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“Non esiste qualcuno che sia in grado con un solo sguardo di abbracciare i monti Rodopi. Non vi è cima da scalare, che permetta di conoscerli con un solo sguardo. Devi attraversarli e soffrirli, e poi raccoglierli nel cuore e guardarli, ma devi avere un cuore d’aquila. Non puoi vedere i Rodopi con gli occhi, devi guardarli col cuore. Con gli occhi chiusi, dentro di te.”
Dal romanzo bestseller Vreme razdelno di Anton Dončev, fra i più noti scrittori bulgari del Novecento
Nella Bulgaria centro meridionale, racchiuso dalla catena montuosa dei Rodopi e sospeso sull’impetuoso fiume Arda, si trova un antico e misterioso ponte. La costruzione di pietra risalente al XVI secolo, porta con sé una miriade di storie e antiche leggende: stiamo parlando del Ponte del Diavolo, in bulgaro Djavolskiat Most, una meta turistica singolare e curiosa, che senz’altro merita una visita, almeno una volta nella vita.
Il ponte è situato a circa 10 chilometri dalla cittadina di Ardino, in una remota insenatura fra i monti, non lontano dai piccoli villaggi di Djadovci (letteralmente “Nonni”) e Latinka, oggi pressoché disabitati. Esso venne costruito tra il 1512 e il 1518 durante il regno del Sultano Selim I, quando la Bulgaria si trovava sotto dominazione ottomana. Per questo motivo il ponte porta anche un nome turco, ovvero “Shejtan Kjupria”, anche perché che ci troviamo nella regione della città di Kărdžali, dove ancora oggi gran parte degli abitanti parla anche turco, poiché appartiene alla minoranza musulmana, di antica origine ottomana.
Si dice che il ponte venne costruito per permettere al Sultano di unire diverse città della Bulgaria del sud, allo scopo di incrementare i commerci; tuttavia, sulla costruzione vi è anche un’altra teoria, che suggerisce che il ponte abbia in realtà origini romane. Esso si trova infatti lungo quella che una volta era la ViaEgnatia, un’antica via di comunicazione costruita attorno al 146 a.C. che qui fungeva da collegamento fra la Tracia e il Mare Bianco, come veniva anticamente chiamato dai bulgari il Mar Egeo.
La struttura a strapiombo fatta di pietra, lunga ben 56 metri e sospesa a 12 metri d’altezza, è un piccolo capolavoro architettonico, e a ben guardarla, ricorda in effetti alcune antiche strade romane. Eppure, nonostante il passare delle epoche e dei secoli, essa ha resistito al tempo e a ogni sorta di intemperia, tanto che dal 24 febbraio del 1984 è stata anche inclusa nel patrimonio artistico e culturale della Bulgaria.
La regione circostante, tra i boschi e i ripidi pendii dei Rodopi, è ricca di bellezze naturali e viste mozzafiato e lа silouhette del ponte, riflettendosi nelle acque dell’Arda, crea una meravigliosa immagine circolare, che nei secoli ha originato moltissime leggende e credenze popolari. La prima cosa da chiedersi, in effetti, è: come mai il ponte porta questo nome così macabro? La risposta apparirà scontata, ma la verità è che c’entra proprio il diavolo. Non vi è però un’unica e semplice spiegazione, ma anzi, le storie e le leggende sono moltissime e tutte diverse tra loro, anche se permane un unico filo conduttore, che riconduce all’intromissione di entità oscure e maligne…
Prima storia: l’anima dell’artigiano Dimităr
Si ritiene che i lavori di costruzione del ponte vennero affidati a un esperto artigiano, Dimităr da Nedelino, una piccola località non lontana da Ardino, e proprio su Dimităr è incentrata anche la prima leggenda. Gli abitanti della regione, e oggi soprattutto le guide turistiche, la raccontano così:
Una volta un giovane artigiano di nome Dimităr decise di costruire un ponte sul fiume Arda. Il fiume era però troppo impetuoso, i pendii troppo ripidi e le gole troppo profonde, così non riusciva mai a terminare la sua opera. Un giorno gli apparve il diavolo e i due fecero una scommessa: il diavolo avrebbe aiutato Dimităr, a patto però che il ponte, una volta costruito, fosse stato al contempo visibile, ma anche invisibile, e soprattutto, che potesse mostrare riflessa l’immagine del maligno. Dimităr accettò la scommessa e dopo quaranta giorni i lavori furono terminati. Il ponte finalmente si reggeva saldamente e mostrava il riflesso diavolesco fra le acque dell’Arda, ma l’artigiano non era riuscito a rispettare le altre condizioni: il ponte era sì visibile, ma non al contempo invisibile e così perse la scommessa. Dimităr fu quindi costretto a vendere la sua anima al diavolo e per questo, venne dannato per l’eternità. Da allora il ponte divenne ‘Il Ponte del Diavolo’.
Questa storia tramandata nei secoli, oggi pare essere confermata da una singolare superstizione: molti turisti e visitatori raccontano infatti che attraversando il ponte in una giornata limpida e soleggiata, tra le ore 11 e 12 della mattina, sia possibile ammirare il riflesso nitido e perfetto della costruzione fra le acque dell’Arda. Il riflesso appare di forma circolare, e i suoi archi specchiandosi, diventano simili a due grossi occhi sporgenti, tanto che chiunque li abbia visti, giura di averli associati proprio al volto del diavolo; ma attenzione, le guide turistiche locali mettono in guardia: è meglio non fotografare e non fissare quel volto per più di qualche istante, altrimenti si verrà colpiti da un anno di sfortuna.
