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In Italia, la divulgazione della letteratura albanese sta conoscendo una faticosa evoluzione dal profilo decisamente positivo, incrementata dall’interesse suscitato dalla presenza sempre più corposa di validi autori e quindi apprezzabili pubblicazioni tradotte o scritte in Italiano. Tra queste, quelle di chi riesce ad allontanarsi dallo stereotipo vero o presunto dello scrittore che tratta tematiche legate al sanguinario regime di Enver Hoxha, un argomento ricorrente e pur sempre altamente apprezzato.
Da Agolli a Kadaré
Risulta impossibile fare riferimento agli autori di oggi senza tracciare una linea della produzione successiva alla seconda guerra mondiale, che ha costruito le fondamenta dell’attuale cultura letteraria albanese. In quell’epoca, la produzione libraria conosce due fili conduttori che corrono paralleli: la dominazione ottomana e la resistenza nazi-fascista, che danno vita a una letteratura altamente evocativa, come quella di Dritëro Agolli (1931-2017) incentrata sulla celebrazione dell’eroismo e sulle tematiche a sfondo sociale.
Un altro nome che lascia la sua impronta indelebile nella Storia della letteratura albanese è quello di Ismail Kadaré (1936-), saggista, poeta e scrittore, che nelle sua variegata opera fa un lucido disegno dell’Albania di ieri e di quella di oggi. Oltre a essere considerato uno dei più grandi scrittori della letteratura contemporanea, è una figura nota a livello mondiale per il suo impegno sociale e per essersi sempre posto a difesa dei diritti umani. È forte il suo legame con le radici, con quegli etimi di un paese martoriato dalla dittatura, dalla grande forza interiore che emerge nei suoi scritti, accompagnata dal profumo di libertà. L’autore è un convinto sostenitore della pace costruita sulla pace e nei libri dedicati ai Balcani sottolinea quanto sia importante che essi possano, un giorno, godere di una reale unità. Una penna forte e coraggiosa la sua, che dona vita a una produzione multiforme: poesie, racconti, novelle, romanzi, saggi, pubblicistica, studi letterari e folcloristici, diari, conversazioni e tanto altro. Oggi le opere di Kadaré rimangono tra le più apprezzate, anche se in alcuni dibattiti la figura dell’autore ai tempi di Hoxha risulta nebbiosa e controversa tanto da considerare la sua scrittura pro-regime. Kadaré, in realtà, si è sempre dichiarato contro ogni forma di dittatura, indicando il consistente uso di metafore nella sua scrittura come un modo di narrare contro il Partito senza cadere nella rete riservata ai nemici dello Stato.
Una voce unica nel campo della poesia è stata quella di Fatos Arapi (1930 – 2018). Durante il regime, il poeta si esprime sommessamente nel rispetto dei dettami del realismo socialista, ma subito dopo la sua caduta diventa il primo coraggioso accusatore di burocrati e demagoghi, esultando apertamente per il libero cammino intrapreso dall’Albania. Pietro Marko (1913 – 1991), giornalista e scrittore, è considerato uno dei fondatori della moderna prosa albanese. Marko, molto spesso, nelle sue opere racconta la realtà attraverso modelli surrealisti. Anche Mitrush Kuteli (1907 – 1967) ha dato un notevole contributo con le ballate e le rapsodie albanesi trascritte sotto forme di racconti: un’opera indimenticabile.
Il panorama attuale
L’attuale panorama letterario albanese presenta una policroma produzione arrivata in larga parte in Italia grazie al lavoro di traduzione e di pubblicazione di alcune case editrici, che ci permette di conoscere senza più censure l’Albania della dittatura, le sue radici e la sua Storia, che trova espressione in una nuova modalità di raccontare i valori, le bellezze e le disarmonie della nazione, senza addolcire o esasperare i contenuti. Anche nella cultura libraria albanese esiste una buona fetta che non si veste di alcuna rilevanza; guardando a quella che, invece, spicca per contenuti e forma espressiva, si può obiettivamente affermare che la narrazione sia caratterizzata da una brillante unicità. La scrittura dei più validi autori si contraddistingue per grande dovizia di particolari, per le descrizioni fortemente realistiche, irrorate di magia, che riescono a consegnare al lettore un’immagine evocativa dell’Albania, drammaticamente o magnificamente veritiera. Sono peculiarità connaturate, che da sempre appartengono alla letteratura albanese e che ancora oggi hanno la cristallina capacità di rappresentare un mondo culturalmente ricchissimo.
Tra gli autori più rappresentativi della letteratura tradotta in Italia troviamo Virgjil Muçi (1956 – ), che ha dato voce alla sua Albania attraverso una delle tradizioni più leggendarie, le fiabe. Basti pensare a Fiabe albanesi, il libro giunto in Italia nel 2015 (edito da Besa Muci). Una raccolta di favole e leggende a espressione della cultura tradizionale albanese. Non solo fiabe da parte di Muçi che narra del percorso della sua Patria, al quale conferisce una connotazione biblica, identificando l’epoca del regime con l’Inferno, il periodo di transizione, dal quale a suo avviso l’Albania non è ancora uscita, con il Purgatorio e l’apice dell’evoluzione, non ancora raggiunta, con il Paradiso. Tale visione, molto interessante, che emerge nel volume La piramide degli spiriti (Besa Muci, 2019), appartiene a diversi autori albanesi, considerati tra i meno catastrofisti.
