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Tutti ad acquistare iodio: cronache dalla post-mobilitazione russa

Questo articolo è stato pubblicato in collaborazione con Osservatorio Balcani e Caucaso

Si parla in modo sempre più insistente di spettro nucleare. E, in una Kyiv che era ritornata a un’apparente normalità, è corsa all’acquisizione nelle farmacie di ioduro di potassio (iodio). L’Ucraina (e l'Europa) si prepara a una nuova eventuale catastrofe a base di radiazioni?

Il 21 settembre scorso il presidente russo Vladimir Putin ha annunciato una “mobilitazione parziale” delle forze armate russe, provocando l’indignazione generale di molti e il timore di nuovi sviluppi bellici alle porte d’Europa. In tutta la Federazione russa, quelle persone che un tempo consideravano la politica un concetto lontano e astratto, che non riguardava loro da vicino (persino in seguito all’inizio della cosiddetta “operazione speciale militare” del 24 febbraio), ora sembrano essere più consapevoli delle conseguenze sulle loro vite che stanno prendendo gli ultimi sviluppi politici. In questo contesto non tutti i potenziali arruolati stanno reagendo (o, più precisamente, reagendo allo stesso modo) alla mobilitazione – o mogilizzazione, se vogliamo usare il termine russo di uso corrente che deriva dalla parola mogila, che significa “tomba”.

Nonostante l’alto numero di diserzioni chi spera che la resistenza popolare possa ostacolare questa “mobilitazione parziale” e far sedere al tavolo dei negoziati il capo del Cremlino per far finire questa guerra – nonché impedirne una tragica catastrofe all’insegna del nucleare – è probabile che rimanga deluso.

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Sebbene molti (giovani) uomini russi non abbiano la benché minima (e comprensibile) voglia di andare a morire in guerra (non a caso circa 200mila sono già fuggiti all’estero e altri hanno fatto scelte più tragiche, come il rapper russo Walkie che si è tolto la vita, pur di non partire per il fronte e diventare un assassino) la maggior parte di essi abbraccia questo triste destino, in quanto prevale il timore di incorrere in sanzioni penali, rafforzate di recente dalla Duma di Stato russa. A tutto ciò si aggiunge la forza della propaganda del Cremlino, che continua a ripetere che gli ucraini sono fascisti e che l’Occidente e l’Ucraina odiano la Russia.

Questa chiamata al fronte è, senza ombra di dubbio, una questione strettamente legata alle recenti sconfitte che l’esercito russo ha subito nel Donbas, dove le forze armate ucraine continuano ad avanzare alla riconquista di alcuni insediamenti anche durante e dopo i due referendum-farsa per inglobare nella Federazione russa le repubbliche separatiste di Doneck e Lugansk (DNR e LNR) e le regioni parzialmente occupate di Cherson e Zaporižžja.

Ad oggi non sembra però in grado di modificare militarmente la situazione a vantaggio del Cremlino. Tutt’altro. Come scrive Giovanni Savino per Valigia Blu, “a una settimana dalla proclamazione della mobilitazione e all’indomani dei referendum tenuti nelle regioni occupate da Mosca, il cui risultato era scontato, all’interno della Russia iniziano a intravedersi le prime crepe nella narrazione di un potere in grado di gestire senza problemi ogni tipo di situazione”.

Non è dunque un caso che Putin in questa situazione ricorra nuovamente alla retorica dell’apocalisse, minacciando il mondo con armi nucleari. Dall’invasione su larga scala dell’Ucraina, molti funzionari, politici, ufficiali ed emittenti russe hanno iniziato a parlare della possibilità (se non addirittura dell’inevitabilità) di un attacco nucleare contro l’Ucraina e i suoi alleati. Tali le parole del capo del Cremlino pronunciate lo scorso 24 febbraio: “Alcune parole molto importanti per coloro che potrebbero essere tentati di interferire negli eventi in corso. Chiunque cerchi di intromettersi, o addirittura di minacciare il nostro paese e il nostro popolo, deve sapere che la risposta della Russia sarà immediata e porterà a conseguenze con cui non vi siete mai scontrati prima nella vostra storia”. Parole ben accolte dall’ex presidente Dmitrij Medvedev – ora il numero uno dei falchi a favore della guerra – che ha affermato più volte che le armi nucleari potrebbero essere usate come “difesa” in risposta a una “minaccia all’esistenza dello Stato russo”.

Oggi Putin sembra quindi pronto a un ulteriore passo avanti nel suo ricatto nucleare: l’ultima parola sull’uso o meno di armi nucleari spetta infatti al presidente russo, come definito nel documento pubblico sui fondamenti della politica statale della Federazione russa sulla deterrenza nucleare, che in maniera breve e concisa spiega le due opzioni possibili: rispondere a un attacco nucleare al territorio russo e/o alleato, oppure una risposta nucleare a una guerra non nucleare, concepita come “aggressione contro la Federazione Russa con armi convenzionali, in cui è minacciata l’esistenza stessa dello Stato”.

