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Piazza Majakovskij: oasi precaria di poesia e libertà a Mosca

Oggi sulle mappe è denominata piazza Triumfal’naja (Trionfale), ma nel gergo comune la chiamano ancora tutti Majakovka, piazza Majakovskij, dal nome della leggendaria statua eretta qui il 28 luglio 1958. Una statua e una piazza che si sono rese “faro” (non a caso majak in russo) per intere generazioni di cittadini sovietici e, oggi, russi. 

La statua dedicata al poeta che aveva cantato a suo tempo la Rivoluzione è opera del pluripremiato scultore Aleksandr Kibal’nikov (1912-1987), che proprio per questo suo Vladimir Majakovskij ricevette il prestigiosissimo premio Lenin. 

La statua dedicata a Vladimir Majakovskij (Wikipedia)

La nascita di una tradizione

La sera stessa dell’inaugurazione della statua, dopo i festeggiamenti ufficiali, iniziarono in maniera spontanea delle declamazioni e letture di versi di Majakovskij (ma non solo) da parte degli astanti.

Tra loro, come racconta Valentina Parisi nel suo prezioso Il lettore eccedente ove ricostruisce (tra le altre cose) il ruolo svolto dalla Majakovka all’epoca, era presente anche la sorella maggiore del compianto poeta, Ljudmila, che venne invitata a raccontare alcuni episodi biografici privati che offrivano uno sguardo diverso sulla figura glorificata dal regime entro determinati rigidi schemi. Schemi che non raccontavano affatto come Majakovskij si trovò presto a cadere, per riprendere parole di Viktor Šklovskij, in “un golfo morto, circondato da ogni parte da divieti”.

Profondamente deluso dal mondo che aveva contribuito a creare, com’è noto, Majakovskij venne trovato morto il 14 aprile 1930; nella lettera d’addio scrisse:

Non è una soluzione (non la consiglio a nessuno), ma io non ho altra scelta.

Quello che era sorto spontaneamente in occasione dell’inaugurazione divenne ben presto una consuetudine: attorno al “faro” di Majakovskij a partire da quell’estate del 1958 continuarono a trovarsi persone singole e gruppi anche diversissimi tra loro, per leggere e declamare poesie, ma anche per cantare, suonare e ascoltare della musica (sempre qui useranno ritrovarsi gli hippie nella seconda metà degli anni Sessanta, ad esempio). 

La Majakovka offriva un’oasi di libertà di declamazione poetica, dove poter trovare sensibilità affini alle proprie, ma anche per scoprire versi di poeti che erano stati obliati dai canoni letterari sovietici, in particolare i nomi del Secolo d’Argento o di chi era finito vittima delle fucilazioni bolsceviche.

È chiaro che le autorità mal sopportassero queste attività spontanee e questi “assembramenti” non autorizzati e, infatti, nel 1961 posero un divieto a queste letture, punendo anche con la reclusione alcuni dei partecipanti più attivi. Non fu però questa la fine della vita sociale e artistica della piazza: negli anni ci furono diversi tentativi di riportare in vita la tradizione del ritrovo, in particolare nel giorno dell’anniversario della morte di Majakovskij, il 14 aprile.

Piazza Majakovskij post-sovietica: poesia dissidente e repressione

Nell’epoca post-sovietica, la Majakovka è stata ancora scenario di ritrovi organizzati dal basso a tema poetico (e talvolta dedicati a temi specifici di attualità quali gli arresti arbitrari e altri abusi da parte delle autorità) in particolare dal 2009: ogni ultima domenica del mese, da aprile a ottobre. 

Nel 2022 nelle letture ha trovato riflesso l’invasione su larga scala dell’Ucraina: in particolare, quando è stata annunciata la mobilitazione “parziale”, i poeti della Majakovka hanno risposto dichiarando quelle del 25 settembre 2022 delle letture “anti-mobilitazione”.

La risposta delle forze dell’ordine non si è fatta attendere e appena quaranta minuti dopo l’inizio dell’evento la polizia ha effettuato arresti, da cui sono scaturiti dei procedimenti penali: il “processo ai poeti” si è concluso con le condanne a sette anni di reclusione per Artëm Kamardin (classe 1990), cinque e mezzo per Egor Štovba (classe 2000) e quattro per Nikolaj Dajneko (classe 1996). Sono tutti e tre considerati oggi “prigionieri politici” dall’organizzazione Memorial, tre degli almeno 768 prigionieri politici oggi presenti nelle strutture detentive russe.

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Martina Napolitano
Martina Napolitano

Dottoressa di ricerca in Slavistica, è docente di lingua russa e traduzione presso l’Università di Trieste, si occupa in particolare di cultura tardo-sovietica e contemporanea di lingua russa. È traduttrice, curatrice di collana presso la casa editrice Bottega Errante ed è la presidente di Meridiano 13 APS.