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Sulla sponda est del fiume Vistola che divide in due Varsavia, la capitale si trasforma e assume un volto differente. I grattacieli specchiati e luminosi del centro e i motivi gotici della città vecchia lasciano spazio ai sobri e spogli edifici in mattone di Praga, una delle poche zone di Varsavia a non essere state completamente distrutte durante la Seconda guerra mondiale, né completamente decostruite dopo la fine della Repubblica popolare polacca.
Un tempo il quartiere Praga di Varsavia era considerato off-limits per i visitatori occidentali a causa dell’elevato tasso di criminalità e degli imponenti grattacieli, ma oggi una forte rinascita rende questa zona della città degna di essere visitata, soprattutto se preferite allontanarvi dai percorsi turistici ben battuti e godere del ventre artistico della città e della sua forma d’arte più evidente, famosa e gratuita: i murales.
A lungo Praga, ma non sempre Varsavia
In pratica, e geograficamente, Praga è sempre stata separata da Varsavia. Il suo nome non è un omaggio alla capitale della Repubblica Ceca, ma viene piuttosto dal verbo polacco prażyć, letteralmente “tostare”, per via del fatto che per fare spazio al centro abitato fu dato fuoco al manto boscoso che la ricopriva. Fino al 1791 il distretto era una città a sé stante e l’impossibilità di costruire un ponte permanente tra le due sponde della Vistola fino alla metà del XVIII secolo è stata sicuramente un fattore di separatismo. Alla fine, nel 1791, il re Stanislaw August Poniatowski unì ufficialmente il distretto a Varsavia, privandolo della sua indipendenza (almeno sulla carta).
Praga non ebbe molto tempo per godere del suo nuovo status a causa dell’invasione russa del 1794. Dopo la rapida, ma devastante battaglia (che prese proprio il nome di “Battaglia di Praga”), i russi bruciarono l’intero distretto e massacrarono 20mila polacchi. Durante la Seconda guerra mondiale l’Armata Rossa arrivò a Praga nel luglio del 1944 e si fermò sulla Vistola, lasciando che l’insurrezione di Varsavia fosse repressa nel sangue dai nazisti.
Nei decenni successivi alla fine della guerra, la parte orientale di Varsavia venne trascurata. Mancavano investimenti nelle infrastrutture abitative (si possono ancora trovare edifici con visibili danni di guerra), nella cultura (pochi teatri e cinema) e nella comunicazione. In poco tempo, Praga divenne il quartiere più malfamato della capitale, ravvivato solo dalla vita operaia delle numerose fabbriche sparse per il quartiere.
Il cambiamento del carattere del distretto, il suo rilancio economico e sociale iniziano dopo l’entrata della Polonia nell’Unione Europea (2004), quando i crescenti fondi europei permettono investimenti di riqualificazione che cambieranno il volto al paese. Vengono modernizzate le case popolari, costruiti nuovi complessi residenziali, promosse le attività di sostegno all’imprenditorialità residenziali e alle start-up innovative, e la creazione di luoghi di socialità che incoraggiano i varsaviani a trascorrere del tempo nel quartiere.
Murales “capitalisti” e murales popolari
In questo modo, il quartiere Praga di Varsavia diventa in un battito di ciglia il centro hipster della capitale: locali fantasiosi e industriali, musei atipici (come quello dei neon o quello della vodka), bar locali, ma anche palazzi prebellici e alti condomini di epoca comunista. Proprio le ampie mura di questi edifici, spesso diroccate o di un grigio austero, sono le protagoniste di uno dei simboli più evidenti della rinascita del quartiere, i murales.
Dopo la caduta del comunismo, l’afflusso di merci straniere dovuto all’apertura del mercato ha riempito gli scaffali di vernice spray, che poteva essere acquistata già con denaro polacco e non più, come prima, solo con dollari. Le vernici a spruzzo passarono quindi nelle mani della società. Nacque così il culto dei graffiti, che arrivarono in Polonia con i filmati americani. Ogni superficie libera e ogni parete non protetta dell’edificio era una sfida per i writers, che alternavano parolacce e ingiurie a disegni provocatori e poco sofisticati.
Sul finire degli anni Novanta, però, cominciarono a essere utilizzate tecniche sempre più ricercate, come i template e le scritte decorative. Accanto ai sottotitoli con maledizioni, apparvero personaggi di fiabe, fumetti e caricature. Non passò però molto tempo prima che la nuova borghesia polacca rendesse commerciale questa forma d’arte. Agli inizi del Duemila affluirono i primi ordini pagati per la decorazione delle alte facciate dei palazzi brutalisti. Tra opere su commissione e quelle private, la grande arte uscì in strada e sottolineò la sua presenza nei luoghi artisticamente più poveri, nelle case popolari, nei quartieri periferici.