La caccia allo iodio

Non sorprende quindi la reazione di molti cittadini ucraini, che hanno preso d’assalto le farmacie del paese, creando non poco scompiglio in seguito al ritorno a una vita quasi normale, per procurarsi lo ioduro di potassio, farmaco che i medici raccomandano di assumere in caso di contaminazione nucleare. Lo ioduro di potassio è un composto chimico che viene usato per trattare l’ipertiroidismo, nelle emergenze da radiazioni e per proteggere la ghiandola tiroidea quando vengono utilizzati determinati tipi di radiofarmaci. Poiché in Russia si parla costantemente dell’uso di armi nucleari, alcuni media ucraini hanno consigliato alla popolazione di procurarsi lo ioduro di potassio, causando non solo un’impennata del prezzo d’acquisto del farmaco (si parla di un aumento di tre volte il prezzo di base, da 100 a 300 grivnia – ovvero una decina di euro – per un blister di 10 compresse) ma anche la sua scomparsa dalle farmacie ucraine; e dove viene ancora venduto, c’è ovviamente la fila per acquistarlo. Parrebbe che una delle uniche farmacie dove il farmaco è ancora reperibile (al costo di 250 grivnia), sia quella di Hostomel’, a nord della capitale, nel distretto di Buča.

Dopo un’esplosione nucleare e la conseguente contaminazione, esistono istruzioni dettagliate su come e quando assumere lo ioduro di potassio. Perché il farmaco non deve essere assunto per prevenzione, anzi, provocherebbe solo danni. Innanzitutto, la profilassi con lo iodio viene effettuata solo dopo un avviso ufficiale, su direttiva medica e delle autorità ufficiali; in secondo luogo, deve essere assunto una volta sola (al massimo 6 ore prima dell’arrivo della nube radioattiva, oppure contemporaneamente oppure sei ore dopo) e la dose da assumere cambia a seconda dell’età. “È assolutamente sconsigliato assumere ioduro di potassio in maniera preventiva perché ciò potrebbe causare disfunzioni alla ghiandola tiroidea. Inoltre non avrebbe alcun effetto perché la pillola è efficace solo per un breve periodo di tempo”, ha dichiarato Serhij Cymbaljuk, che dirige il dipartimento di chirurgia endocrina del Centro endocrinologico della città di Kyiv. A tal proposito, il ministero della Salute dell’Ucraina ha dedicato una pagina del proprio portale a rispondere alle domande più comuni sulla profilassi iodica e informare i cittadini.

Nonostante la campagna di informazione, la grande maggioranza dei cittadini ucraini porta sempre con sé compresse di ioduro di potassio “perché nessuno sa dove quando, come e dove apparirà la notizia della profilassi d’emergenza con lo iodio e se ci sarà il tempo di procurarselo”, spiega il farmacista Oleksandr Lomaka ai giornalisti di Suspilne Media.

L’Ucraina, insomma, si prepara a una nuova eventuale catastrofe a base di radiazioni, stavolta molto più pericolosa di quella avvenuta nel 1986 alla centrale nucleare di Čornobyl’ in quanto non causata da un “errore umano” ma chiaramente voluta. D’altronde, la popolazione ucraina (ed europea) teme un’esplosione nucleare fin dall’inizio dell’invasione russa: prima con l’occupazione della centrale di Čornobyl’ e della zona di esclusione (che i russi hanno occupato dal 24 febbraio al 31 marzo), poi con quella della centrale di Zaporižžja (controllata dai russi dall’inizio dello scorso marzo e ora a rischio di nazionalizzazione da parte di Mosca in seguito all’annessione del territorio di Zaporižžja).

Tuttavia, come alcuni osservatori si sono affrettati a sottolineare, ci sono già stati attacchi ucraini in territorio russo – nelle regioni di Belgorod e Kursk – eppure non sono state impiegate armi nucleari per contrastarli. Inoltre, né Putin, né i fedelissimi della sua cerchia ristretta (Medvedev compreso) sembrano pronti a morire per questa “denazificazione dell’Ucraina”: e se, tutto sommato, fossero meno disposti a scatenare una guerra nucleare di quanto vogliano far credere al mondo? Come scrive il portale Meduza, che dà alcune indicazioni su come sopravvivere a un disastro nucleare, con l’invasione russa dell’Ucraina il rischio di una catastrofe è aumentato, ma se abbia senso prepararsi o meno, nessuno lo sa. L’unica cosa che avrebbe senso è un movimento per la messa al bando totale delle armi nucleari.

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Claudia Bettiol
Claudia Bettiol

Traduttrice e redattrice, la sua passione per l’est è nata ad Astrachan’, alle foci del Volga, grazie all’anno di scambio con Intercultura. Gli studi di slavistica all’Università di Udine e di Tartu l’hanno poi spinta ad approfondire le realtà oltrecortina, in particolare quella russa e quella ucraina. Vive a Kyiv dal 2017, collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso, MicroMega e Valigia Blu. Nel 2022 ha tradotto dall’ucraino il reportage “Mosaico Ucraino” di Olesja Jaremčuk, edito da Bottega Errante.