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Domenica 20 ottobre la Repubblica Moldova si recherà al voto in una consultazione elettorale dal valore storico. Infatti, non si terrà solo il primo (e forse unico) turno delle elezioni presidenziali, ma anche un referendum con il quale si chiederà ai cittadini moldavi se siano favorevoli o meno all’ingresso nell’Unione Europea.
Il referendum storico
Il quesito referendario che sarà posto ai moldavi il 20 ottobre è il seguente: “Siete favorevoli a modificare la Costituzione per sancire l’adesione della Repubblica Moldova all’Unione Europea?”. I cittadini potranno rispondere al quesito mettendo una croce su “sì” o “no”.
Il preambolo della Costituzione sarà completato con due nuovi paragrafi: “Riconfermando l’identità europea del popolo della Repubblica Moldova e l’irreversibilità del percorso europeo della Repubblica Moldova” e “Dichiarando che l’integrazione nell’Unione Europea è un obiettivo strategico della Repubblica Moldova”.
La Costituzione si arricchirà inoltre di una nuova sezione, il Titolo VI, intitolato “Integrazione nell’Unione Europea”, il cui articolo 1401 affermerà il valore superiore dei trattati fondanti dell’Ue rispetto alla legislazione nazionale.
Come già affermato in aprile dalla vicepresidente del Parlamento, Doina Gherman, la votazione modificherà automaticamente la Costituzione senza necessità di un ulteriore voto in parlamento. In questo senso, la procedura è diversa rispetto a quella italiana dove il referendum costituzionale ha valore confermativo rispetto al voto parlamentare.
I referendum passati
Negli ultimi trent’anni, in Repubblica Moldova i referendum sono stati quattro e non sempre hanno prodotto risultati significativi. Nel 1994 i moldavi hanno votato positivamente rispetto al mantenere lo Stato indipendente. Nel 1999 e nel 2010 è stato chiesto loro se desiderassero un sistema presidenziale e l’elezione diretta del Capo dello Stato. Infine, nel 2019, ai moldavi è stato chiesto se desiderassero ridurre il numero di parlamentari dagli attuali 101 a 61 e disporre del diritto al richiamo di rappresentanti o interi esecutivi.
L’unico referendum ad aver fallito per non aver raggiunto il quorum del 33% fu quello del 2010. Eppure, la norma entrò in vigore anni dopo attraverso un’abrogazione legislativa della Corte Costituzionale, di fatto garantendo l’elezione diretta del Capo dello Stato a partire dal 2016.
Tra le paure di Sandu e del suo Partito d’Azione e Solidarietà (PAS), c’era che il referendum non raggiungesse il quorum o che alla cabina elettorale non si presentassero abbastanza votanti pro-europei. Questo ha spinto la presidente a richiedere alla Corte l’accorpamento del voto presidenziale a quello referendario. Un po’ per influenza americana e un po’ russa, culturalmente i moldavi tendono infatti a considerare il voto presidenziale più importante rispetto a quello parlamentare, pur essendo meno determinante per il governo del paese.
Ma è veramente a rischio il sì?
Il lavoro rispetto all’orientamento della Moldova verso l’Unione Europea precede di molto i due primi ministri in quota PAS, Gavrilița (2021-2023) e Recean (2023-), e si deve in gran parte alla Russia.
Nel 2014, quest’ultima, allora tra le destinazioni principali di prodotti moldavi, dispose il blocco all’importazione di prodotti agricoli. Questo obbligò i moldavi a riorientare i propri export verso la Romania e l’Unione Europea, nel suo complesso già primo mercato per i prodotti moldavi. Per quanto riguarda le importazioni, già dal 2013 la Moldova importava prodotti da Romania e Ucraina più di quanto non facesse dalla Russia. Quel che restava alla vigilia dell’invasione dell’Ucraina del febbraio 2022 era quindi una sostanziale dipendenza energetica attraverso Gazprom e la centrale elettrica transnistriana di Dubăsari. Anche questa dipendenza economica, però, si è superata grazie agli aiuti dell’Ue e alla prontezza rumena nel creare una rete di fornitura elettrica alternativa.
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A questo bisogna aggiungere che i moldavi godono di un regime senza visto verso l’Unione Europea già dal 2016, e che molti di loro hanno doppia cittadinanza (rumena oltre che moldava), e quindi non hanno grossi ostacoli burocratici a lavorare nei paesi europei.
