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Niet, la band di culto che spinge a guardare l’animo nel profondo

I primi passi mossi da un gruppo di teenager ribelli che da Lubiana hanno avuto il coraggio di gridare il disagio dei giovani, l’insoddisfazione di una generazione e l’alienazione degli emarginati. Il successo raggiunto con due hit a metà strada tra punk e new wave, che raccontano la sofferenza e lo smarrimento umano – Depresija e Lep dan za smrt. Poi la morte per overdose del cantante Primož Habič nel 1991, la lunga pausa e, infine, il ritorno sulle scene. Oggi i Niet guardano ancora alla sofferenza dell’animo umano, ma con una maggiore consapevolezza ed esperienza maturate nel tempo. 

Costituiti tra la fine del 1983 e l’inizio del 1984, i Niet stanno festeggiando quattro decadi di viaggi musicali ed esibizioni dal vivo. In occasione della ricorrenza, il 24 maggio scorso la band si è esibita durante un’attesissima serata al teatro Križanke. Nonostante la capienza del luogo, i tremila biglietti del concerto sono andati esauriti già un mese prima dell’atteso evento, a testimonianza della popolarità e dell’apprezzamento che il gruppo ha saputo conservare nel corso degli anni. Tra l’altro, il luogo del concerto è pure simbolico e familiare al gruppo. Come ha dichiarato prima di salire sul palco il chitarrista nonché portavoce della band Igor Dernovšek:

al teatro Križanke in passato ci siamo fatti notare al Novi rock ‘84. Poi, dopo un lungo periodo di assenza, ci siamo tornati nel 2008. Nel 2010 abbiamo scelto lo stesso teatro per promuovere il nostro album Trinajst (Tredici). E infine, eccoci di nuovo qui.

Igor Dernovšek

Ma quello che a prima vista potrebbe essere inteso come un percorso musicale creativo lineare e longevo, è stato invece una strada parecchio tortuosa, caratterizzata da scioglimenti e riprese in varie occasioni, soprattutto a seguito di lutti pesanti che hanno segnato la band del capoluogo sloveno, decretandone altresì lo status di “band di culto”.

Se ti interessa la musica slovena dai un’occhiata qua.

Gioventù confusa e felice?

Correva l’anno 1983 e nella primissima versione invernale il gruppo era composto da Primož Habič al microfono, Igor Dernovšek alla chitarra, Aleš Češnovar al basso, e Tomaž Bergant Breht alla batteria. Poi, nel maggio del 1984, il batterista fu sostituito dal nuovo membro – Tomaž Dimnik. La giovane Tanja Ukmar divenne la seconda cantante, condividendo il palco con il frontman Habič. Le canzoni proposte erano corte e contraddistinte da ritmi incalzanti e spesso ripetitivi. La band fu subito consacrata come una tra le realtà più promettenti nel panorama musicale dell’ex Jugoslavia.

A settembre del 1984 l’etichetta Škuc pubblicò l’esordio su cassetta dal titolo Srečna mladina (“Gioventù felice”). Fu un titolo in netto contrasto rispetto al disagio che traspariva in modo chiaro nei testi e rispetto al tipo di performance che i Niet riuscivano a portare sui palchi in quel periodo. Al suo interno si trovano tredici brani, tra cui Izobčeni (“Gli emarginati”), Strah (“Paura”), Melanholija (“Malinconia”), Ni izhoda (“Senza via d’uscita”), Frustracije (“Frustrazioni”) e altre ancora. Data la tiratura limitata di sole duecento copie Srečna mladina divenne negli anni seguenti la cassetta più copiata nella storia della musica alternativa slovena.

La band chiuse l’anno col botto, incidendo la canzone Lep dan za smrt (“Una bel giorno per morire”), che è tutt’oggi una delle canzoni più penetranti del panorama punk-rock sloveno: il testo, che può essere letto come una poesia contro le guerre, sembra rimandare alle atmosfere del poeta polacco Tadeusz Różewicz. L’anno seguente furono in tournée in Francia e in molte città dell’ex Jugoslavia. Suonarono pure a Trieste, sentenziando dinanzi al pubblico prima di attaccare con le chitarre: “il disco è finito – il punk comincia!” (frase diventata poi celebre grazie all’inclusione di alcune canzoni della medesima serata nel disco Niet live). Infine, a gennaio del 1986 inanellarono ben tre concerti di fila a Belgrado.

