Come potrai immaginare, questo progetto ha dei costi, quindi puoi sostenerci economicamente con un bonifico alle coordinate che trovi qui di seguito. Ti garantiamo che i tuoi soldi verranno spesi solo per la crescita del progetto, per i costi tecnici e per la realizzazione di approfondimenti sempre più interessanti:

  • IBAN IT73P0548412500CC0561000940
  • Banca Civibank
  • Intestato a Meridiano 13

Puoi anche destinare il tuo 5x1000 a Meridiano 13 APS, inserendo il nostro codice fiscale nella tua dichiarazione dei redditi: 91102180931.

Dona con PayPal

“Un’infanzia lunga cent’anni” di Amir Alagić, una recensione

Ma quella circostanza insolita alimentò i suoi sospetti che fosse successo qualcosa quella sera, prima della morte della madre. Ciò rese più forte in lui la sfiducia nei confronti dei sistemi capitalisti ingiusti che si avvicinano ai vari strati della società con una distinzione rozza e netta; quella stessa sfiducia che lo aveva costretto a ribellarsi e risentirsi dell’establishment per il resto della vita, e in quel caso soprattutto nei confronti del lavoro della polizia, con cui era sul piede di guerra sin dalla giovinezza. Tutto ciò aveva ulteriormente confermato la sua decisione di condurre le indagini da solo, senza riferire nulla alle istituzioni competenti.

Da quando ha ricevuto un’inaspettata telefonata da Pola, sua città natale, l’inquieto “hippie stagionato” Vladimir Strahinja ha interrotto i sei mesi di manifestazioni antiglobaliste davanti a Wall Street, negli Stati Uniti, per cercare la verità sulla morte della propria madre. C’è qualcosa che non torna e che le autorità non riescono a spiegare, o forse non vogliono, e il mistero si infittisce quando viene ritrovato un secondo cadavere.

A telefonare a Vladimir è l’odiata vicina di casa, anche se avrebbe voluto avvertirlo per primo il suo caro amico d’infanzia, il musicista Slavko Delcaro. In realtà i due non si sentono da anni, e come non di rado accade anche fuori dai libri, vengono riavvicinati proprio da questo lutto. Alle spalle di entrambi ci sono lavori saltuari, carriere mai decollate e svariati insuccessi con le donne.

Vladimir chiese a Slavko di fermarsi al bar ancora per un po’ per cercare di riordinare le sue impressioni. Poteva sentire il vortice degli innumerevoli pensieri che lo assediavano attraverso la domanda: “ma che cazzo sta succedendo?”

Questa la molla che aziona il fine meccanismo di Un’infanzia lunga cent’anni, primo romanzo di Amir Alagić pubblicato in Italia per i tipi di Ronzani Editore. Il volume è stato tradotto da Marijana Puljić, cultrice della materia presso la Cattedra di lingua serba e croata dell’università Ca’ Foscari e membro attivo dell’iniziativa culturale Venezia legge i Balcani, diretta dalla docente Marija Bradaš, di cui Alagić è già stato più volte ospite. In italiano erano infatti già apparsi il racconto Ma in paradiso cresceranno le melanzane e quei peperoni cornetto?, pubblicato su Osservatorio Balcani e Caucaso (tradotto da Enrico Davanzo e Marijana Puljić) e la raccolta Oltre la collina e altri racconti (Libreria editrice cafoscarina, 2022, a cura di Marija Bradaš).

Nato a Banja Luka nel 1977, Amir Alagić ha vissuto nell’attuale Bosnia ed Erzegovina fino all’età di diciassette anni. Con la violenta dissoluzione della Jugoslavia è “rimasto senza città” e ha trovato rifugio a Pola, in Croazia, dove tuttora vive e lavora. È autore di racconti e romanzi, ha esordito nel 2010 con la raccolta Pod istim nebom (“Sotto lo stesso cielo”) e il suo ultimo libro Ogledalo za krletku, uscito lo scorso anno, è stato nominato romanzo dell’anno in Croazia. Della città che l’ha accolto dice: “Amo Pola perché abbiamo un destino simile, il destino dell’esilio”.

Marijana Puljić e Amir Alagić (Venezia legge i Balcani)

La vera protagonista

Sebbene ruoti attorno alle impacciate e grottesche indagini di Vladimir e Slavko, in cui non mancano momenti introspettivi e minuziose descrizioni psicologiche, la vera protagonista di Un’infanzia lunga cent’anni non è né Gita Strahinja, madre di Vladimir, né l’altra ragazza trovata morta. Nel cuore del romanzo regna indiscussa la città di Pola, con i suoi edifici, le sue vie, i suoi giardini. I fatti che occupano il presente della narrazione sono in realtà relativamente pochi, brevi e abbastanza lineari: a confondere le acque e stemperare il ritmo delle investigazioni si alternano pagine di analessi più o meno lontane nel tempo, ma fisse nello spazio istriano. Il lettore ripercorre così le storie familiari dei due uomini e di altri personaggi andando indietro anche di tre generazioni.

pola
Vista aerea sulla città di Pola (croazia.info)

