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Il 13 giugno 2010 Silvio Berlusconi – nostro primo ministro al tempo – vola in Bulgaria per inaugurare insieme a Boyko Borisov – allora al suo primo mandato da premier – una statua equestre di Giuseppe Garibaldi a Sofia. Collocata nell’omonima piazza (ploštad Džuzepe Garibaldi) in pieno centro città, l’opera porta la firma dell’artista e scultore bulgaro Georgi Čapkănov, autore anche del controverso monumento a santa Sofia, non lontano dalla cattedrale ortodossa Sveta Nedelja. L’eroe dei due mondi è rappresentato a cavallo, con la spada sguainata verso il cielo: ma qual è il suo legame con la Bulgaria?
L’esportazione della narrativa garibaldina
Le vicende del Risorgimento italiano hanno avuto particolare risonanza nell’est Europa, specie fra le popolazioni balcaniche, piegate tra il giogo austro-ungarico e quello ottomano all’epoca dell’unificazione dello stivale. Emblema degli ideali di libertà e patriottismo a cui aspirare, Garibaldi incarna il modello da seguire per il risveglio delle coscienze nazionali, alla conquista dell’agognata indipendenza.
I moti rivoluzionari europei del 1848 inducono l’impero ottomano a un certo allentamento del proprio giogo. La stampa è ancora sotto il controllo imperiale, il quale però acconsente alla fondazione di svariati periodici in lingua bulgara alla folta minoranza che popola Costantinopoli (Tsarigrad in bulgaro). Una di queste pubblicazioni, lo Tsarigradski vestnik (“Il giornale di Costantinopoli”) nel 1849 comincia a narrare le gesta di liberazione italiane, in particolare quelle garibaldine.
È l’inizio di una continua e dettagliata cronaca a cui si appassionano all’istante cerchie sempre più ampie di bulgari, immedesimandosi nel nostro popolo. Nel 1860 la rivista Bălgarski knižnitsi (“Lettere bulgare”), anch’essa stampata a Costantinopoli, pubblica in due fascicoli consecutivi la biografia di Garibaldi, affermando come il suo nome fosse già “noto persino ai più piccoli fanciulli in Bulgaria”.
Un contingente bulgaro per l’indipendenza italiana
Tra gli anni Cinquanta e Sessanta una folta rappresentanza di “bulgari garibaldini” (bălgari garibaldijtsi) prende parte ad almeno una delle imprese militari guidate da Garibaldi, compresa la spedizione dei Mille. I casi documentati sono più di venti, ma il numero effettivo è senza dubbio maggiore. Tra questi ci sono membri di movimenti indipendentisti, partigiani, ma anche semplici operai che in quegli anni si trovano in Italia. Non mancano episodi di lavoratori bulgari trascinati nelle schiere garibaldine dall’entusiasmo dei colleghi italiani, al tempo impiegati nella costruzione di nuovi impianti ferroviari nell’area dell’attuale Bulgaria.
Il garibaldino bulgaro più celebre è Petko Kirjakov Vojvoda. Nato nel 1844, frequentando la Scuola militare di Atene entra in contatto con i rivoluzionari italiani; affascinato dalla fama del condottiero nizzardo, decide fargli visita in Italia nel 1866. Diventati amici, insieme organizzano il “battaglione Garibaldi”, formato da 220 italiani e 67 bulgari, a sostegno dei cretesi nella loro rivolta contro gli ottomani tra il 1866 e il 1869. L’impresa gli vale preziosi insegnamenti sull’arte militare, nonché il titolo di capitano. Al rientro in patria inizia la sua attività di rivoluzionario e patriota, e nel 1877 partecipa alla guerra russo-ottomana, decisiva per l’indipendenza bulgara. Il busto marmoreo del capitano Petko Vojvoda figura tra quelli esposti al Gianicolo, a Roma.
