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Przemyśl, una città di confine che deve fare i conti con la propria storia

Nikodem Szczygłowski, viaggiatore, scrittore e reporter laureato in Archeologia mediterranea all’Università di Łódź e al CEMI di Praga, ha avuto l’occasione di incontrare Igor Horków, direttore della “Casa Ucraina” di Przemyśl. Ne è uscita un’intervista che racconta la complessità della città polacca al confine ucraino.

A nome degli ucraini che vivono a Przemyśl e in tutta la Polonia, volevo ringraziare tutti voi perché, nonostante l’enormità della tragedia che si è abbattuta in Ucraina, qui stanno accadendo grandi cose. Riceviamo ogni giorno migliaia di chiamate alla Casa Ucraina con dichiarazioni di sostegno e aiuto. Vogliamo ringraziarvi di cuore per questo, per il vostro impegno, per la vostra presenza. Qui a Przemyśl, nelle scuole, al confine, in tutta la Polonia”.

Hai pronunciato queste parole il 26 febbraio 2022. Da allora molte cose sono cambiate. La Casa Ucraina svolge oggi ruoli molto diversi. È sia un punto di assistenza per i rifugiati di guerra, sia un centro comunitario. Ospita anche un ufficio locale del consolato ucraino e gestisce un centro di volontariato. Come fate a far funzionare tutto questo?

Le cose sono molto più facili ora. Quando ci siamo visti l’ultima volta, nell’estate del 2022, vi avevo detto che avevamo ottenuto il sostegno finanziario del Polish Humanitarian Action, il quale ci ha permesso di creare un programma fino al 2023. In quel periodo, il compito più importante era il controllo della crisi dei rifugiati. Dopo il caos primaverile, la situazione si era stabilizzata, ma nell’estate del 2022 la quantità di persone che arrivavano in treno dall’Ucraina a Przemyśl aveva subito un nuovo aumento. Si contavano tra le 1.200 e 1.500 persone al giorno.

Przemyśl
Stazione dei treni di Przemyśl, giugno 2024 (Meridiano 13/Claudia Bettiol)

La loro situazione, però, era diversa rispetto a quella dell’inizio dell’invasione russa. Erano materialmente e mentalmente in condizioni ben peggiori. Provenivano perlopiù da Mariupol’, Kramators’k, Zaporižžja, a volte da luoghi che ora non esistono più. Quelli da Mariupol’ erano emotivamente a pezzi, parlavano con un tono di voce alto perché erano abituati a bombardamenti ed esplosioni costanti.

In quel momento avevamo anche un numero cospicuo di persone con malattie oncologiche che non potevano passare la notte alla Casa Ucraina. Avevamo solo 48 posti letto, ogni giorno occupati.

Di solito le persone rimanevano per due o tre notti e poi ripartivano. Avevamo una persona responsabile per la ricerca di alloggi in altre zone della Polonia. A metà 2022, circa il 20% dei rifugiati aveva già trovato lavoro. La maggior parte erano (e sono) donne, per cui è più difficile per loro farsi strada nel mercato del lavoro. Inoltre, la maggior parte viene dall’Ucraina orientale, quindi non hanno nemmeno una conoscenza passiva della lingua polacca.

Nel 2022, più di un milione di rifugiati sono passati da Przemyśl. Con una popolazione di circa 60mila abitanti si può solo immaginare come sia stata una grande sfida per la nostra città, sia logisticamente parlando che in generale.

Qual è il vostro lavoro oggi, a due anni dall’inizio della guerra?

Per noi la Casa Ucraina è prima di tutto una casa, ovvero un luogo sicuro, accogliente e aperto. Il nostro ruolo è quello di riempire questo luogo con delle attività. Vogliamo mantenerlo vivo e aggiungere nuove iniziative. Abbiamo molte idee, ma realizziamo quelle per cui abbiamo i fondi. Per questo chiediamo regolarmente un sostegno finanziario e scriviamo nuovi progetti. Vogliamo che la Casa Ucraina sia un luogo di incontro per gli abitanti di Przemyśl, sia per chi ha sempre vissuto qui, sia per chi è appena arrivato.

Il nostro motto è “Una casa per tutti”.

