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Femminismo e poesia in Croazia: “Non leggi le donne” di Olja Savičević Ivančević

Il corso di lingua croata all’università di Udine avvicina gli studenti di mediazione culturale al mondo della traduzione, grazie alla guida della docente e traduttrice Elisa Copetti. Durante una lezione, poche settimane fa, è stata proposta questa poesia. Leonora Raijć ed io, che frequentiamo il corso, ci siamo occupate della traduzione di “Ne čitaš žene”, da cui siamo rimaste profondamente colpite per la sua immediatezza e per la sua forza nel mettere a nudo dei passaggi cruciali nella relazione uomo/donna. L’autrice ha inoltre accettato di rispondere ad alcune nostre domande in una intervista, che riportiamo integralmente.

“Normalmente non leggo le donne, ma mi piace il tuo libro”

È da qui, da questa affermazione, che è nata la poesia “Ne čitaš žene” (Non leggi le donne), come risposta. Ed è presto diventata un manifesto femminista nel mondo letterario croato.

Olja Savičević Ivančević intervistata da Nova.rs https://nova.rs/kultura/olja-savicevic-ivancevic-ljeta-s-marijom/
Olja Savičević Ivančević intervistata da Nova.rs

La poesia di Olja Savičević Ivančević, nota autrice croata contemporanea, scatta un’istantanea, con rabbia e rassegnazione allo stesso tempo, della situazione delle donne nel panorama letterario croato, e non solo. Versi che esprimono, in uno spazio e un tempo dilatati, tutto quanto le donne hanno subito nel mondo della letteratura, da sempre appannaggio prevalentemente maschile. “Non leggi le donne” parla agli uomini, ma possiamo sentirci coinvolti tutti e tutte dalle parole dell’autrice.

Per altre interviste e consigli letterari visita la nostra sezione Linguaggi!

Quante volte, come lettori o lettrici, ci siamo fermati a riflettere davvero sul numero di autrici donne presenti sugli scaffali del nostro salotto, nelle antologie scolastiche o nei programmi accademici, in vetrina nelle librerie o semplicemente nella nostra memoria? In un’intervista a Nova.rs, l’autrice spiega come la scrittura femminile rimanga ancora sinonimo di qualcosa di quasi banale, meno serio e impegnato rispetto alla produzione letteraria maschile. Mostra inoltre come sia necessario mettere in discussione il canone che ha condannato all’invisibilità molte donne colte e di talento, anche ai giorni nostri.

Dati e contraddizioni sulla situazione in Italia

Ma qual è la situazione femminile nel mondo letterario italiano? Emerge un quadro molto simile a quello che Savičević Ivančević mette in evidenza per la Croazia. Nel nostro paese, i programmi scolastici e accademici menzionano pochissime scrittrici: solo il 5% dei titoli proposti nei corsi universitari è scritto da donne. Un canone molto presente e rigido è quello per cui le opere considerate universali siano state scritte tutte da uomini. E questo è in controtendenza rispetto a chi legge e consuma la produzione letteraria. È infatti un dato noto che le donne leggano mediamente più degli uomini: come si coniuga questo con le statistiche? Quanto chiedono, le donne, di leggere altre donne?

Un punto cruciale che può favorire una nuova modalità di percezione delle donne nel mondo letterario è sicuramente l’educazione, ovvero ciò che avviene nell’ambito delle relazioni familiari e scolastiche, e come queste tendono o meno a trasmettere messaggi di equivalenza. Ed è attraverso la capacità di filtrare le comunicazioni dall’esterno in cui siamo tutti immersi, tutto il tempo (social media, internet e società stessa) che si delinea una nuova possibilità per smascherare ed indebolire la disuguaglianza. Rispetto ad alcuni decenni fa la narrazione di genere è profondamente cambiata, tuttavia il discorso patriarcale non è scomparso, né dissolto, e molto spesso si ripresenta in modi difficilmente identificabili.

La raccolta di poesie “Divlje i tvoje”

Ci si immerge completamente in questa visione durante la lettura della settima raccolta di Olja Savičević Ivančević, “Divlje i tvoje” (Selvagge e tue) pubblicata da Fraktura nel 2020, una lettura seducente sia per gli appassionati di poesia sia per i lettori che si avvicinano più raramente alla produzione in versi. Una posizione scomoda quella dell’autrice, come è da sempre quella di chi scrive, che presuppone uno sguardo vigile e un’attenta critica della realtà: preserva con forza emozioni come l’amore e l’amicizia, affronta le relazioni di genere, nel tentativo di decostruire gli ordini sociali canonizzati. Lo fa con una particolare cura al legame tra il passato e il presente, tra l’io e l’altro, accogliendo e considerando che si tratta di polarità solo immaginate dalla mente: noi e gli altri, gli altri e noi si confondono e, ad un livello di esperienza profonda e interiore, si rivelano essere uno.