L’influenza garibaldina nei rivoluzionari bulgari
Il primo organizzatore e ideologo del movimento rivoluzionario bulgaro, Georgi Rakovski, prepara nel 1861 un “Piano per la liberazione della Bulgaria” (Plan za osvoboždenieto na Bălgarija) ispirato alla formazione garibaldina dei Mille; oltre alle similitudini sul piano tattico, l’azione prevede infatti il reclutamento di mille volontari. Rakovski è inoltre il primo a impiegare un tricolore d’ispirazione italiana come emblema della nascente Bulgaria, tra il 1861 e 1862. Simbolo della legione di volontari bulgari a Belgrado, in questa primissima versione le bande orizzontali seguono l’ordine verde, bianco e rosso.
Nel 1869, un gruppo di emigrati bulgari fonda a Bucarest “La Giovine Bulgaria” (Mlada Bălgarija), un’organizzazione politica di stampo massonico che gode del supporto di Giuseppe Mazzini e Michajl Bakunin. Nel 1876 i rivoluzionari bulgari organizzano l’insurrezione di aprile (Aprilsko văstanie), soffocata nel sangue dalle forze ottomane. Nonostante il fallimento, la rivolta si rivela determinante per l’avvento dello stato balcanico; le brutalità perpetrate contro i bulgari suscitano scandalo tra le potenze europee e negli Stati uniti, facendo perdere l’appoggio dell’occidente all’impero ottomano. Nell’ottobre dello stesso anno, Garibaldi scrive da Caprera “agli amici bulgari di Bucarest”:
Miei cari Amici, Il popolo italiano ha le simpatie pel vostro popolo che meritano le sue sventure ed il suo eroismo. Io sono dolente di non poter personalmente dividere le vostre battaglie. Vi auguro costanza nella santa vostra missione e sono Vostro G. Garibaldi
Il 15 febbraio del 1877 scrive un’altra missiva da Roma al comandante rumeno Dunka:
[…] dite alla gioventù rumena, che voi, come i Bulgari, i Greci, i Macedoni, i Tessalonici, gli Albanesi, gli Epiroti e gli altri popoli dell’Oriente, dovete combattere sotto la bandiera della libertà finché ricacciate la Mezzaluna al di là del Bosforo […]
Non solo una statua di Garibaldi a Sofia
Nel marzo 1878 la Bulgaria viene infine liberata, al termine della guerra tra l’impero russo e quello ottomano, e gli auspici di Garibaldi si realizzano. Il popolo bulgaro esprime quindi la propria riconoscenza per l’eroe dei due mondi attraverso commemorazioni, articoli e libri dedicati alla vita, all’opera, ai ricordi legati al celebre italiano.
Il carisma di Garibaldi ha lasciato tracce anche nell’onomastica e nella lingua bulgara. Oltre alla serie di appellativi e soprannomi, talvolta anche ironici, in Bulgaria ci si può imbattere in cognomi d’ispirazione garibaldina, come Garibaldov o Garibaldiev. Tra le parole di uso comune ma ormai desuete nel bulgaro moderno ci sono garibaldija o galibardejka, a indicare un berretto simile a quello delle giubbe rosse, garibaldi, un tipo di blusa da donna, garibalda, una casacca da uomo; due accezioni d’uso dialettale sono galibardka, che designa un tipo di fucile, e galibardo, “tintura rossa da filati”.
Foto di copertina: La statua di Giuseppe Garibaldi a Sofia nell’omonima piazza (Giorgia Spadoni/Meridiano 13)
Traduttrice, interprete e scout letterario. S'interessa di letteratura, storia e cultura est-europea, in particolar modo bulgara. Ha vissuto e studiato in Russia (Arcangelo), Croazia (Zagabria) e soprattutto Bulgaria, dove ha conseguito la laurea in traduzione presso l'Università di Sofia “San Clemente di Ocrida”. Tra le collaborazioni passate e presenti East Journal, Est/ranei, le riviste bulgare Literaturen Vestnik e Toest, e l'Istituto Italiano di Cultura di Sofia. Nel 2023 è stata finalista del premio Peroto per la migliore traduzione dal bulgaro in lingua straniera e nel 2024 vincitrice del premio Polski Kot. Collabora con varie case editrici e viaggia a est con Kukushka tours.