Quello che si vedrà il 20 ottobre, sarà dunque anche uno scontro tra due diaspore, quella in Ue e quella in Russia. Eppure, quest’ultima parte svantaggiata anche per la sostanziale assenza di seggi elettorali. La Commissione Elettorale Centrale ha infatti approvato solo due seggi a Mosca per mancanza di adeguate misure di sicurezza.
Il più disperato sembra essere l’oligarca e fuggitivo Ilan Șor, che da mesi cerca di ostacolare la campagna referendaria attraverso disinformazione e schemi finanziari illeciti volti a far fallire il voto. Ai primi di ottobre, il capo della polizia moldava Viorel Cernăuțeanu ha tenuto una conferenza stampa per denunciare l’arrivo di 15 milioni di dollari in fondi russi sui conti correnti di circa 130mila cittadini moldavi per convincerli a votare contro l’adesione della Moldova all’Unione Europea.
L’associazione a Șor e alla sua Ong Evrasia è stata immediata. Ciononostante, gli sforzi di disinformazione potrebbero non dare i frutti tanto attesi dai pro-russi: secondo un recente sondaggio di CBS-AXA, il 63% dei moldavi è favorevole all’ingresso nell’Unione Europea.
Le elezioni presidenziali
I candidati ufficialmente registrati alle presidenziali sono 11: l’attuale presidente Maia Sandu; Alexander Stoianoglo, sostenuto dai socialisti di Dodon; Renato Usatîi, ex sindaco di Bălți; Vasile Tarlev ex primo ministro e membro del Partito per il Futuro della Moldova; Irina Vlah, ex socialista e bashkan (governatrice) di Gagauzia; Ion Chicu, ex primo ministro e leader del Partito per lo Sviluppo e Consolidazione della Moldova; Andrei Năstase, ex leader della Piattaforma Dignità e Verità; Octavian Țîcu, professore sostenuto dalla coalizione Insieme; Victoria Furtună, ex magistrato in quota Șor; l’ex Ministro degli Esteri sotto il governo democratico di Pavel Filip, Tudor Ulianovschi; e l’ex giornalista Natalia Morari.
In queste poche righe si vuol far presente come, a eccezione di Sandu, Țîcu e Ulianovschi, nessuno dei candidati goda di grande credibilità agli occhi dei moldavi. Da mesi i pro-russi hanno tentato una mediazione tra le diverse posizioni per presentare un candidato unico che risultasse vincente.
La giornalista Natalia Morari, compagna dell’oligarca Veaceslav Platon (più noto come complice di Șor nel furto del miliardo), nei mesi scorsi è stata la promotrice di un forum di discussione tra i vari esponenti di partito, ma la discussione non ha prodotto un nome comune. Il candidato con il più alto grado di gradimento tra gli elettori era l’ex presidente Dodon, ma nessuno degli altri attori era disposto a sostenerlo.
Eppure, molti dei candidati sono stati politicamente vicini a Dodon: Irina Vlah era una delle figure di spicco dei socialisti; Ion Chicu è stato primo ministro tecnico, ma sostenuto dalla maggioranza socialista; e Vasile Tarlev fu compagno di partito di Dodon quando entrambi militavano nei comunisti. Tra i candidati ci sono anche un ex magistrato e un giudice accusati di corruzione, Stoianoglo e Furtună, legati a Dodon e Șor. Infine, il pro-russo Usatîi è giunto alle cronache solo in estate per la sua performance durante una karaokefesta di paese.
Interessante anche notare come 8 degli 11 candidati abbiano una doppia cittadinanze, 7 quella rumena (da Sandu a Stoianoglo), e Usatîi quella russa. La discussione che ha infuocato la campagna elettorale nelle ultime settimane riguardava proprio il commento di Dodon di qualche anno prima secondo il quale nessun candidato a cariche pubbliche dovrebbe avere la cittadinanza di un paese straniero.
Lo stesso sondaggio di CBS-AXA sembra dare Sandu in vantaggio: secondo le stime la presidente uscente potrebbe raccogliere il 36,1% delle preferenze; al secondo posto si collocherebbe Stoianoglo col 10,1%; e al terzo, “The Voice of Moldova” Usatîi col 7,5%. Se così fosse, però, Sandu faticherebbe a raccogliere la maggioranza assoluta e cos’accadrà se tutti i candidati pro-russi si dicessero a favore di Stoianoglo?
Ricercatore e divulgatore scientifico, esperto in relazioni internazionali, scienze politiche e dell'area dello spazio post-sovietico con un dottorato conseguito alla Dublin City University. Oltre all’italiano parla inglese, francese, russo, e da qualche mese studia romeno.