Attualmente, uniamo la sfera degli aiuti umanitari con attività culturali ed educative. Gestiamo due ostelli per rifugiati con tanto di supporto psicologico, medico e legale. Assistiamo anche chi ha bisogno d’aiuto dall’Ucraina attraverso i nostri uffici e le nostre istituzioni. Siamo sempre presenti alla stazione ferroviaria principale di Przemyśl e il nostro personale si occupa di chi arriva dall’Ucraina. Co-gestiamo anche la “Lo spazio delle madri e dei bambini” della stazione, un luogo molto importante dove le madri con bambini e le persone anziane provenienti dall’Ucraina possono riposare per qualche ora.

È impossibile dimenticare che la guerra è ancora in corso e che la gente continua a cercare rifugio. Ogni giorno arrivano a Przemyśl in treno circa 2mila persone e molte di loro hanno bisogno di aiuto.

Purtroppo, per mancanza di fondi, abbiamo chiuso il punto di accoglienza vicino al binario dove arrivano i treni dall’Ucraina. Nel 2023 quest’area ha servito più di 100mila persone. Continuiamo ad aiutarle a trovare un lavoro e un posto dove vivere nel lungo termine. Abbiamo un assistente rom che si occupa del lavoro con questo gruppo di rifugiati e una squadra mobile che controlla regolarmente le esigenze dei rifugiati nei vari punti di accoglienza della nostra regione.

Organizziamo eventi culturali e invitiamo gruppi di musica, danza e teatro. Ogni giorno alla Casa Ucraina si tengono laboratori per diverse fasce d’età. Presto offriremo incontri a cadenza periodica per gli anziani. Nel 2022 abbiamo inaugurato una biblioteca e una sala di lettura. In realtà, non siamo in grado di rispondere a tutte le esigenze, per questo chiediamo regolarmente un aiuto.

Przemyśl
Centro storico di Przemyśl, giugno 2024 (Meridiano 13/Claudia Bettiol)
La sede della Casa Ucraina, al numero 5 di via Kościuszko, è stata costruita tra il 1901 e il 1904 con i contributi degli ucraini di Przemyśl per rispondere alle esigenze culturali ed educative della comunità locale. Dal 1904 al 1939 e dal 1945 al 1947, chiamata all’epoca Narodnyj Dim (Casa Nazionale), ha ospitato diverse organizzazioni e associazioni culturali, economiche e politiche ucraine. C’erano un teatro e un cinema oltre a un ristorante, dei negozi e dei magazzini.
Nel 1946 sono iniziate le deportazioni della minoranza nazionale ucraina da Przemyśl. Il 20 novembre 1948 il tribunale distrettuale stabilì che le proprietà dei deportati in Urss fossero acquisite dall’erario. Nel 1950 ebbe luogo la liquidazione formale del Narodnyj Dim di Przemyśl. La lunga lotta per la restituzione dell’edificio si è conclusa solo nel 2011. Si è trattato di una sorta di momento spartiacque nella storia della comunità ucraina di Przemyśl?

Indubbiamente, sì. All’epoca vivevo a Varsavia, quindi sono venuto a conoscenza di questi sviluppi solo dalle storie di una “mitica” Przemyśl, capitale non-ufficiale degli ucraini in Polonia, e del ritorno della “mitica” Casa Ucraina. Da allora, però, molte cose sono cambiate. Ora siamo noi i padroni di casa, siamo da soli, il che è stato molto importante per noi, non solo per pensare a noi stessi ma anche per pianificare le nostre attività. Sia i leader dell’Unione degli ucraini in Polonia che i nostri attivisti locali hanno voluto sin dall’inizio che questo centro fosse aperto a tutti. Doveva unire, non dividere gli abitanti della città. E sembra che ci siamo riusciti.

Penso che il ritorno della Casa Ucraina alla comunità ucraina sia stato un bene anche per la città di Przemyśl. Gli ucraini chiedevano questa restituzione fin dagli anni Cinquanta, soprattutto quelli che sono tornati qui dopo il trasferimento forzato.

Abbiamo affittato delle stanze in questo edificio per cinquant’anni, perché siamo giunti alla conclusione che, se volevamo fare qualcosa in questa città e trasmettere la memoria della nostra vita qui alla prossima generazione, dovevamo proteggere questo edificio dalla distruzione. Questo dimostra la determinazione e la volontà della nostra comunità di recuperarlo.

