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Tatari di Crimea, bulgari e albanesi di Bessarabia, greci, gagauzi, ebrei, rumeni e rom d’Ucraina: sono tutti popoli che arricchiscono da secoli la tradizione musicale ucraina con i loro balli e canti dal suono esotico. Andrij Levčenko, musicista e studioso di musica tradizionale e strumentale ucraina, ce li presenta e racconta in un podcast per Urban Space Radio, una piattaforma digitale che sviluppa prodotti audio in lingua ucraina dal 2015 in diretta dal ristorante Urban Space 100 di Ivano-Frankivs’k, città dell’Ucraina occidentale.
Un podcast sulla musica delle minoranze
Una cinquantina d’anni fa, nel bel mezzo dei villaggi, delle campagne e delle montagne di tutta l’Ucraina, si potevano ancora ascoltare, cantare e ballare le melodie tradizionali, che venivano eseguite dal vivo durante feste, matrimoni o occasioni importanti da celebrare. Non c’erano spartiti, note o testi scritti da memorizzare: si imparava sul momento e seguendo l’estro. Simile al jazz per il suo essere non standardizzata ma ricca di improvvisazione e aperta a molte interpretazioni, la musica tradizionale è tornata oggi protagonista anche nelle città sotto molte forme in Ucraina.
Anche gli esperti non mancano e il giovane Andrij Levčenko è uno di loro. Un tempo ascoltava e suonava musica piuttosto diversa, principalmente heavy rock. Poi un giorno si è imbattuto nella musica tradizionale ucraina e ha iniziato a conoscerla più a fondo, da solo, diventando uno dei più giovani e migliori ricercatori sul tema e scoprendo, per caso, anche la musica delle minoranze nazionali. Costruttore di strumenti musicali e membro della US Orchestra (Ukrains’ka Sil’ska Orchestra), Andrij è co-fondatore dell’associazione Rys’(letteralmente: lince), che organizza vari eventi legati alla musica tradizionale ucraina, da feste a balli, a proiezione di film e progetti educativi per promuoverla e conoscerla.
Nell’estate del 2021, la redazione di Urban Space Radio si è rivolta a lui per produrre un podcast sulla musica delle minoranze: è nato così La musica racconta (Muzyka rozkaže) che, realizzato con il sostegno del Fondo culturale ucraino, condivide storie e curiosità sulla musica delle minoranze che Levčenko ha incontrato e registrato durante le sue spedizioni in diverse parti dell’Ucraina.
“Avevo un interesse personale a saperne di più su questa musica, un po’ perché l’ho ascoltata e amata, un po’ perché sapevo che esisteva”, spiega Andrij in un’intervista.
Scopriamo allora la musica che accompagna le danze tradizionali appartenenti ai vari popoli che hanno abitato e abitano ancora oggi le città e i villaggi del paese, e che hanno mescolato le loro tradizioni natie con quelle autoctone. I nomi esotici di freilech, hora e qaytarma ci parlano rispettivamente delle danze in cerchio dei greci di Nadazov’ja (regione settentrionale del Mar d’Azov), dei rumeni, dei bulgari e degli albanesi di Bessarabia e dei tatari di Crimea. Tutti balli che sono molto simili al kolo diffuso nei Balcani occidentali. Ad accompagnarli, canzoni, canti e suoni d’altri tempi registrati nelle case delle persone o durante qualche festa o evento particolare nei villaggi che Levčenko ha visitato.
Il podcast di Andrij si rivela ricco e interessante, sia in termini musicali che culturali, perché ci regala una panoramica dei popoli che ancora oggi abitano all’interno dei confini ucraini e di cui si parla sempre troppo poco, soprattutto dopo lo scoppio del conflitto del 24 febbraio 2022.
La ricerca dei suoi “eroi”, gli ospiti del podcast, non è stata una passeggiata perché queste comunità sono piuttosto piccole numericamente parlando e i musicisti, in particolare, si possono contare sulle dita di una mano (ad esempio, sono solo quattro i villaggi popolati dagli albanesi di Ucraina). Inoltre, il formato del podcast ha i propri limiti: la durata e il modo di raccontare la musica alternando dialoghi, storia e performance, spesso difficili da registrare o recuperare.