Per quanto concerne la tappa triestina, il chitarrista Igor Dernovšek ci ha rivelato:

se non ricordo male, abbiamo accettato l’invito da parte del Partito Comunista italiano, arrivatoci a Lubiana, per suonare a Trieste. Quando poi gli stessi organizzatori della serata hanno capito che tipo di band rumoristico si trovavano dinanzi, non erano tanto felici della scelta. Di quella serata ricordo che ci hanno portato delle pizze e che abbiamo finito la birra subito. Non ho altri ricordi però del concerto in sé. In generale, la risposta del pubblico durante quel tour era buona, e così è stato anche nella città triestina. Anche quando non ci riusciva di suonare bene, il nostro stile e il genere di musica che proponevamo sapevano catturare l’attenzione del pubblico. Soprattutto i nostri brani hardcore erano molto apprezzati.

Igor Dernovšek

Addio a Habič, “frontman carismatico dalla voce fenomenale”

La band si sciolse momentaneamente nel 1988, quando alcuni dei suoi membri furono chiamati a espletare gli obblighi di leva militare. Nell’autunno dello stesso anno il gruppo smise di suonare, stando alla testimonianza di Dernovšek, per mancanza di volontà, a causa delle donne e delle droghe. L’annus horribilis dei Niet fu però il 1991: in una giornata primaverile Habič si spense prematuramente, in maniera a dir poco tragica, per overdose di eroina. Paradossalmente, una delle voci più carismatiche, grintose e squisitamente malinconiche si spense proprio nell’anno della conquista dell’indipendenza slovena.

Alla nostra richiesta di descriverci Habič, Dernovšek ha così risposto:

era un frontman eccezionale: carismatico e dotato di una voce unica. Allo stesso modo con cui sapeva intrattenere il pubblico sul palcoscenico era in grado di intrattenere e farsi voler bene dagli amici. Era così anche nella sua vita personale: vivace, spensierato, interessante, anche un po’ mattacchione. Nel contempo era molto umano, con un grande senso per la giustizia e l’equità. È però anche vero che non potevi affidarti del tutto a lui. Se non era ben disposto saltava le prove, i concerti o le registrazioni in studio. E, ad onor del vero, aveva un po’ di difficoltà a memorizzare i testi delle canzoni – forse proprio per questo i nostri testi erano all’inizio così corti.

Igor Dernovšek

I Niet oggi

Oggi il frontman stabile e irremovibile dell’ensemble lubianese è Borut Marolt, che si destreggia tra i palcoscenici, le interviste sui media nazionali e locali e la sua professione di dirigente di un istituto scolastico/professionale di Logatec. Marolt ha lasciato l’impronta sui lavori incisi dai Niet e le performance eseguite dal 2008 in poi, ed è presente soprattutto negli album Trinajst (“Tredici”), pubblicato nel 2010, e V bližini ljudi (“A fianco della gente”) del 2015. La sua voce rievoca almeno in parte quella del primo cantante Primož Habič, ma ha anche un colore e una timbrica propri, dunque riconoscibili.

Assieme a Borut Marolt hanno inciso qualche mese fa una nuova canzone dal titolo Tema rjove skozi mesto (“L’oscurità ruggisce sopra la città”). Il 2024 è stato particolarmente prolifico, vista la pubblicazione della collezione dei brani più rappresentativi, Pa tako lep dan je bil 1984 – 2024 (“Ed era un così bel giorno 1984 – 2024”), che contiene i pezzi Depresija (“Depressione”), Ritem človeštva (“Il ritmo della civilità”), Molk (“Silenzio”), Heroj (“L’eroe”), Vijolice (“Violette”), Lep dan za smrt (“Un bel giorno per morire”), Februar (“Febbraio”), Tvoje oči (“I tuoi occhi”), Sam (“Da solo”), Ruski vohun (“La spia russa”), Vsak dan se kaj lepega začne (“Ogni giorno è l’inizio di qualcosa di bello”), Bil je maj (“Era maggio”), Dekle izza zamreženega okna (“La ragazza dietro la finestra a sbarre”), Ti in jaz in noč in večnost (“Tu e io, la notte e l’infinito”), Rad imam dež (“Adoro la pioggia”).

Come hanno dichiarato recentemente i membri della band, “in questi quarant’anni di attività abbiamo avuto alti e bassi”, puntualizzando: “mai avremmo potuto immaginare che, dopo quattro decenni, la nostra musica sarebbe stata ancora così socialmente rilevante e in grado di appassionare le nuove generazioni di ragazze e ragazzi. Proviamo gratitudine verso coloro che ci hanno accompagnato in questo percorso e che continuano a supportarci ancora oggi, incoraggiandoci e seguendoci durante i tour col solito affetto e partecipazione”.