Una settimana prima dello scoppio dell’invasione su larga scala abbiamo avuto un incontro con gli attivisti della sezione di Przemyśl dell’Unione degli ucraini in Polonia. Abbiamo parlato di cosa avremmo fatto se fosse avvenuto il peggio, ovvero una guerra su larga scala. Così, quando la guerra è effettivamente iniziata, per certi versi eravamo già pronti. Persino i giornalisti non ci credevano che avessimo tutto pronto. Abbiamo dovuto mostrare loro tutti i posti letto che avevamo preparato e altre cose.

Przemyśl è una città situata praticamente sul confine con l’Ucraina, ma ho l’impressione che gli abitanti della città siano piuttosto disinteressati ai loro vicini. Per fare un esempio, qui non incontro molte persone che parlano ucraino, anche se molti lo capiscono. C’è la possibilità di invertire questa tendenza?

È interessante far notare che nel 2019 e nel 2020 abbiamo organizzato un corso di lingua ucraina che hanno frequentato una ventina di persone. Erano quasi tutti polacchi con origini ucraine ma che non conoscevano l’ucraino e volevano trasmettere ai loro figli la lingua dei nonni. È stata una bella esperienza.

Abbiamo anche organizzato dei corsi di lingua ucraina per i dipendenti del Comune. Abbiamo tre gruppi distinti ora, il che dimostra che l’interesse per l’apprendimento dell’ucraino sta crescendo. Questo è particolarmente vero per i volontari provenienti da altre organizzazioni, i quali giungono alla conclusione che qualche frase di base in ucraino non basta più.

Per quanto riguarda la classe imprenditoriale di Przemyśl, invece, a mio avviso, è passato molto tempo da quando i suoi rappresentanti si sono resi conto dell’importanza di conoscere l’ucraino. In generale, sono ottimista su questo tema.

Per approfondire, leggi anche: Attraversando Medyka-Šehyni: il confine polacco-ucraino nella storia
Przemyśl è una città ricca di monumenti e saldamente ancorata alla propria storia che viene spesso percepita a partire da stereotipi e mitologia nazionale polacca. Mentre la storia del periodo fino alla Prima guerra mondiale in qualche modo univa ancora le due parti della Galizia austriaca – l’area polacca e quella ucraina – il periodo interbellico (epoca della Seconda repubblica polacca), la Seconda guerra mondiale e le deportazioni che hanno avuto luogo successivamente hanno portato a due versioni completamente diverse della storia. Quale ruolo, secondo te, storia e stereotipi giocano nella vita della città e come influenzano i suoi abitanti?

Gli stereotipi sono sempre pericolosi, soprattutto se non ne abbiamo il controllo e non li contrapponiamo alle conoscenze accademiche. La storia ha un ruolo, il che non è un male, ma mi sembra che sarebbe utile per tutti noi provare a pensarci più a fondo, a rifletterci e capire perché i fatti sono andati in quel determinato modo. Voglio “desacralizzare” la storia.

Nel 2018 abbiamo fatto un tentativo. Era il centenario dell’indipendenza della Polonia, ma a Przemyśl – come anche a Leopoli – questa data ha anche un’altra dimensione: i combattimenti per la città nel novembre 1918. Volevamo però dimostrare che ci piace vivere in un paese libero, che apprezziamo la nostra libertà, che facciamo parte dell’Ue e che rispettiamo i suoi valori di democrazia, apertura, tolleranza, ecc.

Quello che ci unisce è la nostra visione per i prossimi cent’anni. Non volevamo celebrare questi eventi a Przemyśl in un modo che potesse dare a intendere che cento anni fa gli ucraini erano nemici della città. Per questo abbiamo organizzato molti incontri con entrambi, polacchi e ucraini. Sembra che questo sia stato un momento importante per gli abitanti di Przemyśl.

Per alcuni è stata una sorpresa: com’è possibile che gli ucraini si rallegrino dell’indipendenza della Polonia?

Probabilmente non sono modesto qui, ma credo che questa sia stata la migliore celebrazione del centenario della Polonia in tutto il paese. Abbiamo invitato i migliori storici per dibattere apertamente di ciò che è accaduto nel 1918-1919. A questi incontri sono venute tantissime persone, molte delle quali non erano mai state alla Casa Ucraina prima di allora.

Come descriveresti la vita culturale e sociale degli ucraini che vivono oggi a Przemyśl? Ci sono ancora due mondi separati quando si tratta di rapporti con la maggioranza polacca?

