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Come nasce l’idea di costruire un muro anti-migranti in Europa? Nell’estate del 2021, migliaia di migranti provenienti da Siria, Iraq, Afghanistan, Libia, Mali e Iran arrivano in Belarus’. Il fenomeno di per sé è abbastanza strano, dati gli sparuti rapporti economici e politici tra l’ex repubblica sovietica e questi paesi. Si scoprirà poi che il governo della Belarus’ aveva reso molto meno stringenti le leggi per ricevere un visto per motivi turistici ai cittadini mediorientali e nordafricani, rendendo se non altro sicuro – ma non certo poco costoso – avvicinarsi ai confini dell’Ue.
Il motivo è presto detto: Aljaksandr Lukašenka, il capo di stato della Belarus’, vuole in questo modo destabilizzare l’Ue facendo leva sul tema che più ha reso tesi i rapporti tra i paesi negli ultimi anni. L’azione arriva infatti in risposta alle sanzioni che l’Ue ha imposto a Minsk per aver falsato le elezioni del 2020 e aver represso brutalmente le proteste che si sono sollevate nel paese.
Una volta arrivati a Minsk e dintorni, i migranti vengono portati dall’esercito bielorusso fino ai confini con la Polonia e con la Lituania, e spronati a entrare illegalmente. A ovest del confine, però, la polizia polacca non fa sconti e impedisce ogni intrusione. A settembre, il governo polacco promulga lo stato d’emergenza nei voivodati di Podlaskie e Lubelskie, creando una “zona rossa” dai 3 ai 5 km, che ostacola anche giornalisti e organizzazioni internazionali di avvicinarsi al confine. Quando i migranti capiscono che non si può andare avanti, cercano di tornare indietro. Ma nemmeno quella via è più percorribile. La polizia bielorussa riporta tutti al confine e impedisce loro di tornare a Minsk.
Arriva l’autunno, poi l’inverno. Le temperature scendono sotto lo zero nella foresta di Białowieża che si estende dalla Polonia alla Belarus’. Il cibo scarseggia, l’acqua anche. Iniziano a morire a decine dal freddo e dalle violenze delle guardie di frontiera di entrambe le parti.
Grazie agli emendamenti alle leggi al Regolamento sulla sospensione temporanea o restrizione del traffico al confine e all’Atto sugli stranieri e l’atto sull’ottenimento della protezione per stranieri, il governo polacco fa in modo che le richieste di asilo vengano più facilmente respinte e che i migranti vengano ricacciati alla frontiera senza dar loro possibilità di presentare richiesta d’asilo, o portati in centri di detenzione. Queste azioni sono valse alla Polonia le accuse di violare il principio di non refoulement.
Alla fine del 2021, la guardia di frontiera polacca aveva registrato 40mila tentativi di varcare il confine con la Belarus’.
L’idea più semplice: un muro di confine
La situazione è critica e il governo polacco è noto per le sue posizioni contro l’accoglienza dei migranti che entrano senza seguire le procedure legali. Il 26 ottobre, di tutta fretta, il Senato approva un disegno di legge del Consiglio dei ministri che dà il via libera alla costruzione di un muro sul confine bielorusso.
Come si legge in molte dichiarazioni e note ufficiali, il governo ci tiene a rappresentare il muro come la barriera che difende l’Europa sul suo “confine esterno”. Questo aspetto non è trascurabile: la Polonia si erge da tempo a baluardo dell’Europa e dei valori cristiani tramite i quali è spesso raffigurata nell’immaginario comune; e questa narrativa torna in auge con l’arrivo massiccio di migranti dall’Africa e dal Medioriente dagli anni 2000 in poi.
A occuparsi della costruzione del muro è Marek Chodkiewicz, ingegnere che collabora con il governo dalla fine degli anni Novanta (con un recente passato negli apparati dell’intelligence), il quale viene nominato come vero e proprio plenipotenziario per l’edificazione della barriera. Grazie alla legge pensata ad hoc per quest’opera (legge sulla costruzione della sicurezza dei confini statali, entrata in vigore il 4 novembre 2021), la costruzione del muro non è soggetta alle disposizioni del diritto edilizio, del diritto idrico o del diritto ambientale, ed è esclusa anche la normativa sugli appalti pubblici.
Chodkiewicz appalta arbitrariamente la costruzione del muro alle ditte Budimex S.A. e Unibep S. Il 25 gennaio 2022 iniziano i lavori, che costeranno quasi un miliardo e mezzo di złoty (circa 350 milioni di euro). La realizzazione avviene con 5mila tonnellate di pali d’acciaio alti cinque metri, sormontati da una bobina di filo spinato lunga mezzo metro. Il 30 giugno il primo ministro Morawiecki annuncia la fine dei lavori. Il muro si estende per esattamente 186,25 chilometri – solo nel Voivodato di Podlaskie (non ci sono barriere in aree paludose e umide, per esempio).
