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Il 6 febbraio 1996, la Gran Bretagna cedette all’Ucraina, per il prezzo simbolico di una sterlina, la sua stazione Faraday in Antartide, che gli ucraini ribattezzarono “Akademik Vernadsky” in onore dell’importante mineralogista e geochimico sovietico e primo presidente, nonché fondatore, dell’Accademia nazionale delle scienze ucraina, Vladimir Ivanovič Vernadskij (1863-1945).
Mentre Kyiv e i territori ucraini sono oggi impegnati a difendere i loro confini e resistere all’invasione russa, che sta causando una delle crisi umanitarie peggiori del nuovo millennio, cosa accade in quel pezzo di Ucraina a più di 15mila chilometri di distanza in linea d’aria – e a ben 52 meridiani verso ovest rispetto a noi – dove la guerra sembra (ed effettivamente è) così lontana?
Dai britannici agli ucraini
Fondata durante la spedizione britannica a Grahame Land nel 1934-1937, la base scientifica Faraday iniziò a operare una decina di anni dopo, quando gli inglesi decisero di stabilire a Winter Island (una delle cosiddette isole argentine) una vera e propria stazione meteorologica. Il progetto prevedeva di fondare la stazione all’interno del primo edificio dell’isola, ma fu trovata solo una struttura in legno sulla riva opposta dello stretto, che suggeriva che l’edificio era stato spazzato via da un’onda gigantesca. Di conseguenza, i primi esploratori furono costretti a costruire tutto da zero, utilizzando le risorse disponibili nell’isola.
La stazione fu chiamata Base F – rinominata Faraday in onore dello scienziato britannico solo nel 1977 – e ospitò 4-6 persone nelle spedizioni invernali fino al 1953, quando venne costruito un nuovo edificio sulla vicina isola Galindez, dove fino a 10 persone potevano trascorrere l’inverno. L’ultima grande ricostruzione della stazione ebbe luogo nel 1980, quando un edificio a due piani fu aggiunto al vecchio e venne chiamato “Coronation House” – in onore dell’incoronazione nel 1953 di Elisabetta II.
Inizialmente, il programma di ricerca scientifica fu rivolto esclusivamente a studi di tipo meteorologico. Nel 1957 presero, però, il via ricerche di geofisica e ionosfera, tanto che uno spettrofotometro Dobson venne installato nella stazione per misurare il contenuto di ozono nell’atmosfera: nel 1985, fu proprio sopra la stazione Faraday che gli scienziati britannici scoprirono il fenomeno del buco dell’ozono.
In seguito al crollo dell’Urss, nel 1992 la Federazione russa si dichiarò automaticamente successore del precedente stato e detentore di tutte le stazioni antartiche dell’ex Unione Sovietica e rifiutò di lasciarne una, di diritto, all’Ucraina.
Dopo numerosi appelli, il 3 luglio il primo presidente dell’Ucraina indipendente Leonid Kravčuk emise un decreto sulla partecipazione dell’Ucraina alla ricerca in Antartide, mentre la Verchovna Rada (il parlamento ucraino) approvava l’adesione dell’Ucraina al Trattato Antartico. Il 26 ottobre 1993 venne istituito il Centro per gli studi sull’Antartide (in seguito Centro antartico ucraino), guidato dal paleontologo e stratigrafico Petro Gožyk.
Nel novembre dello stesso anno, il Regno Unito fece circolare una proposta alle ambasciate per trasferire la stazione di Faraday sull’isola di Galindez a uno degli stati che non avevano ancora stazioni nel continente e venne così finanziato (dalla Fondazione Soros Renaissance) il progetto “L’Ucraina ritorna in Antartide”. Nacque quella che sarebbe divenuta ufficialmente la stazione antartica Akademik Vernadsky il 6 febbraio 1996, giorno in cui gli esploratori polari ucraini issarono la bandiera blu-gialla sulla base.
Gli scienziati ucraini hanno continuato gli studi avviati dagli inglesi, ampliando successivamente la gamma della loro ricerca: si conducono ricerche in biologia, meteorologia, oceanografia e si studiano l’effetto del freddo sul corpo umano, il buco dell’ozono, i cambiamenti nel campo magnetico terrestre e la ionosfera.
La vita di un esploratore in Antartide
Le spedizioni di esploratori ucraini alla stazione Akademik Vernadsky sono composte da 12 persone: la squadra tecnica comprende un amministratore del sistema di telecomunicazione, un elettricista, un meccanico di sistema, un medico e un cuoco; la squadra scientifica è, invece, composta da biologi, geofisici, meteorologi.
Ogni anno, il Centro nazionale di ricerca antartico annuncia un concorso per selezionare i candidati per la spedizione invernale alla stazione Akademik Vernadsky, sull’isola di Galindez, in Antartide occidentale. Il concorso è aperto a tutti, senza limiti di età, sesso o altre caratteristiche. Tuttavia, i requisiti per far parte di queste spedizioni sono piuttosto severi e da non dare per scontati: ottima salute, conoscenza di almeno una lingua straniera (inglese, spagnolo o altro), un carattere non conflittuale, capacità di vivere in isolamento dal mondo esterno, flessibilità sugli orari di lavoro, spirito di squadra e, infine, professionalità.
