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Dall’aprile del 2021 la Bulgaria è in preda a un’instabilità politica senza precedenti. Il tramonto dell’era di Boyko Borisov e del suo partito Gerb ha portato i cittadini del paese balcanico a essere chiamati alle urne quattro volte in diciotto mesi, e il parlamento a rimbalzare da un governo tecnico all’altro.
Un panorama politico turbolento
Tra disillusione, sfiducia e scarsa affluenza, la tornata elettorale di novembre 2021, la terza dell’anno, porta uno spiraglio di speranza con la vittoria di “Continuiamo il cambiamento” (PP), che ottiene il 25,3% delle preferenze.
A capo di questa nuova formazione progressista ed europeista, nata nel settembre precedente, ci sono due ex ministri dell’esecutivo tecnico costituito a maggio dello stesso anno dal presidente della repubblica Rumen Radev: Kiril Petkov (Economia) e Asen Vasiliev (Finanze). Nasce quindi un nuovo, seppur traballante, governo, grazie a una improbabile alleanza di PP con i socialisti (BSP) di Kornelija Ninova, partito che non ha mai nascosto i propri legami con la Russia, e il fumoso movimento populista dello showman Slavi Trifonov “C’è un popolo così” (ITN). Con orientamenti politici tanto diversi, i tre non mancano di pestarsi i piedi di continuo, finché a inizio giugno 2022 Trifonov dà il colpo di grazia alla coalizione, mentre dall’opposizione guidata da Gerb arriva prontamente la mozione di sfiducia. Kiril Petkov si dimette dal posto di primo ministro; il 2 ottobre 2022 si torna alle urne.
È proprio in questo periodo instabile, con il parlamento ulteriormente minato dall’invasione russa, che la Bulgaria gioca, in segreto, un ruolo cruciale. Nella breve agonia finale del suo incarico da primo ministro, Petkov riceve una telefonata da Volodymyr Zelens’kyj: “La Bulgaria è stata una forza di fondamentale importanza a sostegno dell’Ucraina in una fase della guerra molto importante, l’inizio”.
Il 25 febbraio 2022 Kiril Petkov aveva esortato gli altri primi ministri riuniti nel Consiglio europeo a intraprendere subito azioni decise e applicare sanzioni severe in risposta all’offensiva russa. Quello stesso giorno Asen Vasilev, ex ministro delle finanze della coalizione, in una riunione a Parigi aveva sollecitato gli omologhi europei indecisi e ancora sotto shock ad agire con risolutezza, portando l’esempio di quanto accaduto a intellettuali e dissidenti nella società bulgara del secondo dopoguerra. Nella sua telefonata, però, Zelens’kyj non fa riferimento solo a questo tipo di sostegno.
L’aiuto bulgaro
Lo scorso 17 gennaio Kiril Petkov, ospite della trasmissione Denjat (“Il giorno”), condotta dal giornalista Veselin Dremdžiev e trasmessa su YouTube, dichiara che “circa un terzo delle munizioni necessarie all’esercito ucraino nella fase iniziale della guerra proveniva dalla Bulgaria”, mentre “la nostra industria bellica privata lavorava a pieno regime”. Per la prima volta l’ex premier si esprime apertamente a riguardo, e le sue affermazioni sono davvero notevoli anche perché tra i vari motivi degli scontri intestini alla coalizione da lui guidata c’era la totale contrarietà dei socialisti all’adesione delle sanzioni contro la Russia e all’invio di aiuti militari all’Ucraina. Quest’ultima risoluzione infatti non è stata mai approvata in via ufficiale.
Petkov spiega che i massicci quantitativi di diesel e proiettili forniti durante il suo mandato non venivano destinati direttamente all’Ucraina, bensì transitavano attraverso stati terzi appartenenti all’Unione Europea e alla Nato. Il diesel inviato era oltretutto prodotto dal greggio russo lavorato nella raffineria di Burgas che all’epoca dei fatti era di proprietà della compagnia russa Lukoil. L’esportazione copriva il 40% del fabbisogno ucraino.
Secondo quanto riferito alla testata tedesca Welt da Vasilev, era stato lui stesso a intimare alla divisione bulgara di Lukoil di esportare le eccedenze di petrolio nel paese invaso. Avendo ottenuto un riscontro positivo, “camion e cisterne partivano continuamente per l’Ucraina tramite la Romania, mentre in alcuni casi il carburante veniva caricato su treni merci”. Con l’entrata in vigore dell’embargo sull’importazione di petrolio russo del 5 dicembre, parte del nono pacchetto di sanzioni varato dall’Unione Europea, alla Bulgaria viene esplicitamente vietata l’esportazione di prodotti ottenuti dalla raffinazione del greggio russo, a eccezione dell’export destinato all’Ucraina.
