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Lo sport è in grado di diventare una luce nei momenti bui. Questa cosa può valere per il singolo individuo, così come può valere per un intero paese. Le gesta eroiche degli sportivi possono diventare dei simboli anche quando tutto sembra che stia andando male, che tutto stia per collassare. Questi simboli possono trasformarsi in speranza che tutto ciò non accada. Si potrebbe descrivere così l’avventura che la Nazionale di calcio under 20 della Jugoslavia intraprese nel 1987, quando andò a disputare i Campionati del Mondo di categoria in Cile e ritornò a casa con l’oro al collo e la coppa.
Alla fine degli anni Ottanta del Novecento la Jugoslavia era allo sfacelo: il vuoto di potere lasciato dalla dipartita del Presidente Josip Broz detto Tito, avvenuta il 4 maggio 1980, aveva portato il paese ad una situazione dal quale era difficile fare ritorno. L’economia era in uno stato pietoso, con il tasso di inflazione che nel 1987 raggiunse il 123%. A livello politico andava sempre peggio con le tensioni interetniche in Kosovo che si stavano incendiando sempre di più e l’inizio della cosiddetta “Rivoluzione antiburocratica” che aveva portato definitivamente Slobodan Milošević alla testa dei quadri di potere del Comitato Centrale della Lega dei Comunisti di Serbia, controllando così la Repubblica.
Un anno di auspici
Caso vuole che in quel periodo il panorama sportivo della Jugoslavia stesse raggiungendo il proprio apice senza mezzi termini. Proprio nel 1987 la Nazionale under 19 di basket aveva vinto i Campionati del Mondo di categoria a Bormio, lanciando così le future stelle dell’ultima grande Nazionale plava: la selezione era guidata da Svetislav Pešić – giocatore che, sotto la guida di Tanjević, portò il KK Bosna di Sarajevo sul tetto d’Europa nel 1979 e attuale capo allenatore delle Nazionale serba – e in campo vedeva giocatori del calibro di Toni Kukoč (Mvp della manifestazione), Vlade Divac, Dino Rađa e Aleksandar Đorđević, che faranno la storia del basket jugoslavo e post-jugoslavo.
Cile 1987: bisogna proprio andare?
La nazionale jugoslava si qualifica al Mondiale cileno del 1987 grazie alla partecipazione (come paese ospitante) dei Campionati Europei under 18 del 1986. Nella rassegna continentale i plavi si classificarono sesti: dopo essere usciti ai quarti di finale perdendo 2-0 con la Germania Est vinceranno il match per il sesto e settimo posto con la Romania, battendoli per 5-0.
C’è un piccolo problema riguardante la partecipazione al Mondiale under 19, ovvero il paese ospitante. Il governo del Cile è guidato dal 1973 da una giunta militare parafascista guidata dal generale Augusto Pinochet. In una circostanza simile a quella che coinvolse la nazionale italiana di tennis che dovette affrontare la finale di Coppa Davis nel 1976 proprio in Cile, alcuni gruppi di veterani portarono all’attenzione pubblica il fatto che il Cile fosse guidato da un governo marcatamente antisocialista. Si decise comunque di andare lo stesso senza grosse aspettative e con i ragazzi accompagnati solamente dal tecnico Mirko Jozić, dall’assistente Mirsad Fazlagić e dal presidente della Federcalcio jugoslava Miljan Miljanić.
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Una squadra di livello assoluto
La rosa a disposizione di Jozić è farcita di diamanti grezzi ed è principalmente a trazione croata. In questa Coppa del Mondo si metteranno in mostra calciatori come il terzino sinistro Robert Jarni (dall’Hajduk Spalato), il centrale difensivo Igor Štimac (dalla Dinamo Vinkovci), i centrocampisti Zvonimir Boban (dalla Dinamo Zagabria) e Robert Prosinečki (già alla Stella Rossa), e gli attaccanti Predrag Mijatović (dal Budućnost Titograd, oggi Podgorica) e Davor Šuker (dall’Osijek). La fascia di capitano fu affidata al centrocampista difensivo dello Željezničar Milan Pavlović.
