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Originario di Odesa, nell’inverno 2013-2014 Evgen Brytavski ha preso parte alle proteste di Majdan raccogliendo alcuni pensieri in un taccuino. Lo scorso 22 novembre, a dieci anni dall’inizio della rivoluzione di Kyiv, ha condiviso alcuni ricordi e impressioni nel suo blog. La traduzione dall’ucraino è a cura di Claudia Bettiol.
21.11.2023 - Esattamente dieci anni fa iniziava una storia che continua ancora oggi e che plasma la vita di un intero paese. Dieci anni fa iniziava l’Euromajdan, la Rivoluzione della Dignità.
Forse ci sono persone che non vengono toccate dalla storia mondiale. Persone preistoriche o extra-storiche. Per la maggior parte di noi, in un modo o nell’altro, il passare del tempo assume la forma della storia. Le lezioni di storia a scuola non mi piacevano: perché abbiamo bisogno di questa trafila di date, di atti ed episodi sparsi relativi a paesi e popoli scomparsi? L’attività e l’interazione umana, troppo stocastica, troppo incondizionata, mi sembrava molto poco attraente, priva di senso della ricerca, a differenza invece del mondo matematicamente illimitato della fisica, delle leggi pragmatiche della biologia evolutiva o dei fuochi d’artificio provocati dalle reazioni di chimica organica.
La storia non la vedevo né per le strade, né nel paesaggio del giardino fuori dalla finestra di casa mia, né tantomeno nel cielo stellato visto al telescopio. I notiziari televisivi erano una specie di soap opera, una cronaca infinita di eventi senza conseguenze nella mia piccola ma curiosa vita.
Il primo sprazzo di storia lo ebbi un giorno di settembre: un martedì, mentre tornavo da scuola, in televisione c’erano due torri in fiamme. Vidi le torri crollare una ad una in diretta TV. Nonostante avessi 13 anni, ero in grado di capire che il mondo era cambiato a poche ore da questa diretta. La valanga aveva avuto inizio e il rombo travolgerà il pianeta con un rumore crepitante.
In effetti, la storia inizia quando la fai iniziare, quando inizia la tua parte. Sentii il flusso della storia nel novembre 2004, quando legai un fiocco arancione al mio zaino e mi unii a un gruppo studentesco di attivisti: ci eravamo riuniti in un ufficio segreto, avevamo ricevuto dei volantini con le informazioni sulla manifestazione che distribuimmo per le strade della nostra scettica città, facendo risuonare i nostri tamburi davanti all’amministrazione statale regionale. Era divertente e interessante capire cosa ne sarebbe uscito fuori.
Avevamo 17 anni, i nostri problemi più grandi sembravano essere un esame andato male e la mancanza di relazioni stabili; la vita ci aspettava e noi le stavamo andando incontro. Scattavamo foto ai dettagli più sciocchi di questa battaglia, ai rifiuti della campagna come ricordo. La vittoria arancione non era che il preludio incruento del dramma che si sarebbe consumato sul palcoscenico della storia recente.
Nel novembre 2013 tutto ricominciò, ma spazio per il vecchio compromesso non ce n’era. Il paese cercava risposte alle domande sul proprio modo di esistere, sullo stile di vita e sul paradigma socio-politico. Tutto iniziò come una rivoluzione culturale: la scelta europea, l’autogoverno di Majdan, l’enorme palco animato dalla volontà popolare. Due settimane dopo l’inizio delle proteste, presi un biglietto del treno e vidi Majdan con i miei occhi.
Quanto segue in corsivo è tratto dal mio diario.
… il malessere della neve senza speranza, in bilico sulla temperatura dello zero, tra acqua e ghiaccio. La neve vuota riempie gli imbocchi delle strade principali, senza senso, nelle sembianze di una forma che vortica in un deserto freddo. In mezzo alla neve, le persone che sono tutto il giorno in piazza a cielo aperto soffocano i fiocchi di neve con il loro respiro, con i loro volti, con le loro mani senza guanti…
…la pianista Tanja sta davanti alla barricata della polizia, le sue dita congelate si muovono sui tasti del pianoforte giallo e blu, mentre cerca l’armonia con la sua voce penetrante, tremolante nell’aria grigia di nubi, asfalto e scudi d’acciaio. La cassa del pianoforte è aperta per dare volume e questo fa sì che la neve cada in profondità nelle melodie, tremolando tra la tavola armonica e i martelletti e sciogliendosi, sciogliendosi sulle corde, calde di tensione e di note…
… l’ingresso della metropolitana si riempie di grida: un urlo solitario “Gloria all’Ucraina!”, seguito immediatamente e a gran voce da tutti e tre i flussi della scala mobile – “Gloria agli eroi!”. I sottopassaggi, di solito così cupi, silenziosi e senza speranza, sono catturati dall’eco gioiosa di un tentativo di unità, di un senso comune del mondo.
