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La palla non si ferma neppure davanti alla Storia. È l’11 novembre 1989 e nel primo pomeriggio all’Olympiastadion di Berlino è in programma Hertha Berlino-Wattenscheid, valida per la 17esima giornata di 2.Bundesliga. Quella tra la Alte Dame e la squadra dell’omonimo quartiere di Bochum non è un incontro normale. Non solo perché è uno scontro al vertice ma perché è la prima partita dopo la caduta del Muro giocata, avvenuta neppure 48 ore prima, a Berlino.
Hertha, la squadra di Berlino
È un segno del destino che la prima partita nella capitale non più divisa la giochi l’Hertha. La “Vecchia Signora” del calcio tedesco è infatti uno dei club più vecchi della città e l’ultimo ad aver vinto nel 1931 un titolo nazionale in una Germania unita. Dopo la spartizione di Berlino e del Paese, tifare Hertha diventa nella Repubblica Democratica Tedesca un simbolo di opposizione passiva al regime. Spesso i tifosi di Berlino Est dell’Hertha si radunavano a qualche centinaio di metri dal Muro per sentire quello che succedeva al Die Plumpe, letteralmente il catino, la casa della “Vecchia Signora” prima del trasferimento all’Olympiastadion. Dal canto loro i tifosi dell’Hertha si adoperavano come potevano per i cugini dell’Union Berlino, ad esempio facendo passare materiale da utilizzare lo stadio.
A parte la tradizione, nel 1989 l’Hertha Berlin non è esattamente una formazione di vertice. Nonostante sia a un passo dalla vetta della classifica della seconda divisione, la squadra è tutt’altro che entusiasmante, tanto che nel gigantesco Olympiastadion la media spettatori si aggira intorno a poco più di una decina di migliaia di spettatori. Per aumentare il pubblico e riempire le casse del club, la dirigenza dell’Hertha ha concluso da alcune settimane un accordo con alcuni rivenditori di automobili per vendere i biglietti a un prezzo più basso, tra i 15 e i 20 marchi.
Entrate libere per cittadini liberi
Il 9 novembre cambia tutto. La partita con il Wattenscheid diventa infatti anche la prima partita che i cittadini della Repubblica Democratica Tedesca possono vedere a Berlino. Per agevolarli, la dirigenza dell’Hertha Berlino decide di varare l’iniziativa Freie Eintritte für freie Bürger, biglietti gratis per cittadini liberi. Chiunque si presenti con un documento d’identità valido può avere un biglietto gratis per la partita. Saranno 10mila ad averne uno. Una delle menti dell’operazione si chiama Horst Wolter, ex portiere dell’Hertha e della Nazionale tedesca con cui aveva collezionato 13 presenze tra cui quella nella finale per il terzo posto ai Mondiali di Messico 1970. Wolter, all’epoca 47 anni, era nato a Berlino Est e nel 1952, a dieci anni aveva lasciato la DDR con la sua famiglia per emigrare a Braunschweig.
Emozioni e pelle d’oca per la prima partita dopo la caduta del Muro
La vigilia è particolare. I giocatori del Wattenscheid e il loro allenatore Hannes Bongartz sono emozionati, colpiti da quello che stanno vivendo loro e la città che li ospita. Nello spogliatoio dell’Hertha, come racconterà nel dopopartita il tecnico Werner Fuchs, regna il silenzio. Sanno tutti di essere davanti a una partita storica. Per chi questa partita ha un significato particolare è Axel Kruse. Ha 22 anni e lui contro il Wattenscheid non può giocare. Non per colpa di un infortunio e neppure di una scelta tecnica. Kruse infatti è squalificato per un anno dalla Fifa. Motivo? Qualche mese prima, l’8 luglio 1989, al termine della partita di Intertoto disputata a Copenhagen tra il B93 e la sua Hansa Rostock, Axel è fuggito all’Ovest.
L’emozione di tutti cresce all’entrata allo stadio. Gli spettatori superano i 40mila e lo speaker dello stadio sceglie di salutare uno a uno i distretti di Berlino, saluti accompagnati dall’ovazione di tutti gli spettatori. Sugli spalti appaiono diversi striscioni che celebrano la riunificazione anche calcistica della città: L’Union saluta la libertà e l’Hertha BSC, recita uno di questi. Per la cronaca la partita finisce 1-1, con gol di Jörg Bach per gli ospiti e di Sven Kretschmer per i berlinesi. Alla fine della stagione, sia Hertha Berlino che Wattenscheid saliranno in Bundesliga. Nessuno tra i 22 anni in campo si dimenticherà quel giorno in cui hanno fatto la Storia. Con un pallone.
Classe 1984, nato a Sesto San Giovanni quando era ancora la Stalingrado d’Italia. Germanocentrico, ama la Spagna, il Sudamerica e la Mitteleuropa. Collabora con Avvenire e coordina la rivista Cafè Rimet. È autore dei volumi “C’era una volta l’Est. Storie di calcio dalla Germania orientale”, “Rivoluzionari in campo” e coautore di “Non solo Puskas” e “Quattro a tre”.