La letteratura di Tom Kuka (1972-), alias Enkel Demi, è rivolta all’Albania di ieri, dei tempi che non ci sono più, per narrare della realtà odierna. Kuka è l’amatore delle storie tramandate oralmente, è colui che sente l’urgenza di raccontare delle radici del suo popolo e lo fa prendendo spunto dai racconti passati di voce in voce. L’Ora del male (Besa Muci, 2021), il primo suo libro tradotto in italiano, nasce dalla storia raccontata da una delle sue zie: nei suoi scritti affiora la passione per la mitologia (l’Ora, infatti, è un mito dalla doppia figura), per i canti, le premonizioni e tutto quello che è forte espressione della tradizione albanese del passato, a immagine speculare del presente. Anche Flama (Besa Muci, 2022), uno dei libri vincitori del Premio dell’Unione europea 2021, presenta delle connotazioni similari, pur narrando di un periodo e di una storia differente. Uno dei motivi per cui Tom Kuka è molto apprezzato risiede nel suo essere “uno scrittore senza scrupoli”, che narra dell’Albania per quella che è e per come egli stesso è.
Besnik Mustafaj (1958-) è uno degli scrittori più letti in patria; in Italia sono arrivati tre tra i suoi libri più importanti e nonostante sia il vincitore del Premio Faiano e sia stato ospite di rilevanti manifestazioni italiane, rimane ancora poco valorizzato. Nei suoi libri, Mustafaj si preoccupa di narrare dell’Albania dove vive la gente che ha subito la Storia creata dalla politica. Il popolo albanese, afferma l’autore, vive in un paese dove la Storia comune è diventata un peso dal quale non ha saputo trarre alcun insegnamento, trasformandolo in un dramma collettivo. Mustafaj parla della memoria divenuta il punto debole di un popolo che non bada alla sua conservazione, motivo per il quale ripete sempre gli stessi errori. Il suo pensiero è molto aspro nei confronti del rapporto popolo-memoria, che sembra rasentare il vittimismo. Il continuo sentirsi vittime crea una dimensione insoddisfacente e la conseguente necessità di colmare tale frustrazione creando una tradizione epica priva di alcuna veridicità.
Subito dopo la caduta del regime e quindi del realismo socialista, che vedeva gli scrittori al servizio del dittatore, è nata la cosiddetta “letteratura carceraria” dalla penna di coloro che hanno subito violentemente le barbarie del regime. Nello specifico, il nome più rappresentativo è quello di Visar Zhiti (1952-), condannato a dieci anni di carcere per aver scritto poesie, subendo la sorte toccata a diversi intellettuali. La letteratura di Zhiti, espressa sotto forma di poesia e di prosa, è apprezzata, tradotta e pluripremiata nel mondo. Le opere di Visar trasudano dolore, smarrimento, rabbia, pur essendo illuminate sempre da una buona dose di positività. Durante la prigionia, Visar trova nella poesia la sua ancora di salvezza, custodendola nella sua mente, perché parlarne era proibito. Nonostante il dolore e le privazioni, la forza interiore e la fede sono state di una potenza illuminante e infinita.
Tra i più validi autori tradotti ritroviamo la scrittrice e attivista a favore dei diritti delle donne Diana Çuli (1951-), l’autrice che narra di Albania attraverso la guerra e l’amore e ancora lo scrittore Ylljet Aliçka (1951-), che esprime pienamente il suo pensiero determinato e pungente nei confronti di alcuni organi istituzionali. Da menzionare Stefan Çapaliku (1965-), scrittore e drammaturgo, Vera Bekteshi (1946-), anch’ella perseguitata dal regime con la sua famiglia e condannata a ben sedici anni di internamento.
Un nome nuovo per l’Italia e molto noto in Albania, è quello di Mimoza Hysa (1967-) che con il suo romanzo Le figlie del generale (Besa Muci, 2021) narra di dittatura e del potere del sistema guardandoli con gli occhi di chi è dalla parte del carnefice. La voce arriva da dentro casa e sono le figlie di un alto funzionario di Hoxha a parlare: il romanzo ha un taglio psicologico impressionante.
Un’importanza rilevante in Italia è data dalla letteratura della Diaspora. Com’è noto, la presenza delle comunità albanesi nel nostro paese è molto elevata e diversi sono gli autori che, vivendo in Italia, hanno deciso di scrivere prevalentemente in italiano. Una delle penne più autorevoli della Diaspora è quella di Elvira Dones (1960-), scrittrice, giornalista e sceneggiatrice, autrice del volume autobiografico Senza bagagli e del celebre Vergine giurata, dal quale è stata tratta una trasposizione cinematografica. L’autrice ha voluto riprodurre nel romanzo la realtà quotidiana e intima delle burrneshë, le donne albanesi e kosovare che indossano gli abiti maschili, venendo considerate tali nella società, con i privilegi consentiti agli uomini, vivendo, in realtà, una dimensione composta da privazioni e solitudine.
