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Durante il periodo jugoslavo, e fino al 2001 in Serbia, il 13 maggio si festeggiava nel paese il Giorno della Sicurezza, dedicato agli apparati di polizia e ai servizi segreti. La giornata venne istituita nel 1944 dal Maresciallo Tito contestualmente alla creazione del Dipartimento per la Protezione del Popolo (Odeljenje za zaštitu naroda), conosciuto come OZNA.
Considerata “la spada della rivoluzione”, la polizia segreta jugoslava ebbe vita breve (1944-1946) prima di trasformarsi nella ben più nota Direzione della Sicurezza Statale (Uprava državne bezbednosti, UDBA) ma giocò un ruolo fondamentale durante la lotta di liberazione, sia contro i nemici “esterni” (le truppe nazi-fasciste) sia contro i nemici “interni” (collaborazionisti e oppositori del Partito Comunista Jugoslavo e del Comitato di liberazione).
Tra fine marzo e inizio aprile del 1941 la Jugoslavia monarchica guidata dal principe Paolo Karađorđević si trovava tra due fuochi: da un lato, la rivolta popolare capeggiata dalla Chiesa Ortodossa e dal Partito Comunista (PCJ) contro l’alleanza sottoscritta con Hitler e culminata in un colpo di stato militare; dall’altro, la violenza scatenata dall’esercito nazista che in poche settimane occupò quasi completamente il paese.
Sin da subito il PCJ fu capace di organizzare la lotta partigiana che presto si trasformò da lotta di liberazione in una vera e propria rivoluzione. I comunisti dovevano però combattere, oltre che con le truppe nazi-fasciste e i collaborazionisti Ustaša dello Stato Indipendente Croato, anche contro i Cetnici, movimento monarchico nazionalista serbo guidato da Dragoljub Draža Mihailović che per tutta la prima fase della guerra poté contare anche sul sostegno degli inglesi. Le vittorie partigiane, sostenute dall’Unione Sovietica di Stalin, portarono già alla fine del 1942 alla convocazione a Jajce (Bosnia ed Erzegovina) della prima Assemblea antifascista di liberazione nazionale della Jugoslavia (AVNOJ).
La controffensiva tedesca e la liberazione definitiva
Un anno dopo a Bihać (Bosnia ed Erzegovina) una seconda riunione dell’AVNOJ sanciva definitivamente la nomina del Comitato di liberazione nazionale come governo provvisorio nei territori liberati guidato da Tito come primo ministro. Nonostante la forza delle truppe partigiane, alla fine del 1943 si contavano in tutta la Jugoslavia ancora 400 mila soldati occupanti e circa 250 mila collaborazionisti (R. Colaković, D. Janković, P. Moraca, Storia della Lega dei Comunisti di Jugoslavia, Edizioni del Gallo, 1965, p. 482).
Forti di questi numeri i tedeschi tentarono un’ultima offensiva, l’Operazione Rosselsprung (Mossa del cavallo), nella primavera del 1944 con l’obiettivo dichiarato di circondare la vallata di Drvar e uccidere Tito. Il fallimento dell’operazione rese palese a tutti la supremazia dei partigiani che nel giro di pochi mesi, con l’aiuto dell’Armata Rossa e persino dei governi occidentali, riuscirono a ottenere importanti vittorie in tutto il paese, fino alla presa della capitale Belgrado avvenuta il 20 ottobre 1944.
Il Dipartimento per la Protezione del Popolo (OZNA)
“[…] una delle condizioni essenziali per il successo è, da un lato, conoscere la situazione del nemico e le sue intenzioni in generale, e dall’altro non far conoscere al nemico la nostra situazione e le nostre intenzioni”
(M. Dželebdžić, Il servizio informativo nella guerra di liberazione nazionale, 1941-1945, Istituto di storia militare, Belgrado, 1987).
Così spiegava il Maresciallo Tito la necessità di creare un servizio di spionaggio e controspionaggio che fosse in grado di raccogliere informazioni sui nemici e smascherare i collaborazionisti infiltrati tra le file partigiane. Con questi obiettivi, il 13 maggio 1944 il leader jugoslavo diede vita al Dipartimento per la Protezione del Popolo (OZNA).