La seconda storia legata al diavolesco ponte somiglia moltissimo a una fiaba popolare, ed è ambientata nel passato ottomano della Bulgaria. Essa dice più o meno così:
Si narra che una volta, una giovane e bellissima fanciulla era perseguitata dai banditi turchi delle montagne. Uno di loro era follemente innamorato di lei e voleva rapirla per costringerla a entrare nel suo harem, ma la fanciulla non voleva saperne e lo ripudiava. La ragazza era così disperata che, pur di non sposarsi con lui, decise di salire sul parapetto del ponte e gettarsi nel vuoto fra le acque dell’Arda. L’orda di turchi la inseguì, ma una volta arrivati al ponte, proprio quando la ragazza era sul punto di buttarsi giù, apparve riflessa la spaventosa immagine di Shejtan. L’orda rimase come pietrificata, e alla fine fuggì in preda al terrore, così la giovane fanciulla ebbe salva la vita e finalmente fu libera dal suo persecutore. Da allora il ponte venne chiamato Shejtan Kjupria, ovvero il Ponte del Diavolo.
L’immagine di giovani fanciulle rincorse o amate da banditi turchi è un tema molto ricorrente nel folklore bulgaro, soprattutto fra le fiabe e i detti popolari, così come nei canti tradizionali e nella letteratura.
“In quegli anni, da giovane, ero proprio un matto col sangue impetuoso. Non ero grosso, ma ero forte. Avevo il fucile in spalla, nella cintola un coltello, e in fila un altro. Erano due, o forse tre, non ricordo, ma la rivoltella l’avevo proprio qui, sulla coscia. Tutti mi conoscevano, sapevano che non perdono, e non appena qualcuno decideva di rapirsi una moglie, chiamavano me. I matrimoni allora non si facevano con i semplici accordi, in quei tempi da uomini…”
Dal racconto Tempi maschi, dello scrittore Nikolaj Hajtov
Terza storia: lo zoccolo del diavolo
Se la storia dell’artigiano Dimităr e quella della fanciulla contesa dai turchi non fossero abbastanza, c’è infine una terza storia, che pare riportare anche una prova fisica del passaggio del maligno fra i Rodopi. Le guide turistiche dell’area, quando accompagnano i visitatori nell’attraversamento del ponte, indicano infatti una particolare pietra sulla quale vi è l’orma di uno zoccolo, che pare essere quello di Satana in persona. Secondo la leggenda, egli, una volta che era di passaggio, calpestò così forte la pietra, da imprimervi la sua orma per sempre. Le credenze popolari narrano che ancora oggi il diavolo si aggiri spesso fra i Rodopi e che quindi, dopo il calar del sole, sia meglio stare lontano dalla zona di Ardino, per non rischiare di essere maledetti.
Nonostante i tanti risvolti sinistri e le superstizioni, vi è però, e forse per fortuna, anche un raggio di luce: esiste infatti una credenza positiva e contraria a tutte le altre, che dice che si attraversa il ponte e ci si ferma esattamente nel suo centro, nel punto più alto, si verrà baciati dalla fortuna. Così negli ultimi anni attorno ad Ardino sono stati aperti alcuni piccoli negozietti di souvenir e amuleti portafortuna, che promettono ai visitatori di salvarli dal possibile malocchio.
Tutte queste ragioni hanno reso il ponte una meta estremamente affascinante e mistica, tanto che ogni anno centinaia di turisti vi si recano, nella speranza di trovare qualche traccia delle misteriose leggende. Il biglietto per la visita costa solamente 2 leva (1 euro) e il percorso è segnato da piccoli cartelli di legno. Una volta arrivati ad Ardino in macchina, si può quindi accostare e proseguire a piedi per circa 20 minuti. Si arriverà a una stradina asfaltata che condurrà chi la percorre sul sentiero della perdizione, o forse, della meraviglia…
Oltre al Ponte del Diavolo nella zona circostante ci sono anche diversi sentieri di trekking, un’area picnic e altre interessanti attrazioni, come per esempio le Rocce di Orlov (in bulgaro Orlovi Skăli). Si tratta di un massiccio di colline pietrose costellato da oltre cento fori di forma trapezoidale, che ricordano delle piccole finestrelle. Il massiccio, chiamato anche Pietra di Corvo, è circondato da una rigogliosa vegetazione e se si dovesse mai passare di lì, sicuramente si scorgerà anche tanti esemplari di silivrjak, un piccolo fiore dai toni rosa che cresce solo nei Rodopi, fra la Bulgaria del sud e la Grecia del nord, e che quindi ne rappresenta un po’ il simbolo.
Sul fascino mistico e segreto dei Rodopi il poeta nazionale bulgaro Ivan Vazov una volta scrisse: “Chi non ha mai visto i Rodopi nel corso della sua vita, non ha mai conosciuto la Bulgaria”, fornendoci quasi un invito: quello di scoprire la magia di quella valle e di quegli antichi monti.
Bulgara di nascita, ma milanese d’adozione, è una mediatrice culturale, blogger e studiosa che si occupa di Russia, Bulgaria e più in generale dei Paesi Est europei. Dopo la laurea in Mediazione Linguistica e Culturale presso l’Università degli Studi di Milano e alcune esperienze di studio all’estero tra Mosca, San Pietroburgo e Plovdiv, ha scritto per Il Tascabile, Pangea News e MowMag. È ideatrice del canale Instagram @ilmaestroemargherita_ dedicato alla promozione della letteratura e della cultura russa, con l'intento di approfondire la "Cultura" in senso ampio, contro ogni forma di pregiudizio e cancel culture. Collabora inoltre con il canale Instagram @perestroika.it che si propone di presentare e promuovere il cinema russo in lingua italiana.