Dmitro Kuleba: “Sarò per sempre grato a Petkov”
Le dichiarazioni del ministro degli Esteri ucraino Dmitro Kuleba confermano le versioni di Petkov e Vasilev: “Sapevamo che negli arsenali bulgari c’era un gran quantitativo delle munizioni che ci servivano, perciò il presidente Zelens’kyj mi ha inviato là allo scopo di procurarci il materiale necessario”. Alla richiesta del ministro ucraino Petkov promette di fare tutto ciò che è nelle sue possibilità, nonostante la situazione in Bulgaria per niente semplice. “Kiril Petkov ha dimostrato integrità e onestà e gli sarò per sempre grato per aver fatto ricorso a tutte le sue capacità politiche al fine di trovare una soluzione”, continua il ministro ucraino.
Immagini riprese nell’aprile 2022 documentano velivoli cargo pieni zeppi di armi volare nello spazio aereo tra Bulgaria e Polonia, molto probabilmente diretti all’aeroporto di Rzeszów, a settanta chilometri dalla frontiera con l’Ucraina. Anche Kuleba sottolinea che non si tratta di aiuti militari diretti, ma di aver dato la possibilità a compagnie e aziende ucraine dei paesi Nato di consegnare il materiale necessario proveniente da fornitori bulgari. Conferma inoltre che Kiev ha ricevuto diesel dalla Bulgaria: “Era una questione di vita o di morte”. Secondo Welt le spedizioni sono state sovvenzionate da Stati Uniti e Inghilterra.
L’instabilità politica bulgara continua
Lo scoppio della guerra in Ucraina porta a una nuova polarizzazione della cittadinanza bulgara. Nei mesi successivi al 24 febbraio si sono susseguiti diversi tipi di manifestazioni nelle piazze di Sofia e non solo, più o meno partecipate. Un’ampia fetta della popolazione è contraria a una presa di posizione apertamente allineata a quella europea e invoca la neutralità per timore delle reazioni del Cremlino; d’altro canto, cospicuo è anche il numero di cittadini sceso in strada nei mesi per manifestare a sostegno dell’Ucraina, degli aiuti militari e delle sanzioni.
Già a maggio la controffensiva russa si è però fatta sentire a suon di attacchi informatici e tentativi di corrompere deputati e autorità. A fine giugno una settantina di collaboratori dell’ambasciata e altri enti legati alla Federazione Russa vengono dichiarati persone non grate ed espulsi. Per quanto riguarda la dipendenza energetica dalla Russia, l’esecutivo Petkov è riuscito ad assicurare forniture di gas dagli Stati uniti già alle prime minacce di chiusura dei gasdotti.
Dal punto di vista politico, invece, la situazione rimane tuttora complessa e incerta. Il terzo e ultimo mandato per formare un governo con i numeri della tornata elettorale del 2 ottobre è fallito, e il presidente Rumen Radev ha fissato la data delle prossime elezioni per il 2 aprile. La leader dei socialisti Kornelija Ninova, la quale all’interno dell’esecutivo Petkov ricopriva l’incarico di ministro dell’economia, sostiene che “la Bulgaria non ha mai esportato armi direttamente all’Ucraina, neanche una cartuccia”, e poiché la Bulgaria esporta armi da decenni a oltre sessanta paesi non è possibile controllare cosa ne fanno poi i destinatari.
Petkov e Vasilev specificano che il compito di Ninova era quello di autorizzare l’esportazione, la quale era “diretta a paesi dell’Unione Europea e della Nato” e non riportava mai l’Ucraina come destinazione finale. Per la prossima chiamata alle urne i fondatori di “Continuiamo il cambiamento” (PP) hanno già annunciato l’intenzione di coalizzarsi con “Bulgaria Democratica” (DB) e il movimento dei verdi (ZD), ma è ancora presto per dire quale impatto avranno queste dichiarazioni sugli elettori bulgari.
Traduttrice, interprete e scout letterario. S'interessa di letteratura, storia e cultura est-europea, in particolar modo bulgara. Ha vissuto e studiato in Russia (Arcangelo), Croazia (Zagabria) e soprattutto Bulgaria, dove ha conseguito la laurea in traduzione presso l'Università di Sofia “San Clemente di Ocrida”. Tra le collaborazioni passate e presenti East Journal, Est/ranei, le riviste bulgare Literaturen Vestnik e Toest, e l'Istituto Italiano di Cultura di Sofia. Nel 2023 è stata finalista del premio Peroto per la migliore traduzione dal bulgaro in lingua straniera e nel 2024 vincitrice del premio Polski Kot. Collabora con varie case editrici e viaggia a est con Kukushka tours.