Alla sua guida venne designato Aleksandar Ranković, futuro Ministro dell’Interno e uno degli uomini più potenti della nuova Jugoslavia, accompagnato dal “sovietico” Svetislav Stefanović. In quel periodo non si era infatti ancora consumata la rottura con Mosca (1948) e molti membri del PCJ venivano inviati in Unione Sovietica per essere addestrati dall’NKVD, il Commissariato del popolo.
La struttura e i compiti dell’OZNA
Nonostante la liberazione non fosse ancora stata completata, venne creata una forte struttura organizzativa le cui scelte potevano essere sottoposte a giudizio solo da Tito stesso. L’OZNA venne suddivisa in quattro dipartimenti. Il primo si occupava di spionaggio tra le fila nemiche nei territori ancora occupati, il secondo dell’attività di controspionaggio nei territori liberati, il terzo operava per scovare gli agenti stranieri infiltrati nelle istituzioni e il quarto raccoglieva dati statistici e organizzava le comunicazioni radio e l’elaborazione di mappe.
In concreto, l’OZNA avrebbe dovuto dare la caccia non solo agli agenti stranieri e ai collaborazionisti ma anche agli oppositori della rivoluzione socialista in atto. Tra le fila dei nemici rientrarono diverse figure: in Croazia, dove più forte era stata la presenza filo-fascista degli Ustaša, i principali “nemici del popolo” erano considerati i tedeschi, il clero, negli anni precedenti aperto sostenitore dello Stato Indipendente Croato, e gli italiani, compresi gli antifascisti che lottavano per l’italianità dell’Istria e del Quarnero; in Serbia e negli altri territori liberati i nemici numeri uno erano invece i cetnici in fuga e la borghesia locale che aveva collaborato con gli occupanti. Tra i compiti dell’OZNA rientrava infatti anche la confisca di beni e proprietà appartenuti ai collaborazionisti, da far confluire nella Banca centrale jugoslava e finanziare così la lotta partigiana e la futura ricostruzione del paese.
Il Corpo di difesa popolare (KNOJ)
Nelle intenzioni di Tito e di Ranković, l’OZNA doveva essere “severa e inesorabile verso i nemici”. In questa fase la rivoluzione socialista non era ancora del tutto compiuta ma attraversava quella fase in cui, secondo Lenin, “il marxista ha il dovere di porsi sul terreno della guerra civile. Ogni sua condanna morale è assolutamente inammissibile” (V. Lenin, La guerra partigiana). Non era concesso risparmiare il nemico, dimenticare le atrocità e le distruzioni causate dagli occupanti, il tradimento del popolo jugoslavo da parte di chi aveva deciso di sostenere le truppe straniere. Il movimento di liberazione doveva velocemente liberarsi dal peso della lotta contro gli opportunisti e i nemici interni, per potersi dedicare pienamente alla presa del potere e all’instaurazione del socialismo. Con ogni mezzo necessario.
Per facilitare il raggiungimento di questi obiettivi, il 15 agosto 1944 venne posto sotto il controllo dell’OZNA un corpo militare vero e proprio, il Corpo di difesa popolare della Jugoslavia (Korpus Narodne Odbrane Jugoslavije, KNOJ). Il compito principale era quello di ripulire i territori liberati dalla presenza dei nemici. Tra le varie operazioni compiute, KNOJ e OZNA vengono ritenute corresponsabili di quelle contro gli italiani che portarono all’esodo istriano e alle foibe. Solo dopo che i territori fossero stati dichiarati liberi dalla presenza di “elementi nemici” il loro controllo sarebbe passato al Comitato di liberazione per la riorganizzazione politico-amministrativa.