La copertina della raccolta pubblicata da Frattura https://fraktura.hr/divlje-i-tvoje.html
La copertina della raccolta pubblicata da Fraktura

Il tutto pervaso da una intrinseca prospettiva femminile e femminista: la necessità dell’uguaglianza di genere nel presente, ma anche la correzione delle ingiustizie del passato e la consapevolezza di quanto l’educazione giochi un ruolo determinante nella graduale dissoluzione degli schemi patriarcali che ancora pervadono il nostro mondo.

Non leggi le donne

Dici che non leggi le donne

Cosa potrebbero dirti 

Ti hanno insegnato a parlare

Ti hanno insegnato a camminare

Ti hanno insegnato a mangiare

Ti hanno insegnato a pisciare

Ti hanno insegnato a fare l’amore

In realtà cosa potrebbero 

Dire di te

E della tua esperienza

Tutti questi secoli non ne hanno messa al mondo*

Una che fosse grande

Come il grande scrittore

A cui lavava le calze 

Dici che non leggi le donne

Le donne ti hanno insegnato a leggere

Insegnato a scrivere

Insegnato a vivere

In realtà, ragazzo

Tutto questo è stato

Nel migliore dei casi

Un lavoro inutile

* [N.d.T.] Si è scelto di tradurre con “mettere al mondo” il verbo iznjedriti che, come spiega la stessa autrice nell’intervista che segue, è una parola carica di significati: generare, dare alla luce, ma soprattutto nutrire al seno. Mettere al mondo ci è sembrata la formula più completa per rendere il senso di una somma di azioni messe in atto dalle madri verso i propri figli, nel lungo elenco nella poesia: non si tratta esclusivamente di partorire e allattare, ma di far apprendere al figlio la complessità dello stare al mondo, dai gesti essenziali come camminare e mangiare, a comportamenti più strutturati nel compimento di una vita adulta.

Olja Savičević Ivančević sulla sua poesia femminista

Che tono, che sfumatura ha voluto dare alla sua poesia con la scelta della parola “iznjedriti”?

Penso che ‘iznjedriti’, sebbene arcaica, sia una parola estremamente bella per le immagini che evoca. Nel contesto della poesia ‘Non leggi le donne’, che appartiene al corpus della poesia impegnata, tale verbo è alquanto inaspettato, ma qui è usato in senso ironico. In questo modo, si ironizza sulla lingua della cosiddetta letteratura alta scritta da uomini nel corso della storia rispetto alla letteratura femminile banalizzata e apparentemente triviale. Ma il sostantivo njedra, da cui ha avuto origine questo verbo, indica i seni femminili, l’allattamento e per vicinanza il grembo materno, quelli che hanno cresciuto e nutrito l’umanità e, naturalmente, una manciata di bellissime poesie e libri, molti dei quali non firmati, anonimi, firmati con un altro nome (spesso uno pseudonimo maschile) o marginalizzati.

Cosa può dire in particolare una donna di un uomo e della sua esperienza?

Onestamente, non mi è mai importato di raccontare la mia esperienza a qualcuno che non fosse interessato, fino al momento in cui hanno iniziato a dirmi: “Normalmente non leggo le donne, ma mi piace il tuo libro”. Ho trovato questa affermazione totalmente pazza, immatura, divertente e triste, tutto allo stesso tempo. E non credereste a quanto sia comune. Così è nata questa poesia, come risposta. Certo, ci sono uomini molto interessati a ciò che le donne hanno da dire sia nella vita che nell’arte, così come ci sono donne che, per un inconscio disprezzo di sé, daranno sempre priorità al mondo e all’esperienza maschile. Ma gran parte delle donne, artiste e non, è cresciuta costruendo la propria esperienza e la propria tendenza artistica al di fuori di tale esclusività: includendo quindi sia autrici che autori. In questo modo si evita la creazione di stereotipi. Penso che solo una scrittrice o uno scrittore che tengono conto dell’esperienza integrale del proprio mondo possano creare un’opera completa.

A chi si riferisce con il “tu” con cui inizia la sua poesia?