I greci di Nadazov’ja
Il primo episodio di La musica racconta ci porta a nord del Mar d’Azov, terra della minoranza greca. L’ormai nota città occupata di Mariupol’ e una dozzina di villaggi lungo la costa del Mar d’Azov sono stati fondati alla fine del XVIII secolo proprio da greci che vivevano nelle terre della penisola di Crimea, prima dell’annessione della penisola all’Impero russo. Quando i greci lasciarono la Crimea e fondarono questi nuovi insediamenti (i cui nomi richiamano quelli della Crimea) portarono con sé anche la loro musica, che si può ascoltare e ballare ancora oggi.
Tradizionalmente, suonavano il tulup-zurna, strumento simile alla cornamusa, e la daira, tamburo di legno molto diffuso in Azerbaigian e Afghanistan.
Oggi, queste melodie tradizionali vengono riprese dalla comunità greca locale e composte anche nelle lingue locali, ovvero la lingua greca mariupolitana (detta rumeika o greco di Crimea) e l’urum, una lingua del ceppo turco.
Su alfabeti e lingue, leggi tutti i nostri articoli qui.
I tatari di Crimea
La musica tatara di Crimea ha una lunga storia. Fino all’inizio del XX secolo, i tatari di Crimea suonavano le chitarre saracene (saz e bağlama), la zurna (strumento a fiato predecessore dell’oboe) e il santur, strumento a corde iraniano. Oggi gli strumenti utilizzati sono quelli diffusi nel mondo occidentale: violini, fisarmoniche e clarinetti accompagnano canti e suoni tradizionali nelle maggiori città dell’Ucraina, soprattutto a Kyiv, dove si trovano diversi ristoranti e locali tipici, perlopiù gestiti da tatari immigrati dopo l’annessione russa della Crimea del 2014.
Nella capitale, il noto “Musafir” accoglie quotidianamente musicisti che intonano melodie tatare autentiche mentre i clienti possono gustare la cucina locale.
Sulle cucine oltre il meridiano 13, vi invitiamo a sfogliare la nostra rubrica Palato in ESTasi.
I bulgari della Bessarabia meridionale
I bulgari iniziarono a insediarsi nelle terre della Bessarabia meridionale (oggi corrispondente al sud dell’oblast’ di Odessa) tra la fine del XVIII e l’inizio del XIX secolo. Durante le guerre russo-turche, i territori dell’Impero ottomano finirono sotto il dominio dell’Impero russo, dove i coloni ricevettero appezzamenti di terreno e benefici. Si formarono così la città di Bolhrad, i villaggi di Kubej e Horodnje (noto anche come Čyjšija) e altri piccoli insediamenti dove molti bulgari vivono ancora oggi.
Nella regione, Andrij Levčenko incontra Stepan Minkovskyj, un ottantaseienne suonatore di un antichissimo kemence, uno strumento ottomano (“piccolo arco” in lingua persiana), e Irena Kirimikči che ci racconta come i suoi nonni attraversarono il Danubio per insediarsi proprio a Čyjšija, rimanendo bulgari nell’anima e tramandando la musica e i canti tradizionali bulgari alle generazioni successive.
Dietro le quinte, lo stesso Andrij decide di cimentarsi come musicista bulgaro e suonare l’antico strumento a corde, ma senza grande successo.
I gagauzi della Bessarabia ucraina
Gruppo etnico di lingua turca ma di fede ortodossa, i gagauzi si sono probabilmente stabiliti nella Bessarabia meridionale circa 200 anni fa. Alla ricerca di condizioni di vita migliori fuggirono dalle terre natie anche loro, come i bulgari, attraversando il Danubio e portandosi dietro le loro tradizioni musicali: canti, danze e strumenti. Gli antichi strumenti a fiato e a corda stanno già scomparendo, sostituiti da armoniche viennesi, tamburi e cimbali.
Nel villaggio di Vynohradivka, però, c’è ancora qualche musicista più anziano che “strimpella” musiche tipiche con strumenti fai-da-te: l’importante è che le antiche melodie siano sopravvissute.
