Linguisticamente isolata e graficamente complessa, la lingua georgiana è unica nel suo genere. L’abbraccio delle sponde montuose del Caucaso meridionale ha permesso alla Georgia di sviluppare un codice che non trova eguali in nessuna lingua indoeuropea, avvolgendo così la sua origine nel mistero.
La famiglia cartvelica
Sakartvelo. Con questo termine i georgiani si riferiscono alla propria nazione, la cui traduzione è proprio “terra dei Cartveli”. Proprio da qui si fa derivare la denominazione della sua famiglia linguistica di appartenenza. Insieme a mingrelio, lazo e svano, il georgiano fa parte delle lingue cartveliche, lingue che non presentano rapporti di parentela con nessuna famiglia linguistica al mondo e nessuna somiglianza con le lingue caucasiche nordoccidentali e nordorientali.
L’isolamento delle lingue cartveliche ha favorito la fioritura di numerose teorie circa la loro origine. Gli armeni riconoscono nel loro connazionale linguista e studioso Mesrop Mashtots (Hatsik, 361 – Echmiadzin, 17 febbraio 440) il creatore dell’alfabeto georgiano, il quale avrebbe addirittura insegnato loro come scrivere. Non troppo d’accordo con questa ipotesi, i georgiani accreditano la creazione del proprio alfabeto a Farnabazo I (III sec. a.C.), re ed eroe probabilmente mitologico dell’Iberia dell’antichità classica, parecchio antecedente a Mesrop. Ed è proprio l’Iberia il punto di partenza di teorie controverse.
Georgiani dell’Est e georgiani dell’Ovest
Mar Nero e Oceano Atlantico. Fiumi Kura ed Ebro. Regione caucasica e penisola iberica. Tbilisi e Vitoria-Gasteiz. Seppur Georgia e Paesi Baschi siano realtà ben distinte, nella storia di entrambe compare una parola specifica: Iberia. Con Iberia Orientale, gli antichi Greci e Romani facevano riferimento all’antico regno di Cartalia, una monarchia con capitale Mtskheta nata nel III sec. a.C. con Farnabazo I e caduta nel 580 con Bakur III. Per dirlo con parole più semplici, con Iberia si indicano i territori orientali e meridionali dell’odierna Georgia.
L’utilizzo del termine Iberia ha favorito in epoca medievale la nascita di teorie equivoche secondo le quali fra Iberia d’Oriente e d’Occidente, quella di spagnoli e portoghesi per intenderci, ci fosse un qualche legame di parentela. Come riportato dallo scrittore Giorgi Mthatzmindeli (1009-1065), queste ipotesi venivano considerate tanto valide che moltissimi georgiani, soprattutto nobili, si convinsero dell’esistenza dei cosiddetti “georgiani dell’ovest”. Alcuni sostengono questa teoria ancora oggi, facendo leva sulla somiglianza fra alcuni vocaboli, come herri (basco) ed eri (georgiano), “popolo”, e tagua (basco) e tagvi (georgiano), “topo”. Anche la toponomastica ha dato loro modo di supportare la loro tesi: il villaggio basco Sopela somiglia nel nome al georgiano sopeli, che significa proprio “villaggio”; la montagna euskadi Artxanda, spesso annuvolata, ricorda il georgiano archanda, ovvero “che non si può vedere”.
Questi dati, tuttavia, non sono considerati sufficienti, tanto che questa teoria oggi è semi-abbandonata. L’ipotesi più accreditata circa l’origine del georgiano è quella secondo cui il suo alfabeto sarebbe stato derivato dall’aramaico e dal greco, le cui prime iscrizioni sono comparse attorno al V sec. d.C. a Bir el Qutt, in Palestina. Ciononostante, gli equivoci e i misteri che circondano la sua nascita sono gli ingredienti che rendono ancora più affascinanti la lingua e la terra georgiana.
Kartuli Ena: qualche tecnicismo sulla lingua georgiana
Morfologia agglutinante, sette casi grammaticali, 7,4 milioni di parlanti in tutto. La lingua georgiana, nota ai nativi come kartuli ena, è tanto complessa quanto affascinante. La sua terra natìa è la Georgia nel regione caucasica meridionale.
Quello georgiano è un alfabeto estremamente fonetico, in cui viene pronunciata ogni lettera esattamente come viene scritta. Il loro suono, infatti, non viene influenzato da quelli limitrofi. Alle sue numerose trentatré lettere corrispondono trentatré suoni, a differenza dell’inglese, in cui a ventisei lettere corrispondono almeno quaranta suoni a seconda del dialetto. Tuttavia, l’alfabeto georgiano presenta soltanto cinque vocali, favorendo così parole con lunghissimi nessi consonantici, come mts’vrtneli (allenatore), gvbrdgvnis (“tirar fuori, strappare”) e gvprtckvnis (“lui ci sbuccia”). Con ben undici consonanti una in fila all’altra, il record è detenuto da vepkhvtmbrdghvneli (traducibile più o meno come “squarciatore di tigri”), vocabolo di origine antica e letteraria e oggi non più in uso.
Nelle sue forme scritte, il georgiano non presenta differenze né fra caratteri maiuscoli e minuscoli, né fra caratteri scritti a mano e stampati.
Altrettanto complessi sono i suoi sistemi nominale e aggettivale. La lingua georgiana possiede sette casi (nominativo, ergativo, genitivo, dativo, strumentale, locativo, avverbiale e vocativo), ognuno dei quali è munito di desinenze che permettono di concordare gli elementi della frase. Per questo motivo, l’ordine di soggetto-verbo-oggetto è piuttosto libero, anche se solitamente si predilige la struttura SOV, posizionando il verbo alla fine del periodo.
In questa lingua non esiste differenza di genere: il pronome che indica la terza persona singolare è sempre lo stesso, is.
Il georgiano non si serve di preposizioni per indicare concetti come la lunghezza, lo spazio e la profondità, ma di suffissi suddivisi in categorie, che devono rispettare la concordanza con i casi grammaticali.
Il sistema verbale georgiano è uno dei più complessi al mondo: quattro categorie verbali (transitivo, intransitivo, mediale e indiretto), tre tempi (presente, passato e futuro), due aspetti (perfettivo e imperfettivo), ognuno dei quali può presentare forme al modo congiuntivo e condizionale. Prefissi e suffissi dominano anche il sistema verbale per indicare categorie quali l’aspetto e il modo dei verbi. Curiosa è l’inesistenza del modo infinito: al suo posto, viene utilizzato il gerundio.
Più intuibile, ma non più semplice è invece il sistema di numerazione georgiano, che segue la logica vintigesimale: 20+10+1= 31; 20×2+3=43; 20×3+10+5=75.
In virtù delle sue caratteristiche complesse e particolari, la lingua georgiana viene definita isolata, priva di parentele con lingue turche, romanze, slave, germaniche e, in generale, indoeuropee. Per questo motivo, l’etichetta entro cui si è cercato di circoscrivere il georgiano, è quella di “lingue cartveliche”.
Se vi interessa la Georgia, non perdetevi la storia di trecento guerrieri caduti combattendo contro i persiani: i samasi aragveli georgiani. Ne abbiamo scritto qui.