Si tratta di rivolgersi a un uomo anonimo, tanti in effetti, ma “tu” indica una vicinanza. La maggior parte delle donne conosce molto bene il mondo maschile a cui si rivolgono i versi, anche se quello stesso mondo in realtà sa alquanto poco di loro/noi. La voce della donna è prevalente in questa poesia.

Olja Savičević Ivančević intervistata da Nova.rs
Olja Savičević Ivančević intervistata da Nova.rs
Come valuterebbe il ​​rapporto delle donne nella sua poesia con la figura materna (considerando la lunga lista di cose che le donne insegnano ai figli)?

Il rapporto con le antenate rappresenta una forte connessione con se stesse, con la storia personale, sia che si tratti di un legame o di un conflitto con la tradizione che rappresentano. Il rapporto tra figlia e madre è spesso uno tra i più stretti, ma allo stesso tempo può essere estremamente difficile, alla ricerca di reciproca comprensione. Nel corso della storia, le donne sono state spesso condannate e rifiutate dalla società anche per le più piccole deviazioni dalle norme e la maternità è stata elevata su un piedistallo e come tale è ancora oggi uno dei tabù più persistenti della società.

Qual è stata la risposta in Croazia dopo la pubblicazione della raccolta?

Insolitamente buona tra i lettori. Sta per essere pubblicata la terza edizione della raccolta “Divlje i tvoje”, cosa insolita per la Croazia. Certo, nei circoli ristretti delle letterature piccole, essere letti, soprattutto nel caso della poesia, spesso è il peggior crimine che i poeti possano commettere: ti mettono subito sotto una lente completamente diversa. Adesso scrivi per le persone. E per chi dovrei scrivere? Per due o tre critici? O per esibire la mia superiorità nei giochi di parole? Questo non mi interessa, non mi basta, volevo dimostrare che la poesia può essere rilevante e politica quando ha a che fare con la vita e questo non esclude affatto che abbia a che fare anche con il linguaggio. Molte delle poesie di “Divlje i tvoje” sono già apparse in libri di lettura/manuali scolastici/di letture e raccolte; sono anche state tradotte in lingue straniere. La poesia appartiene ai lettori, solo loro possono appropriarsene o lasciarla all’oblio.

La poesia come intento di unione

Alla raccolta “Divlje i tvoje” è stato conferito il premio montenegrino “Večeri poezije” (serate di poesia) Risto Ratković del 2020. L’autrice ha commentato l’assegnazione con alcune righe sul proprio sito:

“Viviamo in un’epoca di grandi sfide e per molto tempo non abbiamo avuto bisogno della poesia così apertamente come adesso, per avvicinarci nella nostra umanità e diversità, per confermare che non siamo soli. La mia fede nelle parole, nel potere silenzioso ma anche rumoroso della poesia, fin dall’infanzia non è altro che un’inclinazione persistente verso la vita e le persone, fede nella conversazione, accettazione reciproca, connessione.”

Seguendo il filo delle parole di Olja Savičević Ivančević, sembra quasi banale sottolineare come la categoria “scrittura al femminile” sia discriminante. È senz’altro più interessante indagare altre sfumature di relazione tra autori e autrici, tra questi e l’elaborazione dei loro personaggi, e ancora tra loro e i lettori/lettrici. Le relazioni all’interno del mondo della scrittura sono molto più complesse di una semplice definizione di genere letterario, molto più articolate dell’applicazione di un’etichetta su uno scaffale in libreria.

Si tratta del legame che unisce l’individuo all’individuo, nell’espressione della propria esperienza di esseri umani, di creature senzienti che abitano questo pianeta e che da sempre, dalla formulazione del primo pensiero consapevole, hanno avuto la spinta totalmente asessuata a voler comunicare con gli altri, e superare in questo modo una dicotomia che certamente esiste, ma è da vedersi come un patrimonio da condividere, non come un pretesto per creare categorie, o posizionarsi su livelli diversi. È il naturale bisogno di portare la propria esperienza, esserci per l’altro attraverso la narrazione di sé, che poi è sempre la narrazione di ognuno.

Immagine: Unsplash

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Serena Prenassi
Serena Prenassi

Appassionata di Est Europa e in particolare di ex Jugoslavia. Studia mediazione culturale presso l’Università degli Studi di Udine, approfondendo la conoscenza del serbo-croato e del russo. Ha partecipato (e lo farà ancora) a diversi progetti europei nei Balcani.