No, assolutamente no. Da questo punto di vista, molto è cambiato. Si vede molta solidarietà per l’Ucraina tra i polacchi, la bandiera dell’Ucraina – un paese straniero – non provoca emozioni negative qui, come faceva prima.

In seguito ai tragici eventi della seconda metà degli anni Quaranta, la cosiddetta Operazione Vistola, che portò al trasferimento forzato di molti ruteni dalle zone orientali e meridionali della Polonia ai cosiddetti “territori riconquistati” a ovest e a nord, molti ucraini hanno vissuto sparsi in tutta la Polonia. Come si differenzia la comunità degli ucraini di Przemyśl, ovvero di coloro che sono rimasti nella terra in cui i loro antenati hanno vissuto per generazioni, dagli altri centri ucraini del paese?

Di fatto, gli ucraini di origine borghese rappresentano solo poche famiglie a Przemyśl. La maggior parte è stata deportata e alcuni sono emigrati in Canada e negli Stati Uniti. Quelli che vivono qui sono, nella maggior parte dei casi, persone come me, coloro che hanno sentito il bisogno di tornare alle loro radici, di ritrovarsi di nuovo qui, nella terra dei propri antenati. La mia famiglia è originaria di Leżajsk e Baligród. In effetti, in Masuria, in Slesia e in Pomerania, la storia ucraina inizia fondamentalmente dopo il 1947 e non ci sono tracce storiche concrete di una presenza ucraina.

Da questo punto di vista, la situazione di Przemyśl è diversa da quella di altre zone della Polonia.

Quando abitavo in Pomerania – ma forse questo valeva solo per la mia famiglia, non vorrei generalizzare – sentivamo chiaramente il senso di “temporaneità”. In quella parte della Polonia le tombe ucraine al cimitero risalgono alla fine degli anni Quaranta. Prima di allora c’erano tombe tedesche, ora trascurate e dimenticate. Non sapevo che ci fosse un cimitero ebraico proprio vicino alla mia scuola fino a quando, credo in quinta elementare, il nostro insegnante ci disse che c’era un cimitero ebraico nella piazza dove avevamo appena fatto l’esame pratico di guida della bici. Tutti lo sapevano, ma nessuno ne parlava. Solo una decina di anni fa è stata posta una pietra commemorativa.

D’altra parte, non c’è il senso del peso della storia quando si tratta di resoconti reciproci di torti ucraini e polacchi in quel luogo.

Questa è probabilmente la differenza principale quando si parla di Przemyśl e Pomerania o Slesia. Ora ritengo che questo peso sia minore, ma la situazione ha cominciato a cambiare solo negli ultimi dieci o quindici anni.

Tuttavia, anche qui di solito siamo noi – la sezione di Przemyśl dell’Unione degli ucraini in Polonia – a dare il via a diverse attività polacco-ucraine. In altre città l’iniziativa proviene generalmente dalle amministrazioni locali. Si tratta, questa, di una differenza notevole. Anche qui, però, i rapporti con il municipio stanno migliorando per noi, soprattutto ora che l’amministrazione locale utilizza i nostri interpreti presso l’ufficio comunale.

Nel 2019, il sindaco ci ha invitato a collaborare a un progetto finanziato dalla Norvegia. Ora riceviamo sovvenzioni per varie iniziative e forse questo è dovuto alla natura delle nostre attività. Nel 2016 stavamo discutendo su due approcci per le nostre attività: dedicarci esclusivamente alla Casa Ucraina e concentrarci su noi stessi – cosa che una certa parte radicale della popolazione cittadina preferirebbe – oppure aprirci maggiormente a tutti i residenti della nostra città. La seconda opzione ha vinto perché siamo giunti alla conclusione che la città è uno spazio comune in cui dobbiamo lavorare tutti insieme.

Questo ha portato a un ottimo risultato: la metà di coloro che partecipano ai nostri eventi sono polacchi. A mio parere, si tratta di un risultato notevole, quindi i cambiamenti positivi sono lenti ma stanno accadendo in maniera inevitabile.

Qual è la situazione attuale del sistema educativo in lingua ucraina in Polonia? E per quanto riguarda il teatro, l’arte, la letteratura e i media? È possibile sviluppare la cultura ucraina in Polonia parallelamente al suo sviluppo nella stessa Ucraina? Al momento sono strettamente correlate?

