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“Si è sempre meridionali di qualcuno”. Così parlava il professor Bellavista nella celebre commedia di Luciano De Crescenzo del 1984. Al contrario di quanto possa suggerire il senso comune, tra i primi “meridionali” italiani, considerati sempre brutti, sporchi e cattivi, ci furono nientedimeno che gli abitanti del Nord-Est, emigrati alla fine dell’Ottocento negli Stati Uniti e in Germania in cerca di una vita migliore. Subito dopo arrivarono i “terroni” veri e propri: pugliesi, campani, calabresi e siciliani. Anche loro trattati alla stregua di criminali e confinati nei ghetti delle grandi metropoli statunitensi in espansione. Nello stesso periodo, dalla seconda metà dell’Ottocento fino alla prima metà del Novecento, milioni di meridionali si trasferirono nel Nord Italia. E così, mentre anche i “settentrionali” erano vittime di razzismo e venivano sfruttati dall’altra parte dell’Atlantico, i meridionali subirono lo stesso trattamento da entrambe le parti.
Per limitare lo spopolamento del Sud, nel 1939 il fascismo arrivò addirittura a vietare l’emigrazione interna a meno che il migrante non fosse stato in possesso di un contratto di lavoro. Le migrazioni interne, da Sud verso Nord, ricominciarono con veemenza dopo il secondo conflitto mondiale per non interrompersi mai fino a oggi.
Le prime migrazioni di un certo rilievo verso l’Italia da parte di cittadini stranieri avvennero invece a partire dagli anni Sessanta, tanto che un decennio dopo gli stranieri presenti nel nostro paese, secondo il Censis, erano già 500mila. Ma fu a partire dagli anni Novanta che questi flussi si fecero sempre più consistenti, accompagnati da una narrazione mediatica sempre più razzista. In quegli anni, ad arrivare in Italia erano bosniaci, in fuga dalla guerra, e albanesi traditi da una transizione dal comunismo al libero mercato che mostrava tutti i suoi limiti. Ma se i bosniaci scappavano dalla distruzione e dalla guerra e quindi erano visti come “veri profughi”, gli albanesi rappresentavano quelli che oggi verrebbero definiti “migranti economici”.
“L’invasione degli extraterroni”: il fumetto
E così, anche gli albanesi diventarono “terroni”. O meglio “extraterroni”, un gioco di parole che unisce i termini “extracomunitari” e “terroni” usato da Renald Hysi nel suo fumetto L’invasione degli extraterroni, edito da BeccoGiallo (2023). Il fumetto, con i disegni di Elena Rapa, racconta la storia vera di un bambino albanese di otto anni (lo stesso Renald Hysi) che, nel 1997, è costretto a fuggire dal proprio paese travolto da una gravissima crisi economica e da una guerra civile, nota come “anarchia albanese”.
La narrazione parte però dall’Italia e più precisamente dal Tribunale di Ancona dove Renald, ormai da più di vent’anni nel paese, attende notizie sulla richiesta della cittadinanza italiana presentata da ben nove anni e ottenuta dai suoi genitori e da suo fratello un decennio prima di lui.
La storia continua con Renald che ricorda i primi anni in Albania, dove anche andare nella capitale Tirana era per lui occasione di divertimento, scoperta e sogni, grazie anche alla carriera da drammaturgo del padre. Un’infanzia serena travolta da una gestione economica dello Stato piuttosto allegra che nel giro di poco tempo porta il paese sull’orlo della bancarotta e della guerra civile. Siamo nel 1996, il comunismo settario e paranoico di Enver Hoxha è definitivamente tramontato e l’Albania ha già vissuto le prime ondate migratorie verso l’Italia. Erano passati cinque anni dall’arrivo a Bari della nave Vlora con a bordo ventimila persone. Immagini ancora scolpite nella mente degli italiani e presto trasformate in materiale di propaganda dai partiti di destra come la Lega Nord.
Per l’Albania, quelli di fine anni Novanta, sono gli anni dei cosiddetti “schemi piramidali”, un sistema truffaldino utilizzato per sostenere gli investimenti. Attratti dalle sirene del capitalismo dopo quarant’anni di isolazionismo economico, molti albanesi avevano investito i propri risparmi, salvo poi ritrovarsi completamente all’asciutto nel giro di pochi mesi.
