione sarà completata nel 2031 (inizialmente la data prevista era il 2025).
Questo discorso, però, vale solo per i kazaki che vivono sul territorio del paese. L’etnia è stata e resta una minoranza significativa in territori quali la Mongolia, il Karakalpakstan e la regione di Xinjiang in Cina (che con i suoi 25 milioni di abitanti circa è più popolosa dello stesso Kazakhstan). Infatti, in quest’area esiste un’intera prefettura autonoma kazaka.
Prima del 1935, però, in Cina non si insegnavano le lingue delle minoranze. Questa funzione era svolta dalle scuole religiose islamiche, ragione per cui il kazako era scritto con un alfabeto arabo modificato dai cinque segni introdotti da Ahmet Baitursynuly. L’arabo fu poi abbandonato in favore del cirillico, ancora in uso in Mongolia. Ma il cambiamento durò fino al 1964, quando le tensioni sino-sovietiche spinsero le autorità cinesi a imporre la transizione del kazako di Xinjiang all’alfabeto latino. Nel 1984 il kazako dello Xinjiang tornò all’alfabeto arabo modificato.
In pratica, questo significa che in tre diversi territori oggi il kazako si scrive in tre modi diversi: in cirillico in Mongolia, in arabo in Xinjiang e in latino (perlomeno una volta terminata la transizione) in Kazakhstan. Questa non è una peculiarità dei kazaki; infatti, gli uiguri presenti nelle ex repubbliche sovietiche trascrivono la propria lingua in cirillico, mentre coloro che vivono in Xinjiang ricorrono all’arabo.
Queste differenze tra kazaki si videro già negli anni Novanta, quando una grossa fetta di kazaki residenti in Mongolia, Karakalpakstan e in Xinjiang tornarono (o andarono per la prima volta) a vivere in Kazakhstan. Questi ripatriati (oralmandar in kazako) parlavano versioni alternative del kazako rispetto alle loro controparti post-sovietiche: invece di parole prese in prestito dal russo c’erano parole dal mandarino o dall’arabo.
Ricercatore e divulgatore scientifico, esperto in relazioni internazionali, scienze politiche e dell'area dello spazio post-sovietico con un dottorato conseguito alla Dublin City University. Oltre all’italiano parla inglese, francese, russo, e da qualche mese studia romeno.