Infatti, per quanto Varsavia si sia rigenerata grazie a progetti infrastrutturali e a nuove verniciature qua e là, è l’altro tipo di vernice, quella delle lattine, che può essere trascurata. La diversità culturale che questi murales espongono per le strade di Varsavia è vasta e mostra come una città possa cambiare il suo aspetto così velocemente. Inoltre, molti di questi pezzi sono semplicemente belli e piacevoli da vedere.
La Praga dei murales pubblicitari
A Praga Nord, molti murales sono pubblicità di grande formato. Le più antiche sono state realizzate durante il periodo comunista e dagli anni Settanta adornano le pareti superiori delle case popolari. In passato, molte di queste pubblicità erano dipinte sugli edifici di via Targowa. La pubblicità di grande formato più lunga, realizzata durante il periodo comunista e ancora oggi visibile, anche se sbiadita e in molti punti con l’intonaco staccato, è Totolotek – Nasza Gra (“Lotteria – il nostro gioco”), pubblicità del monopolio della Lotteria polacca, dipinta sui muri di tutti gli edifici annessi di Targowa 14.
Il 14 di Via Targowa è un complesso edilizio unico in città, composto da un edificio anteriore e da annessi e connessi che circondano ben 4 cortili. La pubblicità di cui sopra si può ammirare al meglio viaggiando in treno o stando in piedi sul retro di Targowa 16. Sullo stesso lato, al numero 22, si trova il murales pubblicitario Molozol, Muchozol, Sanitozol, iscritta nel registro dei monumenti mobili. È stata realizzata negli anni Settanta e raffigura i prodotti dello stabilimento chimico Azot di Jaworzyna. Molozol e Muchozol erano agenti contro le tarme dei vestiti e le mosche, mentre Sanitozol era un preparato insetticida.
Sull’altro lato, al numero 15, erano visibili fino a poco tempo fa due pubblicità di questo tipo del periodo comunista: Foton e Jubiler. A seguito di un disguido amministrativo, i due murales sono stati imbiancati e coperti, suscitando l’aspra opposizione dei residenti e dei professionisti del patrimonio urbano. Foton, che pubblicizza pellicole fotografiche, è stato riportato a nuova vita, mentre Jubiler (che altro non è che la parola polacca per dire “gioielliere”) è in attesa di essere restaurato ed esposto nuovamente.
Una lenta passeggiata tra i murales del quartiere Praga di Varsavia
Se rifuggite il turismo d’assalto e volete godervi quella che molti considerano la “vera” Varsavia, è indispensabile passare almeno mezza giornata tra le vie di Praga. E il vostro percorso potrebbe essere dettato proprio dai murales che guideranno agilmente il vostro passo. Vicino alla già citata Via Targowa, vale la pena dare un’occhiata al murale Hole in the Whole dell’artista tedesco 1010, realizzato sul muro di un edificio al numero 1 di Via Mackiewcza. Al civico 12 si trova un’installazione tridimensionale e colorata intitolata “Shapes of Colour” di Marzena Turek Gas.
Non lontano dalla bellissima Cattedrale di San Michele Arcangelo e San Floriano, la tragica storia di Varsavia viene ancora una volta celebrata, questa volta sul muro di Via Okrzei 5. Il murales si chiama Powstanie Warszawskie ’44 (“L’insurrezione di Varsavia del ’44”) e raffigura gli eroi di Kamienie na Szaniec (“Pietre sulle barricate”), un libro polacco pubblicato dalla stampa clandestina nel 1943 che descriveva la vita e le attività dei giovani membri del gruppo Szare Szeregi.
Entrando nel cuore del quartiere, in Via Środkowa 17, troviamo uno dei suoi murales più caratteristici. Il Fight Club di Varsavia raffigura due uomini vestiti con abiti del XVIII secolo che si picchiano, con i pugni e lo sfondo rosso del tappeto ad aggiungere drammaticità all’azione. Qualche anno fa, il murales è diventato la genesi di un acceso dibattito tra le autorità di Varsavia e un consigliere, il quale sosteneva che l’opera d’arte promuoveva la violenza, mentre il Comune riteneva piuttosto che mettesse in guardia da essa.
Percorrendo Via Stalowa, a destra e a sinistra, i vostri occhi vedranno più vernice che muri spogli: al numero 47, ad esempio, l’artista britannico Phlegm ha dipinto un mondo distopico in chiaroscuro.
La maggior parte di questi murales sono stati realizzati nell’ambito dei vari Street Art Doping Festival che Varsavia ha ospitato nell’ultimo decennio e più, organizzati dall’associazione Fundacja Do Dzieła.
Laureato in European and Global Studies, ha trascorso due anni in Polonia, prima a Cracovia per studio, poi a Danzica lavorando per la Thomson Reuters. Ha scritto una tesi di laurea magistrale sulla securitizzazione della gestione della pandemia da coronavirus in Polonia, e una tesi di master sull’infuenza politica della Conferenza di Helsinki in Polonia negli anni Settanta ed Ottanta