Il (non) senso di un muro
I muri non hanno sempre senso. Anzi, sono quasi sempre poco più che una pubblicità. Dietro al muro con la Belarus’ c’è il mondo, c’è l’Europa. La Guardia di frontiera polacca asserisce che in due anni sono stati registrati circa 75mila tentativi di oltrepassare il confine, di cui ammessi in centri detentivi 5.170, vanificando i rimanenti. I dati forniti dalla Guardia di frontiera tedesca, però, smentiscono la versione di Varsavia: sembra che dall’inizio della crisi almeno 33mila persone siano arrivate in Germania dalla Belarus’ attraverso la Polonia. E si tratta solo di dati della Bundespolizei: non sappiamo quante persone siano passate inosservate dalla Germania e siano state registrate solo in Francia, Gran Bretagna, Scandinavia o Benelux.
I muri vengono aggirati, scavalcati, o si trovano nuove vie per andare oltre. L’unica differenza è che per farlo muoiono molte più persone, e molte ancora soffriranno maggiormente per raggiungere una terra di speranza. Gli unici a beneficiarne sono le aziende costruttrici e i produttori di armi, nonché la reputazione dei politici che possono così facilmente fregiarsi del titolo di difensori della patria.
La barriera polacca ha 24 check-point (in media ogni 8 km) e un centinaio di porte di servizio che possono essere utilizzate durante la migrazione dei grandi animali mammiferi. I migranti che oltrepassano il muro e vengono catturati dalle guardie di frontiera vengono condotti nei cosiddetti “centri sorvegliati per stranieri”, ovvero centri di detenzione dove viene eventualmente valutata la richiesta di status di rifugiato, spesso in condizioni complesse non favorite dalle guardie di frontiera. La Guardia di frontiera dispone di 6 centri sorvegliati per stranieri con quasi 1.200 posti.
Ad oggi, almeno 220 persone hanno perso la vita al confine tra Polonia e Belarus’, stroncate dal freddo, dalla fame, dal filo spinato o dalle violenze subite delle guardie di frontiera.
Un muro anti-migranti poco verde sul “green border”
Nel gergo delle relazioni internazionali, un “green border” (confine verde) è una parte labile e difficilmente controllabile tra due paesi. Generalmente questo indica una foresta o un bosco (da qui l’appellativo di “verde”). Il muro polacco passa attraverso la foresta di Białowieża, area patrimonio Unesco e uno dei corridoi più importanti per gli spostamenti della fauna selvatica tra l’Europa orientale e l’Eurasia. L’ospite sgradito di cemento blocca totalmente o parzialmente le rotte migratorie di molte specie animali – come il lupo, la lince, il cervo rosso, le popolazioni in via di recupero di orso bruno e la più grande popolazione rimanente di bisonte europeo – e danneggia la flora locale, portando a danni irreparabili nel prossimo futuro.
Per questo motivo, scienziati, organizzazioni non governative e la commissione ambientale del Parlamento europeo hanno sollevato dubbi sull’impatto ambientale della barriera e sulla sua conformità alle direttive dell’Ue. Il governo sostiene invece che non serva una valutazione ambientale, e che il muro potrebbe addirittura favorire la fauna locale che avrebbe meno a che fare con esseri umani – dimostrando una sfacciataggine invidiabile.
Un muro e due film
Il muro è anche il protagonista sordo e muto di due film usciti nel 2023. Il primo è Zielona granica (Il confine verde), della regista Agnieszka Holland, famosa per i suoi film a sfondo sociale. Il film – che ha vinto il premio speciale della giuria al festival del cinema di Venezia – rappresenta le violenze subite al confine dai migranti per mano delle guardie di frontiera di ambo i paesi.
Come avevamo scritto in questo articolo, Holland è stata accusata dal governo e dai partiti di estrema destra di distorcere la realtà dei fatti ed essere antipatriottica. Il PiS (Diritto e Giustizia, partito al governo in Polonia prima delle elezioni del 15 ottobre) ha tentato di imporre la proiezione di un video introduttivo al film che affermasse che i fatti riportati sarebbero fuorvianti – proposta che non ha però trovato consenso tra i lavoratori del settore cinematografico, che si sono ribellati in massa al diktat di partito.
Un secondo film – questa volta documentario e con marchio anche italiano – è Mur (Il Muro), l’opera prima da regista di Kasia Smutniak, polacca naturalizzata italiana e protagonista di molti film e serie tv tra le più popolari nel nostro paese. In Mur, Smutniak prende la telecamera e torna nella sua terra natale per documentare in prima persona ciò che avviene lungo il confine fortificato a est di Varsavia.
Grazie all’aiuto di Ong e attivisti, riesce a recarsi nella zona rossa vietata ai giornalisti e mostra tutto il dolore, tutta la crudeltà e tutta la distanza che possono creare i muri, sia quelli fisici che quelli mentali, o politici, per così dire. Ma mostra anche l’ipocrisia di un paese, la Polonia, e di un continente, l’Europa, che apre (giustamente) la porta a milioni di ucraini in fuga dall’assedio russo, e sbatte la porta in faccia ad africani e mediorientali che scappano da analogo orrore.
Laureato in European and Global Studies, ha trascorso due anni in Polonia, prima a Cracovia per studio, poi a Danzica lavorando per la Thomson Reuters. Ha scritto una tesi di laurea magistrale sulla securitizzazione della gestione della pandemia da coronavirus in Polonia, e una tesi di master sull’infuenza politica della Conferenza di Helsinki in Polonia negli anni Settanta ed Ottanta