Insieme ai bulgari e ai gagauzi, anche gli albanesi popolano la regione che si affaccia sul Mar Nero, sul delta del Danubio. I loro antenati fondarono qui un solo villaggio, Karakurt, ma ci vivono da più di due secoli e parlano la loro lingua natia: l’albanese. La tradizione musicale qui mescola sinfonie bulgare, moldave, gagauze e albanesi, anche se di quest’ultimo repertorio non è rimasto molto, purtroppo. A Karakurt, Levčenko ascolta le storie e le melodie del sassofonista e armonicista Mychajlo Rusins’kyj, quasi ottantenne ma che continua a fare musica da sette decenni.
Gli ebrei di Ucraina
Gli ebrei vivono in Ucraina da moltissimi secoli e hanno quindi sviluppato una cultura distintiva con le proprie tradizioni musicali e la loro lingua, lo yiddish. Il XX secolo, con le sue guerre e la shoah, ha quasi completamente cancellato il mondo ebraico e i suoi parlanti, spesso emigrati altrove. La città ucraina di Uman’ rappresenta però un luogo speciale per gli ebrei di Ucraina e per moltissimi chassadici di tutto il mondo, che si riuniscono qui ogni anno per le celebrazioni del capodanno, il Rosh Hashanah.
In questo episodio di La musica racconta, Levčenko ritrova le registrazioni del folclorista ucraino Jevhen Jefremov di un cantante ebreo della Kyiv della fine degli anni Ottanta e alcuni canti in yiddish del capodanno chassidico.
Oggi la musica rom, come molte altre tradizioni musicali etniche, è stata sommersa da miti e stereotipi e la maggior parte delle canzoni sono conosciute come “romanticismo gitano”. L’autentica musica rom ce la fa conoscere in questo podcast Valeriy Suchomlynovyj, il quale ci parla anche di un film noto anche in Italia, Anche gli zingari vanno in cielo, pellicola sovietica del 1976 diretta da Emil Loteanu.
Sui rom di Ucraina, vi consigliamo di leggere il capitolo Il barone Ol’ha Petrivna di Mosaico Ucraina. Viaggio dentro le molteplici identità di un popolo di Olesja Jaremčuk, traduzione di Claudia Bettiol, Bottega Errante Edizioni, 2022. Qui, un estratto.
I rumeni della Transcarpazia
La Transcarpazia è una delle regioni più multietniche dell’Ucraina e dell’Europa centro-orientale. Uno dei gruppi etnici più importanti nel mondo musicale di questa regione al di là dei Carpazi è quello dei rumeni che abitano la regione di Marmaroščyna (in italiano Marmazia), dove vivono da oltre 600 anni. Lingua e musica si sono beatamente conservate e la tradizione continua a essere viva anche nelle nuove generazioni. Trombe e trombette sembrano essere gli strumenti a fiato preferiti da questa comunità.
Gli horjuny
L’ultimo episodio del podcast La musica racconta ci introduce un’etnia quasi sconosciuta anche tra gli ucraini stessi: sono gli horjuny, di cui si sa pochissimo. Secondo alcuni, sarebbero una sotto-etnia russa, altri sostengono che siano una popolazione autoctona fin dall’epoca pre-mongola, mentre altri ancora insistono sulla continuità con l’etnia bielorussa a causa del gran numero di parole bielorusse nel loro dialetto. Nonostante siano meno di un migliaio, in un paio di villaggi dell’oblast’ di Sumy una comunità di horjuny è ancora presente e conserva antiche tradizioni e canzoni cantate nell’inconfondibile dialetto che mescola la lingua ucraina con il russo e il bielorusso. In questo episodio Levčenko ci fa ascoltare la melodica voce della cantante Tetjana Illičivna, nata nel 1941.
Traduttrice e redattrice, la sua passione per l’est è nata ad Astrachan’, alle foci del Volga, grazie all’anno di scambio con Intercultura. Gli studi di slavistica all’Università di Udine e di Tartu l’hanno poi spinta ad approfondire le realtà oltrecortina, in particolare quella russa e quella ucraina. Vive a Kyiv dal 2017, collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso, MicroMega e Valigia Blu. Nel 2022 ha tradotto dall’ucraino il reportage “Mosaico Ucraino” di Olesja Jaremčuk, edito da Bottega Errante.