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Nel 1890 lo scrittore russo Anton Čechov inizia un viaggio attraverso la Russia che lo porterà all’isola di Sachalin, nell’estremo oriente. Lungo le strade da lui percorse verrà poi costruita, con alcune modifiche, la celebre ferrovia Transiberiana, completata a inizio Novecento (cui contribuirono anche alcuni italiani). Grazie a questo titanico progetto della Russia imperiale di Nicola II, il treno viene spesso associato al paese in particolare alla Siberia.
La costruzione di linee ferroviarie nel vasto territorio sovietico continuò nel corso del Novecento, grazie anche allo sfruttamento dei prigionieri del sistema GULag (Direzione Generale dei campi di lavoro correttivo). Tra i progetti riusciti vanno ricordate la BAM (Ferrovia del Bajkal-Amur) e la Ferrovia della Pečora, parte dell’odierna Ferrovia Settentrionale che oggi assicura il collegamento tra Mosca e Vorkuta nella Repubblica dei Komi. Esiste però un’altra linea dal destino meno fortunato: la Ferrovia Salechard-Igarka, conosciuta anche come Mërtvaja doroga, ovvero suppergiù la “Ferrovia morta”, parte di una più estesa “Ferrovia transpolare”.
Da Archangel’sk all’Alaska
L’idea di costruire una linea ferroviaria che collegasse le regioni settentrionali della Russia europea con l’Alaska risale ai tempi imperiali, quando l’Alaska era ancora russa. Il primo progetto venne presentato nel 1907, ma fu solo nel 1924 che venne inserito nel piano per lo sviluppo della rete ferroviaria sovietica. Pian piano gli obiettivi irrealistici di portare i treni fino in Čukotka o alla Repubblica Sacha (Jacuzia) vennero abbandonati, aprendo a progetti meno ambiziosi ma non meno titanici.
L’inizio dei lavori, come successivamente per la BAM, venne annunciato tramite una delibera segreta del Consiglio dei Ministri il 22 aprile del 1947; fino alla metà degli anni ‘80 infatti il pubblico non seppe dell’esistenza di questa ferrovia. Lo scopo iniziale era quello di costruire un porto nel villaggio di Mys Kamennyj (Capo Kamennyj) collocato alla foce dell’Ob’ nella penisola di Jamal, ma le acque del fiume si rivelarono non sufficientemente profonde. Il porto, riparato e collocato lungo la strategica (ancora di più ai giorni nostri) Rotta del mare del Nord, avrebbe consentito all’Unione Sovietica di controllare i flussi non più dalla sola Murmansk ma anche da un luogo più sicuro, in quanto lontano dall’Occidente.
Nonostante l’iniziale fallimento, si decise di continuare il progetto e costruire il porto nei pressi dell’altro grande fiume siberiano, lo Enisej. Questo però comportava la necessità di costruire una linea ferroviaria di 1300 chilometri che da Salechard (odierno Circondario Autonomo Jamalo-Nenec) arrivasse fino a Igarka (Territorio di Krasnojarsk). Sempre grazie alla fatica, e spesso alla vita stessa, dei deportati la ferrovia era già arrivata dalla regione di Archangel’sk al villaggio di Labytnangi, che il fiume Ob’ separa da Salechard, posizionata sulla riva destra. Il lavoro, iniziato nel 1949 e interrotto alla morte di Stalin nel 1953, non verrà mai completato. Solo la linea telefonica verrà conservata parzialmente dal 1955 alla caduta dell’Unione Sovietica e gestita dal Ministero delle Ferrovie.
Costruzione e sorti della “ferrovia morta”
I lavori per la nuova ferrovia vennero affidati alla GULŽDS (la sezione del GULag dedicata alle ferrovie) che decise di dividere il percorso in due sezioni: la 501 da Salechard e la 503 da Igarka, che si sarebbero incontrate presso il fiume Pur. La costruzione iniziò spedita nonostante le condizioni proibitive della località scelta: permafrost, mancanza di materiali, problemi logistici, condizioni climatiche avverse e sciami di insetti aggressivi. Inoltre, i lavoratori coinvolti erano in maggioranza prigionieri (anche politici) sotto il costante controllo degli agenti dell’NKVD (la polizia segreta che rispondeva al ministero degli Interni), privati di qualsiasi diritto e soggetti a trattamenti degradanti, in un ambiente già di per sé ostile.
In soli quattro anni, ovvero fino all’archiviazione del progetto, vennero costruiti più di 500 chilometri, completando circa la metà del percorso. Se nel 1953 il ramo 501 era già arrivato al punto d’incontro, la sezione 503 invece, a causa della scarsità di risorse (anche in termini di lavoratori), era rimasta decisamente indietro senza nemmeno oltrepassare il fiume Taz. Tra il fiume Pur e il fiume Taz non vennero nemmeno eretti i rilevati (cumuli di terra limitati da scarpate) per la posa dei binari.