Il 1997 si apre quindi con durissime proteste che si trasformano velocemente in scontri armati, con il Sud del paese occupato militarmente da alcuni gruppi di rivoltosi. È in questo contesto che il 17 marzo 1997 Renald e la sua famiglia, eccetto il padre, si imbarcano su una nave diretta in Italia. Dopo una notte di mareggiata, alla vista della terraferma la nave viene accostata dalla guardia costiera italiana che tenta di respingerla senza però riuscirci.
Appena pochi giorni dopo, il 28 marzo, una motovedetta della marina albanese rubata da un gruppo di trafficanti, la Kater i Rades, viene speronata da una nave della Marina Militare italiana provocando 98 morti (81 accertati e 27 dispersi). I restanti 34 sopravvissuti vennero poi trasferiti in un centro di identificazione. Una strage provocata tanto dal blocco navale istituito dall’allora ministro degli Interni di centrosinistra Giorgio Napolitano (con il consenso del governo albanese di Sali Berisha), quanto dalla retorica violenta e razzista dei partiti di destra.
Se la fuga improvvisa dall’Albania e il viaggio in mare erano state durissime prove per un bambino di otto anni, altrettanto complicata è stata la sua vita una volta giunto in Italia. Una storia tristemente semplice, di ordinario razzismo. Non solo istituzionale, con leggi restrittive, confinamento, assenza di tutele e un sistema scolastico escludente, ma anche mediatico, con giornalisti pronti a raccontare storie strappalacrime sui “poveri albanesi che parlano italiano” che però si trasformano presto in invasori, criminali, ladri e spacciatori. Questo combinato di razzismo istituzionale e mediatico influenza in maniera evidente e profonda la percezione pubblica verso la comunità albanese. Esclusione, discriminazioni e violenze verbali e fisiche diventano la quotidianità, segnando anche la vita sentimentale di un giovane Renald alle prese con le prime delusioni d’amore.
Anche a causa dell’insopportabile peso del razzismo italico, dopo la maturità Renald decide di lasciare il paese e trasferirsi a Barcellona, guidato dalla sua passione per lo skate. Ma un’altra crisi economica, stavolta quella globale scoppiata nel 2008, travolge la sua vita costringendolo a spostarsi continuamente: prima Bologna, poi le Marche dove vive sua madre, tra lavori sfruttati e a nero e autoproduzioni.
Dall’antica Grecia all’Italia del Duemila
L’ultimo capitolo del fumetto è interamente dedicato a una riflessione sul razzismo, paragonando il sistema dell’antica Grecia, e soprattutto il ruolo dei Meteci e degli schiavi in quella società, a quella degli immigrati in Italia più di duemila anni dopo. Eppure, nell’Italia di oggi, gli albanesi sembrano aver perso il primato del razzismo, per essere sostituiti dai neri, dagli immancabili rom e dagli islamici, popoli razzializzati, buoni per tutte le stagioni.
Il fumetto di Renald Hysi e Elena Rapa sembra un dejà-vu, una storia ambientata nel 1997 ma che racconta di quanto accade ancora oggi sulle nostre coste e sulla terraferma, dove discriminazioni e razzismo nei confronti dei migranti continuano a giocare un ruolo centrale nella propaganda politica dei partiti. Leggendo il fumetto è impossibile non rendersi conto di quanto, ventisei anni dopo, la situazione non sia per nulla cambiata. Oggi come allora si continua a parlare di blocco navale, di respingimenti, di invasione e sostituzione etnica. Ancora oggi, come allora, le risposte dei governi alla questione migratoria si basano su misure di ordine pubblico, con l’utilizzo di centri di detenzione amministrativa, espulsioni e restringimento delle tutele per chi arriva nel nostro paese. Una storia che ha cambiato solo i suoi protagonisti, lasciando intatta la trama.
L’invasione degli extraterroni, Renald Hysi e Elena Rapa, BeccoGiallo, 2023
Dottore di ricerca in Studi internazionali e giornalista, ha collaborato con diverse testate tra cui East Journal e Nena News Agency occupandosi di attualità nell’area balcanica. Coautore dei libri “Capire i Balcani Occidentali” e “Capire la Rotta Balcanica”, editi da Bottega Errante Editore. Vice-presidente di Meridiano 13 APS.