Una delle più importanti operazioni svolte dall’OZNA riguardò la liberazione di Belgrado. In quell’occasione il servizio segreto giocò un ruolo primario nel preparare l’ingresso trionfale dell’Armata Rossa sovietica e delle truppe partigiane, attraverso una fitta rete di operazioni di intelligence. Una volta liberata la capitale, i servizi segreti si concentrarono nell’eliminare le ultime forze occupanti e controrivoluzionarie.
Proprio la liberazione di Belgrado diede nuovo slancio alla lotta partigiana e soprattutto alle operazioni dell’OZNA. La ritirata delle truppe tedesche offrì infatti l’occasione perfetta per un regolamento dei conti che andò avanti fino alla definitiva capitolazione tedesca nel maggio 1945 e la cattura di Draža Mihailović, il leader dei cetnici, nella primavera del 1946.
L’operazione Mihailović
A marzo 1946 la guerra è finita da quasi un anno. La Jugoslavia è un paese a pezzi, con milioni di sfollati e feriti, un sistema infrastrutturale completamente distrutto. Il Partito Comunista, ormai saldamente al potere, si lancia in una titanica, doppia, impresa: ricostruire un paese martoriato e rilanciare l’azione rivoluzionaria con l’instaurazione di un sistema socialista. Per chiudere definitivamente i conti con il passato recente manca però un ultimo tassello. Dragoljub Draža Mihailović, responsabile di una lunga guerra civile contro i partigiani comunisti, è ancora libero.
In fuga dalla Serbia con gli ultimi fedelissimi, nessuno riesce ad arrestarlo. Nessuno o quasi. L’OZNA che, come recitava il suo motto, “sa tutto” ottiene informazioni sempre più precise. Mihailović, in pessime condizioni di salute, si nasconderebbe nelle vicinanze di Višegrad, in Bosnia. Dopo essere riusciti a infiltrarsi nella sua cerchia ristretta convincendo uno dei suoi più stretti collaboratori, il 13 marzo gli uomini dell’OZNA catturano finalmente Mihailović e lo portano immediatamente a Belgrado. Qui, insieme ad altri 23 membri cetnici, viene sottoposto a un processo per alto tradimento e collaborazione con il nemico. Il procedimento diventa subito un evento mediatico e internazionale. Persino inglesi e statunitensi si interessano alle sorti del vecchio leader cetnico.
Dopo poco più di un mese di processo (10 giugno-15 luglio), Draža Mihailović viene ritenuto colpevole, condannato a morte e fucilato il 17 luglio 1946
“perché, nel corso della lotta sovrumana che, dal 1941 al 1945, i popoli della Jugoslavia, in difesa della loro libertà, indipendenza e per la loro esistenza, hanno condotto contro la Germania di Hitler, l’Italia fascista e i loro satelliti, [Draža Mihailović e i suoi uomini] sono entrati e hanno mantenuto una collaborazione politica e militare con l’invasore, durante la guerra e l’occupazione nemica, per un’azione comune nella repressione dell’insurrezione popolare. […] e in questo modo commisero, in un periodo critico della storia dei popoli della Jugoslavia, il delitto di tradimento contro il popolo e la Patria”
(Documento stenografico “Il processo di Dragoljub Draža Mihailović“, Belgrado 1946, p. 507)
La Direzione della Sicurezza Statale (UDBA)
L’operazione Mihailović rappresentò l’ultima grande missione dell’OZNA. All’inizio del 1946 era stata promulgata la prima costituzione della Repubblica Federativa Popolare di Jugoslavia che prevedeva la riorganizzazione dei servizi segreti e della polizia politica. Ranković veniva nominato Ministro degli Interni mentre l’OZNA cambiava nome, assumendo quello di Direzione della Sicurezza Statale (UDBA). La lotta contro i nemici del popolo non era conclusa, cambiava solo metodi e protagonisti.
Dottore di ricerca in Studi internazionali e giornalista, ha collaborato con diverse testate tra cui East Journal e Nena News Agency occupandosi di attualità nell’area balcanica. Coautore dei libri “Capire i Balcani Occidentali” e “Capire la Rotta Balcanica”, editi da Bottega Errante Editore. Vice-presidente di Meridiano 13 APS.