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Quarantaquattro squadre. Tante hanno giocato tra il 1949 e il 1990 nella Ddr-Oberliga, la massima serie del campionato di calcio della Germania est.
Tra di loro anche il BSG Motor Suhl, club dell’omonima città della Turingia, nel sud-ovest della Repubblica democratica tedesca. I biancorossi, che attualmente militano in ottava divisione con il nome di 1. Suhler SV 06, detengono un primato poco invidiabile, ma eterno: quello di essere stati la peggior squadra di sempre nella storia della Oberliga.
Il nuovo Franz Beckenbauer
Al massimo livello del calcio tedesco-orientale ci erano arrivati dopo più di un decennio di tentativi. Dopo aver assaggiato nel 1971 la Ddr-Liga, la seconda divisione ed essere subito retrocessi, dal 1973 il Motor, legato all’azienda collettiva di veicoli e armamenti “Ernst Thälmann”, diventa uno dei protagonisti fissi del campionato. La formula prevede cinque raggruppamenti da dodici squadre e una fase finale che consiste in un girone all’italiana di andata e ritorno a cui si qualificano solo le prime classificate. Chi si piazza primo o secondo vola in Oberliga. In un decennio il Motor Suhl a giocarsi la promozione ci arriva quattro volte.
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L’ultima, nel 1984, è quella buona. A guidare la squadra c’è Ernst Kurth. Ha 43 anni e neppure lui, né da giocatore, né da allenatore ha calcato i campi della massima serie. È arrivato a Suhl nel 1980 e in poco tempo ha creato un buon mix tra giovani del vivaio e calciatori di esperienza. Alcuni di loro hanno già giocato in Oberliga. Come Erhard Mosert, classe 1950, regista di centrocampo, che ai tempi delle nazionali giovanili della Ddr era stato paragonato da Udo Lattek, ct dei pari età della Germania ovest a Franz Beckenbauer.
Mosert, che ha debuttato in prima divisione con l’Hallescher FC, ha pure all’attivo una presenza con la Nazionale maggiore e ha visto la sua carriera quasi interrotta nel settembre 1971 quando per sfuggire a un incendio divampato nella stanza d’albergo prima di una partita di Coppa Uefa con il PSV Eindhoven si è rotto la gamba in cinque punti. O come Klaus Schröder che a metà Anni Settanta dopo essere stato vice campione d’Europa con l’U18 nel ’72 aveva giocato nel Carl Zeiss Jena e nel Rot-Weiß Erfurt.
Il Motor Suhl non è pronto per l’Oberliga
Nonostante la rosa di discreto livello e qualche ambizione in pochi a Suhl osano sognare la promozione. I biancorossi però vincono il loro girone e nella fase finale arrivano dietro solo allo Stahl Brandenburg. Decisivo alla penultima giornata il pareggio 2-2 a Dessau con l’ASG Vorwärts grazie a una doppietta dell’attaccante 24enne Uwe Büchel. Quel punto significa Oberliga. L’entusiasmo, nella città famosa per la produzione di armi (dalle sue fabbriche usciva tra gli altri il Kalašnikov) e per essere stato sede del primo ristorante giapponese della Ddr, è tanto. Il problema è che il club non è pronto per la massima serie.
Anche se i giocatori della rosa sono già dall’anno della promozione dei professionisti de facto, ma dilettanti di diritto (premi di circa trecento marchi orientali della Ddr a vittoria, diventati ottocento in massima serie), le strutture non sono quelle adatte per affrontare la Oberliga. A partire dall’Auestadion, che si trovava nelle vicinanze di alcune abitazioni, da cui i tifosi osservavano le partite. “In cinque settimane venne rifatto tutto, tabelloni, riflettori, recinzioni e infermeria” racconterà Wolfgang Reuter, uno dei comprimari di quella squadra in un’intervista al Thüringer Allgemeine.
E nonostante gli ammodernamenti la situazione non migliorò di molto. “Facevamo gli allenamenti sulla forza nello spogliatoio – ha spiegato nel 2020 Henry Lesser, arrivato a Suhl proprio nella stagione di Oberliga – e quando mancava spazio andavamo in bus nella vicina Meiningen”. Condizioni non ottimali, con cui però la squadra di Kurth si affaccia al più importante palcoscenico del calcio della Ddr.
Un girone d’andata tremendo
Il precampionato è abbastanza incoraggiante, affrontano non sfigurando squadre della prima divisione polacca e ungherese, per esempio i magiari della Honvéd che in campo avevano Lajos Détári, all’epoca 21enne.
Le partite ufficiali sono però un’altra cosa. La prima, in casa davanti a 10mila spettatori, contro il Fc Vorwärts Frankfurt, è una mezza delusione. I biancorossi giocano bene ma perdono 1-0. Nel girone d’andata totalizzeranno un solo punto, alla terza giornata pareggiando 0-0 con il Chemie Leipzig. I gol subiti sono 42, di cui sei (a zero) presi dalla Dinamo Berlino in trasferta. Quel giorno come spiegherà Reuter avevano ricevuto all’intervallo la visita di un funzionario. Al 45′ erano solo 2-0 per i berlinesi e il dirigente si voleva assicurare che nessuno della Dinamo si facesse male, visto che da lì a poco si sarebbero giocate le qualificazioni mondiali.
La prima unica storica vittoria
Nel girone di ritorno va leggermente meglio. I punti totalizzati sono quattro, frutto di due pareggi e soprattutto di una vittoria. È storica, anche perché è l’unica. È il 9 marzo 1985 e in casa il Motor Suhl strapazza 3-1 il più quotato Wismut Aue. L’eroe di giornata è Roman Seyfarth, attaccante 21enne, uno dei giocatori più talentuosi in rosa, arretrato durante la stagione da punta a centrocampista offensivo. È sua la doppietta decisiva. A Suhl però si sta attendendo solo la matematica retrocessione.
Dai 10mila spettatori degli inizi la media si attesta intorno ai 5mila e nonostante l’atmosfera in squadra non sia mai stata negativa il destino del Motor è segnato. Alla fine la loro classifica dice 5 punti, frutto di 22 sconfitte, 3 pareggi e una vittoria. Peggio di qualunque altra squadra di Oberliga. Il BSG Motor Suhl, a cavallo della Wende, della Riunificazione, scivolerà lentamente nelle serie inferiori, cambiando nome in 1. Suhler SV 06. Poche le soddisfazioni, tra cui l’esordio nel VfB Leipzig in Bundesliga di Holger Bühner, uno che nella stagione 1984/1985 aveva giocato sette partite in Oberliga con il club. Nonostante tutto, molti giocatori e tifosi non hanno mai dimenticato quell’anno in cui Suhl giocava con le “grandi” della Oberliga.
Classe 1984, nato a Sesto San Giovanni quando era ancora la Stalingrado d’Italia. Germanocentrico, ama la Spagna, il Sudamerica e la Mitteleuropa. Collabora con Avvenire e coordina la rivista Cafè Rimet. È autore dei volumi “C’era una volta l’Est. Storie di calcio dalla Germania orientale”, “Rivoluzionari in campo” e coautore di “Non solo Puskas” e “Quattro a tre”.