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Progetto dell’installazione luminosa dedicata a Lesja Ukrajinka per la facciata dell’Ambasciata italiana a Kyiv (foto e realizzaione di Paolo Coia)
Lesja Ukrajinka (1871-1913) è stata – ed è tuttora – una figura di primo piano nel panorama letterario ucraino. Poetessa, scrittrice, drammaturga e attivista femminista, nacque da una famiglia appartenente all’aristocrazia e all’intelligencija ucraina (lo zio era Myhajlo Drahomanov, noto poeta e attivista) con il nome Larysa Kosač, in Volinia, regione dell’attuale Ucraina occidentale ma allora parte dell’Impero russo. Il suo periodo felice dell’infanzia terminò, purtroppo, bruscamente quando a undici anni si ammalò di tubercolosi ossea, malattia che influenzò notevolmente la sua vita, il suo lavoro e il suo futuro.
Furono le sue condizioni di salute particolarmente fragili che le permisero di viaggiare in Europa, musa e ispirazione per le sue opere. I lunghi periodi trascorsi a curarsi in località quali l’Egitto, la Germania, l’Austria, la Georgia e l’Italia, le diedero l’opportunità di leggere moltissimo, di studiare lingue straniere e di riflettere sulla propria cultura e identità, interessi che ebbe in comune con il marito Klyment Kvitka, etnologo e musicologo ucraino proveniente dall’est del paese, nato nell’attuale regione di Sumy.
La poetessa morì nel 1913 in Georgia, dove nel 1911 scrisse – e in una decina di giorni – il suo dramma più celebre ed enigmatico: Il canto della foresta (Lisova pisnja), pubblicato da Mondadori nella traduzione italiana di Yaryna Grusha nell’aprile 2024.
Il canto della foresta di Lesja Ukrajinka, traduzione di Yaryna Grusha, Mondadori 2024 (Meridiano 13/Claudia Bettiol)
Il talento di Lesja Ukrajnka, poetessa femminista e promotrice della propria cultura
Fin da giovanissima, Lesja mostrò un talento letterario straordinario e un grande interesse per la cultura e il folclore ucraini. Fu, infatti, una delle figure di spicco della rinascita nazionale e femminista del suo paese, e la sua opera, che comprende poesie liriche, drammi e prosa, spesso incentrati sulla storia, la mitologia e la lotta per la libertà, è ancora oggi di notevole interesse.
La sua eredità letteraria e patriottica è molto apprezzata in Ucraina – che ha celebrato il centocinquantenario della sua nascita con la pubblicazione dell’opera completa e non censurata in 14 volumi – e il suo lavoro continua a stimolare le generazioni future.
Yaryna Grusha, traduttrice e docente di lingua e letteratura ucraina, nell’introduzione alla sua traduzione italiana de Il canto della foresta la descrive così:
Donna elegante nell’abbigliamento e nella scrittura, nella vita e con le sue opere Lesja Ukrajinka ha combattuto a favore delle istanze femminili. Innanzitutto, ha puntato all’autonomia economica, cercando di mantenersi e coprire con le traduzioni e le sue pubblicazioni le spese dei suoi numerosi viaggi. Nelle lettere alla madre, inoltre, rivendica per sé e per le sorelle il diritto di vivere una vita che non sia esclusivamente subordinata al matrimonio. Anche i suoi personaggi femminili, che rivestono sempre il ruolo di protagoniste – Donna Anna, Marianna, Priscilla, Cassandra e Mavka – sono donne che si emancipano, che pensano e agiscono autonomamente: «La storia di Mavka» confida in una lettera Lesja alla madre «poteva scriverla solo una donna».
Sempre Grusha cattura bene lo stile di Lesja Ukraijnka, dove la semplicità si fonde con uno stile poetico inconfondibile:
Il linguaggio che Lesja Ukrajinka utilizza nei drammi rappresenta uno dei primi tentativi di adattare la lingua ucraina al più ampio contesto del dramma europeo: rinunciando gradualmente alla rima classica, la scrittrice avvicina il verso ucraino allo sperimentalismo formale del primo Novecento europeo. In certi casi i monologhi risultano molto vivaci, scritti in una lingua che ricalca il parlato, con il risultato di un testo molto moderno e accessibile al lettore.