Da non trascurare altri nomi di autori albanesi che scrivono principalmente in italiano, come Anilda Ibrahimi, Ornela Vorpsi, Artur Spanjolli, Eltjon Bida, Darien Levani, Artur Nuraj, Ron Kubati. La letteratura italofona concede un contributo importantissimo a quella proveniente dall’Albania, contaminandola positivamente, offrendo una nuova visione della narrazione e ampliando la rosa degli autori di riferimento.
Difficoltà attuali e prospettive future
L’Albania, come altri paesi balcanici, si sta impegnando molto nel sostegno alla traduzione al fine di favorire la diffusione della letteratura albanese nel mondo. Il paese, in questo modo, ha messo in atto un’iniziativa importantissima, tanto che anche in Italia diversi volumi sono stati pubblicati con il contributo statale, dando una valida mano a chi quotidianamente si impegna a supportarne la diffusione.
Oggi, rispetto a un po’ di anni fa, le pubblicazioni siglate da autori albanesi possono contare su una fetta di pubblico molto più ampia, anche se sono ancora vivi gli ostacoli da superare per far sì che la divulgazione possa essere molto più massiccia. Vige ancora una sorta di pregiudizio, (anche se molto più latente rispetto alle epoche passate), nei confronti di una letteratura considerata settoriale e albanese non nel senso della provenienza, ma delle tematiche affrontate. Si fa molta fatica a rimarcare che i libri nati dalla penna degli autori d’Albania, che siano tradotti o italofoni, possono essere considerati pari alla letteratura europea, se non universale. Stranamente, spesso a non crederci sono alcune delle stesse case editrici che pubblicano solo incentivati dal supporto ministeriale, cosa più che comprensibile (vista la situazione drammatica in cui versa la piccola e media editoria in Italia), se poi l’azione di promozione diventa concreta; qualche volta, pur essendo consapevoli di editare un libro interessante, anche totalmente a loro spese, rimangono convinti che il pubblico mostrerà scarso interesse e i testi degli autori albanesi sono i primi a essere “parcheggiati” dopo aver visto la luce.
Questa è una realtà molto triste ed estremamente dannosa, che invalida tutti gli sforzi fatti dalle istituzioni albanesi in primis, creando, a volte, un clima di disappunto e frustrazione tra gli stessi autori. Un altro elemento di fondamentale importanza, che ha palesemente danneggiato nel tempo il lavoro di diffusione, è la traduzione, un fattore fondamentale per la buona riuscita di un’opera. Indubbiamente, la trasposizione dall’albanese all’italiano riserva delle difficoltà non indifferenti e, purtroppo, c’è stata una larga proliferazione di traduttori improvvisati che si sono impegnati in un lavoro che troppo spesso è risultato pessimo, danneggiando autore e libro. Si comprende bene che una traduzione fatta male crea un danno rilevante estendibile all’intero filone: non basta saper parlare italiano per tradurre dall’albanese, come non è sufficiente il contrario e questo concetto è alla base del lavoro del traduttore. Si discute molto anche sulla necessità che chi si occupa di traduzioni debba essere di madrelingua, ma l’improvvisazione è una drammatica verità, nociva e deleteria. Al momento l’Italia può contare su un numero esiguo di ottimi traduttori dall’albanese, che spesso vengono poco valorizzati o mal retribuiti, altri nodi da sciogliere in merito a questo importante ruolo.
La letteratura costituisce un importantissimo legame tra Italia e Albania. Gli scambi interculturali favoriti dalla cultura letteraria sono un solido ponte che sovrasta il mare tra le due nazioni che, anziché dividere, unisce. La letteratura albanese ha una grandissima potenzialità compresa solo in parte, che merita una maggiore attenzione da parte delle case editrici, della critica e di tutte quelle istituzioni che hanno il dovere di sostenere il suo percorso di diffusione. Le prospettive future sono contorniate da grosse difficoltà, ma colorate da un rosso acceso del tutto meritato. L’interesse verso l’Albania è fortemente aumentato e vi è la certezza, tra gli appassionati e tra chi si adopera credendoci davvero, che anche quello verso la letteratura, che già sta conoscendo una reale crescita, possa ricevere i suoi giusti riconoscimenti se ben supportata. Ci sono diversi progetti in cantiere, pensati per trovare le soluzioni necessarie, affinché possano essere abbattuti i primi ostacoli. Uno tra i più importanti, è l’organizzazione di un convegno che coinvolgerà gli attori della filiera, critici, autori, traduttori, editori, al fine di sciogliere insieme almeno una parte dei punti nodali che impediscono la giusta divulgazione di questa notevole cultura letteraria.
* Critica letteraria, coordinatrice di Scuola Passaggi, è appassionata di lettere e letture con un occhio molto attento ai Balcani e ancora più nello specifico alla letteratura proveniente dall’Albania, di cui scrive per Albania Letteraria.