Amir Alagić ricostruisce con attenzione passaggi storici cruciali quali le due guerre mondiali, l’istituzione della provincia italiana di Pola, l’occupazione tedesca, quella alleata, l’esodo giuliano dalmata e la nave Toscana. Le vicende personali e gli episodi della grande Storia sono intessuti con abilità, ma come puntualizza il traduttore Silvio Ferrari nella sua postfazione, le morti delle due donne

sono due i fuochi di questa narrazione che coinvolgono e riuniscono dopo molto tempo i due principali soggetti maschili dell’intreccio, trasformando le loro diverse solitudini in un patetico team investigativo, alla caccia di un esito che non sconvolgerà comunque la rassegnata condizione personale di due deboli personaggi che, ispezionando il loro passato, credono di venire a capo della loro tensione esistenziale.

Su questa semplice impalcatura, Alagić, da autore già consumato, colloca lo stratagemma narrativo del suo romanzo: la scomparsa, la dispersione urbana grottesca e il ritrovamento dei gioielli di una delle due donne, come una sorta di parabola simbolica dei valori, degli affetti, ma anche degli equivoci di cui è farcita la quotidianità del presente.

Leggi anche Confine orientale, il ricordo a metà

Un’amicizia lunga cent’anni

Ci sono delle cose in noi che nascondiamo anche ai nostri più cari amici. Le stipiamo in tortuosi corridoi oscuri, difficili da raggiungere anche per noi stessi, le lasciamo lì per molto tempo, lo facciamo spesso e per tutta la vita, e così rimangono nascoste al mondo intero. Più a lungo le nascondiamo e più diventa difficile estrarle, e ogni estrazione comporta un carico pesante che è in grado di frantumare tutto ciò su cui si passa.

La sorpresa e forse l’unico enigma che rimane parzialmente irrisolto all’interno di Un’infanzia lunga cent’anni è che procedendo nella lettura, il confine tra realtà e finzione si fa sempre più sottile. Nei giorni che trascorre insieme a Vladimir, dopo anni di inattività e paralisi musicale, Slavko Delcaro riesce a scrivere un nuovo componimento, suggeritogli da Danilo Kiš in sogno. Ed effettivamente nel colophon del libro è riportata una breve nota biografica sul musicista, insieme al link al brano, intitolato Prežihofova misao (“Il pensiero di Prežihof”). Slavko Delcaro è quindi una persona reale.

Il brano Il pensiero di Prežihov composto da Slavko Delcaro

Altro appunto curioso che non può sfuggire a chi legge è la presenza di un personaggio secondario, un giornalista che indirizza Vladimir e Slavko verso la pista giusta, aiutandoli a sbrogliare la matassa. Segue i casi di cronaca nera e si interessa da subito alla morte delle due donne. Il suo nome è Amir Alagić, e dopo la risoluzione del caso manda ai due amici questa lettera, le cui parole suonano molto emblematiche:

Cari miei,
a volte mi sembra che un cappio penda sopra la mia testa. Silenzioso, si muove appena, e io abbasso la testa facendo finta di non notarlo. Eppure, ogni volta che lo vedo, mi ricordo di voi due. Non so nemmeno perché, ma sento che è stato questo cappio a unirci e a legarci insieme. Da quando mi sono rifugiato in questa mia nativa terra straniera non ho scritto a nessuno tranne che a voi. Questo deve significare qualcosa. In effetti, in fondo, mi sembra di essere stato io a inventarvi, infelici e smarriti…

Un’infanzia lunga cent’anni è quindi un’opera stratificata, multiforme, che oscilla tra noir, romanzo storico, saga familiare e metaletteratura. Un libro sull’amicizia, sui legami familiari e sull’assurdo quotidiano. Un’architettura ben costruita sulla quale il lettore deve arrampicarsi per scorgere infine il “paesaggio umano di una regione europea così vicina e sensibile alla nostra realtà, nella quale il presente croato svela, a ogni pagina, il substrato ancora recente anche se sostanzialmente rimosso, di quei cent’anni di infanzia che si sono consumati”.


Un’infanzia lunga cent’anni, Amir Alagić, traduzione di Marijana Puljić, Ronzani Editore, 2023
Condividi l'articolo!
Giorgia Spadoni
Giorgia Spadoni

Traduttrice, interprete e scout letterario. S'interessa di letteratura, storia e cultura est-europea, in particolar modo bulgara. Ha vissuto e studiato in Russia (Arcangelo), Croazia (Zagabria) e soprattutto Bulgaria, dove ha conseguito la laurea in traduzione presso l'Università di Sofia “San Clemente di Ocrida”. Tra le collaborazioni passate e presenti East Journal, Est/ranei, le riviste bulgare Literaturen Vestnik e Toest, e l'Istituto Italiano di Cultura di Sofia. Nel 2023 è stata finalista del premio Peroto per la migliore traduzione dal bulgaro in lingua straniera e nel 2024 vincitrice del premio Polski Kot. Collabora con varie case editrici e viaggia a est con Kukushka tours.