Fase a gironi: pochissimi problemi
La Jugoslavia venne sorteggiata nel girone A insieme al Cile padrone di casa, all’Australia e al Togo. La partita di debutto con il Cile fu al cardiopalma, con la Jugoslavia che vinse per 4-2 grazie ad una doppietta in due minuti di Šuker nella ripresa.
Le due partite contro Australia e Togo furono una semplice formalità, con i blu che dominarono vincendo rispettivamente 4-0 e 4-1, piazzandosi così ai quarti di finale da prima del girone a punteggio pieno.
Si fa la storia
Ai quarti di finale la Jugoslavia si vide contrapposta all’avversario più ostico possibile, ovvero il Brasile campione in carica. I verde-oro passarono in vantaggio con Alcindo poco prima dell’intervallo, ma nella ripresa ci pensarono prima Mijatović e poi Prosinečki a recuperarla. I plavi avevano già fatto un’impresa tirando fuori i molto più quotati brasiliani. In semifinale i ragazzi di Jozić si trovano di fronte una tostissima Germania Est, trascinata dal futuro Pallone d’Oro Matthias Sammer: la Jugoslavia la spunta ancora, battendo i tedeschi orientali per 2-1 con le reti di Igor Štimac alla mezz’ora e il gol vincente di Davor Šuker al 70’. Si va in finale: l’ultimo ostacolo si chiama Germania Ovest.
Al Estadio Nacional de Chile va in scena una vera e propria finale. Non succede nulla per quasi 90 minuti. Si arriva al minuto numero 85 e Šuker riesce a portare in vantaggio i suoi. Sembra fatta, ma due minuti dopo fu assegnato un rigore ai tedeschi: sul dischetto va Marcel Witeczek che batté senza grossi problemi il portiere Dragoje Leković.
Al triplice fischio il risultato è 1-1: bisogna andare ai supplementari. Nei trenta minuti aggiuntivi non si riesce a decidere la partita, quindi è lotteria dei rigori. Gli jugoslavi sono perfetti e non sbagliano nessuno dei cinque rigori, per la Germania Ovest, invece, è proprio Witeczek a farsi parare da Leković il tiro dagli undici metri. La Jugoslavia è Campione del Mondo under 20 per la prima volta nella propria storia.
Una spedizione senza aspettative né pretese si è trasformata in un’impresa storica. I plavi sono sul tetto del mondo. Il Pallone d’Oro della manifestazione venne vinto da Robert Prosinečki.
Una generazione d’oro
Di lì a qualche anno inizierà il sanguinoso processo di disgregazione della Repubblica Federale Socialista di Jugoslavia con l’inizio delle guerre in Croazia e in Bosnia. La colonna portante della Nazionale jugoslava Campione del Mondo diventerà la spina dorsale della neonata nazionale croata: Jarni, Štimac, Boban, Prosinečki e Šuker saranno protagonisti di una delle storie di calcio più belle del Novecento, ovvero il bronzo ai Mondiali di Francia 1998.
Prosinečki diventerà anche Campione d’Europa nel 1991, quando la Stella Rossa di Belgrado sollevò in una notte stellata di Bari la Coppa dalle Grandi Orecchie. Predrag Mijatović si accasò nel 1989 al Partizan, passando in Spagna nel 1993 e trascorrendo la carriera tra Valencia, Real Madrid, Fiorentina e Levante. A Madrid ritrovò proprio Davor Šuker e con Las Camisetas Blancas Mijatović divenne Campione d’Europa nel 1998, quando con un suo gol portò i madrileñi alla conquista della loro prima Champions League in 32 anni.
Una sola nazionale balcanica riuscì ad eguagliare quello che fece la Jugoslavia nel 1987: a 28 anni di distanza la Serbia riuscì nell’impresa di tornare sul tetto del mondo quando vinse i mondiali di categoria nel 2015.
Laureato in Scienze della Comunicazione, si occupa principalmente di calcio e basket specificatamente nell'area balcanica, avendo vissuto in Serbia nel periodo tra agosto 2014 e luglio 2015. Ha collaborato da giugno 2020 a dicembre 2021 con la redazione sportiva di East Journal. É co-autore del podcast "Conference Call" e autore della rubrica "CoffeeSportStories" sul podcast "GameCoffee". Da agosto 2022, collabora con la redazione sportiva della testata giornalistica "Il Monferrato".