Poiché la costruzione presentava numerosi ostacoli, sin dal 1949 si decise di non procedere alla costruzione di ponti sui grandi fiumi: i due giganti Ob’ ed Enisej e i già citati Pur e Taz. Nella stagione invernale il trasporto sarebbe avvenuto lungo piste aperte sulla superficie ghiacciata, mentre d’estate sarebbero entrati in funzione degli appositi battelli. Questo ovviamente non si rese mai necessario dal momento che le due linee non entrarono mai in funzione.
Le caratteristiche tecniche della “ferrovia morta”
Secondo i piani originali, gli incroci ferroviari, necessari per una linea a binario unico, sarebbero stati collocati ogni 9-14 chilometri, mentre le stazioni ogni 40-60. Si stimava che ogni giorno sarebbero passate sei coppie di treni a una velocità approssimativa di 40 chilometri orari. I principali insediamenti abitati sarebbero serviti anche da depositi.
Alcuni binari, ancora visibili in alcuni punti della tratta, sono di produzione sovietica, ma la maggior parte (circa 12 delle 16 tipologie identificate dagli esperti) risalgono alla Russia imperiale. Anche molti vagoni e locomotive vennero prodotti prima del 1917 o addirittura importati dall’estero. Dal momento che, a causa della mole di lavoro e delle condizioni estreme, venne presa la decisione di costruire una ferrovia di minor qualità, i binari e le traverse sono fissati tra loro con gli attacchi solamente nei punti di collegamento tra i diversi binari, rendendo la struttura meno sicura e più instabile.
Un futuro per la Ferrovia Salechard-Igarka?
Nel 2012 il servizio russo della BBC ha pubblicato un’intervista rilasciata da un’ex detenuta che aveva lavorato alla costruzione della ferrovia. L’articolo si conclude affermando che si era tornati a parlare del progetto. Sono trascorsi ormai 10 anni e nessuna nuova notizia è emersa a proposito di una eventuale ricostruzione di tale linea, perlomeno non nella sua forma originaria. Tuttavia, il Circondario Autonomo Jamalo-Nenec si trova in un punto strategico per due motivi: la presenza di enormi riserve di gas e idrocarburi e la posizione lungo la Rotta del mare del Nord che, a causa dello scioglimento dei ghiacci perenni, diventa sempre più accessibile e rappresenta un’attrattiva commerciale allettante (tanto che la Cina nel 2018 ha lanciato la sua Via della Seta Polare).
Proprio la posizione della regione, in quel caso forse più per motivi di sicurezza nazionale che commerciale, pare che avesse spinto alla costruzione di quest’opera ferroviaria nel 1949. Per quanto riguarda invece le riserve e la produzione di gas naturale, il Circondario Autonomo Jamalo-Nenec si colloca al primo posto tra le regioni russe (e al secondo per riserve di idrocarburi). Inoltre dalla penisola di Jamal giunge in Europa il gasdotto Jamal-Europa che, alla luce dell’attuale tentativo dell’Unione Europea di eliminare la propria dipendenza dal gas russo, rischia di diventare un inutile tubo di metallo di 4000 chilometri.
Attualmente nel Circondario Autonomo Jamalo-Nenec la Ferrovia “Sverdlovskaja” arriva a Novyj Urengoj dalla regione meridionale di Tjumen’, passando attraverso il Circondario Autonomo degli Chanty-Mansi-Jugra. Un’altra linea, costruita da Gazprom, collega Obskaja con Bovanenkovo lungo la penisola di Jamal e nel 2009 si è deciso di allungarla fino a Sabetta, porto e sede del terminal GNL (gas naturale liquefatto) “Jamal”.
Inoltre, è sempre funzionante la già citata linea ferroviaria “Settentrionale” che dalla Repubblica Komi (a ovest) arriva a Salechard. Al momento, per completare il progetto di epoca staliniana, mancano la connessione Salechard-Nadym (che era stata costruita tra il 1949 e il 1953, ma poi abbandonata e ora inutilizzabile) e il proseguimento da Korotčaevo verso Igarka. Quale sarà il destino di questo progetto lo decideranno gli interessi militari e commerciali.
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Laureato in Russian and Eurasian Studies alla Università Carolina di Praga e in Lingue e Letterature Straniere all'Università Cattolica, brevemente studente alla NSPU di Novosibirsk. Si interessa principalmente di ambiente, attivismo politico, diritti umani, società civile e libertà di informazione in Russia e Asia Centrale. Precedentemente ha collaborato con Scomodo e East Journal.