Nonostante la distanza non indifferente con il resto del mondo, i collegamenti con la capitale ucraina sono garantiti una volta alla settimana. L’isola è, per il resto, completamente isolata e composta da solamente 12 edifici, tra cui una cappella ortodossa.
Nel 2011 (sotto la presidenza di Viktor Janukovyč), presso la stazione antartica Akademik Vernadsky è stata inaugurata una cappella ortodossa in onore di Volodymyr il Santo – primo principe della Rus’ di Kiev che, dopo essere stato battezzato a Cherson nel 988, convertì al cristianesimo l’intero regno.
La cappella è appartenuta alla Chiesa ortodossa ucraina del Patriarcato di Mosca fino al 7 aprile 2019 quando, in seguito a un referendum locale tra gli scienziati, è entrata a far parte della Chiesa ortodossa ucraina del Patriarcato di Kyiv grazie alla conquista dell’autocefalia. Il 25 marzo, nella cattedrale di San Michele della capitale ucraina, il vescovo Epifanyj della Chiesa ortodossa ucraina ha pregato per il felice viaggio della nuova squadra di 12 esploratori polari ucraini e per un buon inizio del loro lavoro in Antartide, presentando ai partecipanti della 24° spedizione antartica una copia del tomos (ovvero il documento ufficiale per la concessione di autocefalia firmato dal capo della Chiesa ortodossa), tuttora conservata presso la stazione Vernadsky nella cappella dedicata a Volodymyr il Santo.
Slava Ukraiini! Gli esploratori antartici sostengono l’Ucraina
Pur trovandosi a migliaia di chilometri da casa e dalla loro patria, gli esploratori polari ucraini che attualmente lavorano presso la stazione antartica Akademik Vernadsky non sono rimasti indifferenti alle minacce di invasione russa e alla successiva guerra su larga scala scoppiata lo scorso 24 febbraio nel loro paese natale.
Poco prima dell’attacco, si sono attivati inviando un appello alla comunità polare e a tutte le stazioni antartiche sull’invasione militare russa in Ucraina: “Qui in Antartide, tutti i paesi rispettano gli accordi internazionali in conformità con il Trattato Antartico e rispettano il diritto internazionale e la convivenza pacifica. Sfortunatamente, tali relazioni pacifiche di buon vicinato non sono presenti in tutti i continenti. Contrariamente a tutti gli accordi internazionali e alle garanzie di sicurezza, il nostro paese vive da 8 anni una guerra ibrida e parte del suo territorio è occupato. Come sapete, l’altro giorno la Federazione russa ha deciso di utilizzare il suo esercito sulla nostra terra. A causa delle azioni dell’aggressore nel prossimo futuro, questo conflitto militare potrebbe diventare globale, cosa che sarà avvertita dal mondo intero. Siamo grati a tutti gli stati che ci forniscono aiuto e sostegno in questo momento difficile e invitiamo la comunità polare a non farsi da parte e a sostenere l’Ucraina, la sua integrità territoriale e la sua sovranità”.
Separatamente, in un video, gli esploratori polari hanno fatto appello anche agli scienziati russi, invitandoli a esprimere pubblicamente la loro posizione: “Fai del tuo meglio per fermare la guerra iniziata dalla tua leadership. Protesta, impedisci ai tuoi figli di diventare assassini e morire senza gloria in terra straniera. Questa è la tua ultima possibilità per fermare la guerra in Ucraina”.
“La guerra ci ha colto lontano da casa, all’estremo confine dell’Ucraina, dove sventolano la nostre bandiere blu-gialle. Come per gli ucraini in tutto il mondo, i nostri cuori sono pieni di dolore per ciò che sta accadendo nella nostra patria. Le nostre città e i nostri villaggi vengono bombardati, le persone muoiono. Sfortunatamente, finora non siamo stati in grado di unirci ai militari, ai ranghi di difesa dal terrorismo e ai volontari. Ma, come tutti voi, facciamo tutto ciò che è in nostro potere, aiutando il nostro paese finanziariamente e diffondendo l’informazione”, hanno dichiarato gli esploratori polari ucraini, esprimendo rispetto e gratitudine a tutti coloro che difendono l’Ucraina.
Traduttrice e redattrice, la sua passione per l’est è nata ad Astrachan’, alle foci del Volga, grazie all’anno di scambio con Intercultura. Gli studi di slavistica all’Università di Udine e di Tartu l’hanno poi spinta ad approfondire le realtà oltrecortina, in particolare quella russa e quella ucraina. Vive a Kyiv dal 2017, collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso, MicroMega e Valigia Blu. Nel 2022 ha tradotto dall’ucraino il reportage “Mosaico Ucraino” di Olesja Jaremčuk, edito da Bottega Errante.