Lesja Ukrajinka e le relazioni tra Italia e Ucraina
Possiamo parlare di Lesja Ukrajinka nel contesto del femminismo, ma io preferirei parlare di lei nel contesto dei diritti umani e dell’uguaglianza. Si è battuta per il riconoscimento del suo lavoro, nonostante la ricchezza del padre, e ha chiesto di essere pagata per il suo lavoro […]. Mi stupisce quanto Lesja amasse la vita, quanto viaggiasse per il mondo. Ha scritto Il canto della foresta debilitata da una febbre costante a 38°C. Si tratta di un esempio di persona che comprende la sua missione e supera molti, molti divieti. L’ispirazione arriva quando si è consapevoli del proprio obiettivo e si capisce che non si ha molto tempo a disposizione e che bisogna fare questo lavoro.
Pensando alla figura di Lesja Ukrajinka è importante sottolineare il suo significativo contributo nella valutazione dell’essere umano, non basato sul suo status sociale, economico, di genere o di origine, ma sull’uguaglianza, perché capace di rifiutare gli standard sociali che limitano il potenziale umano. Le sue idee progressiste intrinsecamente legate alla libertà e all’emancipazione sono valori che non solo guidavano la sua arte, ma anche la sua vita privata e le sue scelte personali.
Come sappiamo, la salute troppo fragile di Lesja Ukrajinka e il clima troppo rigido dell’Ucraina portarono la scrittrice a trasferirsi, nel 1901, per due inverni consecutivi, in Italia, più precisamente a Sanremo, dove le sue idee progressiste si sono arricchite grazie a quelle liberali dell’epoca che l’Italia appena unificata irradiava. È qui che lavorò su alcune delle sue opere più importanti, tra cui il dramma Kassandra, ispirato alla mitologia greca.
Nel contesto del femminismo e del patriottismo ucraino, Lesja Ukrajinka ha sempre lottato per l’emancipazione delle donne e per il riscatto della dignità femminile, proponendo una visione di donna libera, forte e consapevole dei propri diritti. La sua scelta di sposare Klyment Kvitka, un uomo di umili origini, fu un atto rivoluzionario non solo sul piano sociale ma anche culturale. La loro relazione, costruita su un’equità intellettuale, sfidava le convenzioni sociali e dimostrava che la dignità di una persona non dovrebbe essere misurata in base al suo status sociale o economico, ma sulla scelta libera.
Le idee di Lesja Ukrainka sulla conoscenza e sul potere liberatorio della cultura sono esemplificate in una sua celebre riflessione:
La conoscenza è ciò che dà a una persona il potere di essere libera, di vedere il mondo in tutti i suoi colori e di poter lottare per la verità.
Faccita dell’Ambasciata italiana a Kyiv illuminata dall’opera dedicata a Lesja Ukrajinka (Paolo Coia)
Fatto poco noto e molto curioso, che casualmente vuole rappresentare un vero e proprio legame tra Lesja e l’Italia, è che l’attuale sede dell’Ambasciata italiana a Kyiv è proprio l’edificio in cui la poetessa visse tra il 1899 e il 1901, al civico 32 di Velyka Pidval’na (ora Jaroslaviv Val).
Oggi, una targa commemorativa in onore di Lesja Ukrainka è installata su questo edificio per ricordare il suo soggiorno e, dal 12 febbraio 2025, c’è anche un’opera luminosa che decora la facciata dell’edificio dedicata alla figura di Lesja Ukrajnka e firmata dal designer e artista italiano Paolo Coia, da anni residente nella capitale ucraina:
Si tratta di una struttura composta da foglie di lamine di acciaio composta da un impianto a LED a basso consumo energetico che rappresenta il ciclo della vita; in alto, invece, vi è disegnato il motivo della syljanka, che ricorda il tradizionale girocollo ucraino indossato dalla poetessa. Ritengo che il design possa servire come una forma di conoscenza che aiuti a decostruire le barriere sociali, economiche e culturali, fornendo soluzioni che promuovano l’inclusività e l’empowerment.
Schema degli oggetti che compongono l’installazione luminosa realizzata da Paolo Coia
Quell’edificio, che quasi due secoli dopo la scomparsa di Lesja Ukrajinka e diventato la sede dell’Ambasciata italiana in Ucraina, è un luogo che oggi simboleggia la relazione tra i due paesi, fondata sulla libertà e sull’indipendenza, valori che la poetessa ha sempre sostenuto con passione.
Traduttrice e redattrice, la sua passione per l’est è nata ad Astrachan’, alle foci del Volga, grazie all’anno di scambio con Intercultura. Gli studi di slavistica all’Università di Udine e di Tartu l’hanno poi spinta ad approfondire le realtà oltrecortina, in particolare quella russa e quella ucraina. Vive a Kyiv dal 2017, collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso, MicroMega e Valigia Blu. Nel 2022 ha tradotto dall’ucraino il reportage “Mosaico Ucraina” di Olesja Jaremčuk, edito da Bottega Errante.