Due periodi storici, una band e le sue molte anime

Quando si parla dei Niet si deve necessariamente riconoscere che c’è un prima e un dopo la morte di Primož Habič. Si può pertanto ipotizzare che esistono due versioni dei Niet distinte e distanti nel tempo? Chi avesse bisogno di una risposta definitiva a questo quesito rimarrà deluso. Per molti versi, la storia dei Niet è quella di un gruppo di successo, tra i più acclamati in Slovenia. Il loro stile è rimasto riconoscibile negli anni, come del resto le canzoni di punta, conosciute a memoria da chi oggi ha vent’anni, alla pari di quanto accadeva nel periodo iniziale del gruppo quarant’anni fa ed in seguito, quando divenne l’ensemble di punta della scena punk-hardcore di Lubiana.

Sin dagli albori, le canzoni dei Niet sono state intrise di uno spirito ribelle e non convenzionale. I testi sono molto diretti e nell’introdurre situazioni di disagio e insoddisfazione non cercano mai la via del compromesso. Forse anche per questo hanno saputo sin da subito far breccia nei cuori di migliaia di giovani sloveni, che si sono riconosciuti in uno stile musicale asciutto, talvolta malinconico, ma allo stesso tempo deciso e grintoso. Ancora Dernovšek:

l’importanza del gruppo per la scena slovena è aumentata considerevolmente negli anni Novanta, a seguito del primo scioglimento del gruppo. All’appeal generale hanno sicuramente contribuito la morte tragica di Primož Habič e le molte leggende costruite e legate al nome Niet in quel periodo. Infine, anche il successo del grunge, con i Nirvana in testa, hanno aumentato l’interesse verso il repertorio musicale dei Niet. Quel che è secondo me degno di nota è il fatto che tutta questa popolarità non ha intaccato minimamente lo status di band di culto di cui godiamo.

Igor Dernovšek

Non c’è dubbio sul fatto che, grazie al suono punk al limite dell’hardcore, la band ha influenzato il corso evolutivo della musica alternativa slovena e rimane oggi tra gli esponenti più prolifici e longevi nel contesto del punk europeo.

Tra i temi ricorrenti nei testi delle canzoni dei Niet possiamo annoverare:

  • l’alienazione soggettiva e il senso di smarrimento nella società: “ubriaco e in lacrime / disteso in un angolo / solo tra i pensieri / solo tra la gente” (Depresija);
  • la condizione umana degli individui, caratterizzata dal bisogno di procedere lottando in un mondo che è costantemente pronto a spegnere le speranze: “è rimasto da solo / e più vicina è la fine minore è la paura” (Sam);
  • la notte, che spesso funge da cornice alle esperienze raccontate nelle canzoni e risulta il rifugio prediletto da una vita lontana dal sole: “alle nostre spalle gli ipocriti e i bugiardi / davanti a noi le stelle e il cielo / apri gli occhi, ammira / non temere, fidati di me” (Ti in jaz in noč in večnost);
  • il disagio delle persone ai margini della società: “la loro lotta è impotente / e i giorni se ne vanno vuoti come i loro passi / gli emarginati in fila, in fila, in fila… (Izobčeni);
  • l’inefficacia della ribellione, dato che “silenziosamente ogni ribellione si trasforma in rivoluzione / la rivoluzione porta con sé il nuovo potere” (Ritem človeštva).

A differenza di quanto accadeva nel periodo tra il 1983 ed il 1988, però, i suddetti temi sono oggi approcciati dalla band con maggiore consapevolezza e una minor dose di nichilismo, a favore di una speranza in una società migliore e più attenta a non mandare in frantumi le speranze dei giovani.

L’11 ottobre sarà possibile ascoltare i brani dei Niet dal vivo nella cittadina slovena di Izola, non distante da Trieste. Inoltre, per i fan del gruppo e i collezionisti c’è un’altra buona notizia: a novembre dovrebbero uscire un libro e un nuovo film-documentario sui Niet. Buon ascolto, buona lettura e buona visione a tutti!

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Mitja Stefancic
Mitja Stefancic

Nato a Trieste, dopo gli studi conseguiti all’Università dell’Essex e all’Università di Cambridge, è stato cultore in Economia politica all’Università di Trieste. È stato co-redattore della rivista online di economia “WEA Commentaries” sino alla sua ultima uscita. Si interessa di economia, sociologia e nel tempo libero ha seguito regolarmente il basket europeo ed in particolare quello dell’ex-Jugoslavia nel corso degli ultimi anni. Ha tradotto per vari enti ed istituzioni atti e testi dallo sloveno all’italiano e dall’italiano allo sloveno.