In un certo senso, sono strettamente connesse perché facciamo riferimento ad alcuni codici culturali comuni, legati alle tradizioni popolari, ai ricami, ecc. Solo che, a differenza della diaspora in Canada o negli Stati Uniti, qui la storia degli ucraini ha una tradizione molto più lunga. Noi, ad esempio, abbiamo ricami locali di Posiannia (Nadsjannja in ucraino: territorio polacco etnicamente ucraino entro la linea di Curzon, N.d.T.), di conseguenza anche il nostro contributo arricchisce la cultura ucraina in generale. La zona di confine è molto diversa, in un certo senso fluida. Qui, nel corso dei secoli, si sono mescolate varie cose e non esistono polacchi e ucraini di “etnia pura”.

A Przemyśl abbiamo anche iniziato a pensare alla nostra cultura in modo leggermente diverso e non abbiamo come riferimento solo i codici culturali dell’Ucraina intera, ma anche quelli locali. Ad esempio, parlando di ricami, stiamo cercando di rendere popolari i nostri modelli locali, perché per noi sono di grande importanza. In Ucraina esisteva un progetto chiamato Spadok (“eredità culturale”) che divulgava i costumi tradizionali di diverse regioni etnografiche. Abbiamo pensato di farlo anche qui e abbiamo organizzato una mostra dedicata alle nostre varietà locali di ricamo. Abbiamo fotografato i bambini con i costumi dei loro bisnonni, un’esperienza straordinaria per loro.

È importante anche la memoria della vita urbana ucraina che esisteva a Przemyśl fino alla Seconda guerra mondiale – l’intelligencija, la scuola ucraina, i compositori, ecc. – per noi è di grande valore. Sapere che Przemyśl è stato un centro di grande rilevanza per la cultura ucraina fino alla Prima guerra mondiale – anche più di Leopoli – è per me una sorta di àncora e di motivazione per ulteriori attività.

Un giorno, forse, arriveremo al punto in cui Przemyśl si promuoverà come città multiculturale e non solo come fortezza. Pochi, sia in Polonia che in Ucraina, sanno ad esempio che Mychajlo Verbyc’kyj, autore dell’inno ucraino, ha vissuto a Przemyśl e che qui si è svolta la prima esecuzione pubblica dell’inno. Przemyśl è stata la prima città della Galizia austriaca in cui si sono tenute le cosiddette “serate Ševčenko”, in onore di Taras Ševčenko, dopo la morte del poeta. Allo stesso modo, dobbiamo riempire di contenuti la storia della Przemyśl ebraica e in questo modo educare Przemyśl alla sua storia complessa.

C’è un romanzo dello scrittore polacco Łukasz Saturczak intitolato Galicyjskość (“Galizianità”) in cui l’autore afferma che a Przemyśl certe cose sono semplicemente destinate a rimanere in un circolo vizioso di provincialità, storia, stereotipi e diffidenza reciproca. È a questo che si riferisce con il titolo Galicyjskość. Ci sono anche opinioni secondo cui Przemyśl non è una città, ma uno stato d’animo. Che cos’è Przemyśl per te e come la vedi nel prossimo futuro?

La nostra iniziativa “Insieme per 100” polemizza e contraddice quanto scrive Saturczak. Crediamo, infatti, che sia possibile andare oltre questo circolo vizioso, che sia possibile parlare e riuscire a farlo con successo. Paradossalmente, quanto più questa parte radicale e nazionalista di Przemyśl premeva sugli ucraini, tanto più opposizione suscitava da parte dei polacchi, compresi quelli normalmente meno attivi. Prima del 2016, quando un gruppo di nazionalisti locali attaccò una processione ucraina al cimitero di Mikulicki, pochi polacchi, forse una dozzina, parteciparono al corteo. Dopo quell’attacco molti di più, addirittura anche oggi, partecipano regolarmente.

Ho scelto Przemyśl per vivere consapevolmente, dopo un’infanzia trascorsa in Pomerania e gli studi a Varsavia. È una città piccola e piacevole in cui abitare, con una posizione geografica interessante. Non dobbiamo spiegare perché viviamo qui. Facciamo semplicemente le nostre cose. La situazione attuale dimostra che la nostra strategia funziona. Tra i nostri volontari non ci sono solo ucraini, ma anche parecchi polacchi.

Leggi anche: Dalla Galizia alle terre oltreoceano: l’esodo verso l’“imperatore d’America”

La traduzione dall’inglese di questo articolo, pubblicato originariamente su New Eastern Europe, è a cura di Claudia Bettiol

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