… il Palazzo d’Ottobre assediato, il colonnato che si erge sulla collina che sovrasta la piazza, i pendii calpestati, la coda infinita per riscaldarsi. Due piani di camere da letto, divise per regioni, sorvegliate dalla Resistenza popolare, una cucina, una stanza con un buffet. In fondo al corridoio si sta svolgendo un allenamento di autodifesa, un pubblico maschile si esercita nel combattimento corpo a corpo, un istruttore simula dei colpi di manganello…
… una bandiera con la scritta cubitale “ODESA” su una striscia gialla e un odessita barbuto sotto di essa arrivato martedì e rimasto in piedi con la bandiera in mano per cinque giorni. Non poteva fare altrimenti, dice. È qualcosa di sincero e semplice. È un gesto, una scelta. È facile radiare una cosa così piccola. È facile chiedersi perché, ma è di questo che è fatta tutta la protesta, di gocce nell’oceano. Lo stesso accade con le studentesse che preparano panini e distribuiscono grano saraceno e cetrioli in turni di otto ore al Palazzo dei sindacati. Semplicemente così. Perché non possono fare altrimenti…
… i bambini sono a loro agio mentre si arrampicano sulle travi di legno, sono saliti sulla barricata che blocca via Instytuts’ka. I loro genitori sono lì sotto e rispondono alle domande dei bambini sulle bandiere che sventolano sopra la marea di persone: Lituania, Ucraina, Canada, Belarus’. I bambini non avevano mai visto mezzo milione di persone contemporaneamente. E nemmeno io, fino ad oggi…
…dal palco di Majdan risuona il discorso di Andruchovyč su un cambio di sistema e non solo sui suoi vertici, sulla non necessità di un leader-messia, su un periodo di prova per la futura squadra politica. Sul muro del quartier generale della resistenza rivoluzionaria nel palazzo del comune c’è una scritta: “La città appartiene ai nazionalisti”…
… una Kyiv come non l’ho mai vista prima, nel fuoco della protesta, con barricate difensive e posti di blocco, con un’enorme idea che brilla nell’aria. Una città che raccoglie un incredibile mix di festa e ribellione, disperazione e fiducia totale, gentilezza e ferocia, altruismo e curiosità. Una Kyiv eccitante, una Kyiv al limite, una Kyiv gelida, una Kyiv sotto le enormi nubi occidentali, tra le quali risplende la luna, sottile come la speranza ucraina, giovane come il sogno ucraino…
Majdan è diventata un campo base, una casa, un luogo di incontro, una linea di contatto, un palcoscenico per le prove e il successivo punto di svolta. È stato un titanico punto di biforcazione dai molti scenari; eppure, guardandosi indietro, non si può che notare un’unica opzione: quello che è successo dopo.
Ero di nuovo lì alla fine di quell’inverno agitato, dopo l’assalto, le sparatorie, i funerali. Il lugubre silenzio di via Instytuts’ka, le attrezzature rotte e le barricate quasi distrutte, il granito crepato dal calore delle fiamme, i mucchi neri di pneumatici di auto, le montagne rosse di fiori, le tracce dei proiettili che colpiscono i lampioni, il contrasto tra il sole splendente quasi primaverile e il dolore silenzioso per le centinaia di persone morte.
Ma i titoli di coda non sono apparsi sullo schermo della storia, e non c’è stato alcun intervallo. Sono poi arrivate la Crimea, il Donbas, i fatti di maggio a Odesa, Ilovajs’k nell’agosto 2014, Debal’ceve nel gennaio 2015. Le mappe di Majdan sono state sostituite da quelle dell’ATO [Zona d’operazioni antiterrorismo – così veniva definita una parte del territorio dell’Ucraina orientale fino all’inizio dell’invasione su larga scala del 24 febbraio 2022, N.d.T.]. Il limite è stato raggiunto il 24 febbraio 2022, la valanga ha preso slancio, la storia è entrata in ogni casa, ha inondato i confini di migranti, ha cambiato i destini delle persone con una legge marziale e si aggira lungo i fronti come una bestia affamata. La storia continua…