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Tra le invenzioni che più hanno cambiato il mondo nell’ultimo secolo e mezzo, un posto speciale lo ricopre sicuramente la radio. Tra fine Ottocento e primi anni del Novecento, alcuni scienziati cominciarono ad approfondire gli studi sulle onde elettromagnetiche. Si trattava soprattutto del fisico tedesco Heinrich Rudolf Hertz, dell’italiano Guglielmo Marconi, e del russo Aleksandr Stepanovič Popov. Grazie alle loro scoperte e invenzioni diventò possibile comunicare immediatamente da una parte all’altra del mondo.
Inizialmente, la radio venne usata per i soccorsi in mare o per motivi militari, per poi allargarsi a tutta la società. Da allora non c’è stato evento politico o sportivo che non sia stato raccontato e ascoltato attraverso una radio. In Italia, la prima trasmissione risale al 6 ottobre 1924 con un programma musicale dedicato all’opera, il meteo e la borsa. Ben presto, però, il fascismo si rese conto della potenza di questo strumento, capace di far arrivare il messaggio a masse oceaniche. Nel novembre 1927 nasce così l’Ente Italiano per le Audizioni Radiofoniche (Eiar), erede dell’Unione Radiofonica Italiana (Uri). Negli anni, la radio diventò puro strumento di propaganda in cui si alternavano resoconti politici, militari, discorsi del duce e intrattenimento musicale.
In quegli stessi anni però, molte emittenti dei paesi del blocco comunista cominciarono a trasmettere programmi in lingua italiana. L’obiettivo era solo in parte informare gli italiani di quello che succedeva sia nel paese ospitante che in Italia. Ben più importanti erano i motivi ideologici. Praticamente tutte le emittenti dell’Est Europa erano in grado di raggiungere l’Italia e questo era politicamente significativo sia durante il conflitto armato sia durante la guerra fredda.
Lo racconta benissimo Lorenzo Berardi nel suo libro Radiocronache. Storia delle emittenti italofone d’Oltrecortina, edito da Prospero Editore (2022). Un testo ricco di informazioni, di nomi e di eventi che restituiscono un quadro complesso di relazioni internazionali, rapporti politici ed equilibri interni al blocco comunista.
Le emittenti italofone d’Oltrecortina
Il libro affronta o, come direbbe l’autore, si “sintonizza” con dieci emittenti pubbliche che a partire dai primi anni Trenta trasmisero programmi in italiano da: Mosca, Praga, Budapest, Varsavia, Berlino Internazionale, Bucarest, Tirana, Sofia, Belgrado e Capodistria. Una delle prime a prevedere brevi trasmissioni in italiano fu Radio Mosca nel 1933. Il suo programma, appena quindici minuti a cadenza irregolare, si concludeva con l’Internazionale e prevedeva anche la possibilità di spedire lettere alla redazione con domande e suggerimenti per i temi da trattare.
Nella storia di queste emittenti pubbliche è possibile rintracciare alcuni elementi comuni. Praticamente tutte passarono dall’essere controllate dai nazifascisti a essere portavoce dei governi comunisti alleati dell’Unione Sovietica. Molte di loro, specie nella prima fase, furono animate da gente professionalmente poco qualificata, anche a livello giornalistico. Si trattò spesso di rifugiati politici in fuga dall’Italia o comunisti desiderosi di vivere oltrecortina. Altro elemento comune a molte esperienze è stato il ruolo del Partito Comunista Italiano (Pci) nel sostenere economicamente e strumentalmente le emittenti e nel mantenere i rapporti con i singoli partiti comunisti dei vari paesi. Un obiettivo per nulla raggiunto solamente con Radio Tirana. Dopo esser stata megafono dell’occupante fascista, l’emittente albanese si trasformò velocemente in quello di Henver Hoxha e della sua chiusura ideologica. Non a caso il Pci non inviò mai redattori né ebbe voce in capitolo nei programmi dell’emittente.
Radiocronache dall’Est: le due emittenti di Praga
Ben altro ruolo, invece, esercitò il Pci in altri contesti. A Praga, ad esempio, il Partito poteva contare ottimi rapporti con Radio Praga, l’emittente pubblica controllata dal Partito Comunista Cecoslovacco (Pcc) con al suo interno una redazione italiana i cui programmi erano rivolti agli italiani presenti nel paese. Le acque cominciarono ad agitarsi dopo la repressione della primavera di Praga del 1968, condannata dal Pci che per questo veniva criticato dal Pcc. Tanto che nel 1976 tutti i redattori italiani vennero licenziati in tronco.
Ma Radio Praga non fu l’unica emittente a trasmettere in italiano dalla capitale cecoslovacca. Sin dal 1950 era presente una radio rivolta agli italiani in patria: Oggi in Italia, una rete creata dal Pci e dichiarata fuorilegge in Italia. Curiosa la storia della “villa degli italiani” raccontata nel libro: la villa in cui ebbe sede Oggi in Italia tra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio dei Sessanta. Per capire l’importanza rivestita dall’emittente per il Pci, nel 1967 una delegazione guidata da Rossana Rossanda, Carlo Levi e Pier Paolo Pasolini entrò in contatto con la redazione durante una visita a Praga. Pochi mesi dopo la “villa degli italiani” prese fuoco e i suoi redattori furono ospitati dai colleghi di Radio Praga. Con l’invasione sovietica del 1968 la situazione si capovolse, con i redattori di Radio Praga ospiti nella villa ristrutturata di Oggi in Italia. Anche a causa di ciò, nel giro di tre anni Oggi in Italia cessò di esistere.
Come riportato da Berardi, la Bbc considera Telefon Hírmondó la prima stazione radiofonica del mondo. Nata a Budapest nel 1893, consisteva in “un servizio di notizie e musica trasmette al telefono” e trasmetteva tra le altre cose programmi di politica, una rassegna stampa, le cronache sportive e corsi di lingua, tra cui l’italiano. Radio Budapest nasce “solo” nel 1925, sotto il nome di Magyar Radio. Le prime trasmissioni in italiano cominciarono nel 1936 per poi essere interrotte a causa della guerra. Dopo il conflitto cambiò nuovamente nome in Radio Kossuth e riprendendo le trasmissioni in italiano. Anche in questo caso il Pci contribuì materialmente inviando redattori, contenuti da trasmettere e non pochi soldi.
Quando il 23 ottobre del 1956 folle di manifestanti invasero la capitale ungherese, la redazione si schierò con il governo condannando la protesta. Quella giornata la sua sede venne assaltata dalla folla provocando anche diversi morti. Dopo una breve parentesi di Radio Kossuth Libera, la repressione sovietica ristabilì l’ordine anche nella direzione dell’emittente. Nei decenni successivi il governo prese il controllo totale della radio, esautorando anche il Pci di qualsiasi potere nella redazione italiana, chiusa definitivamente nel 1991 salvo una breve parentesi tra il 2002 e il 2007.
Radio Capodistria
L’emittente geograficamente più vicina tra quelle trattate nel libro è Radio Capodistria, ad appena 10 km dall’attuale confine italo-sloveno. Nel 1949, quando iniziarono le trasmissioni di Radio Trieste – Zona Jugoslava, la città (Koper) si trovava nella zona B del Territorio Liberato di Trieste. Rinominata Radio Koper-Capodistria raggiunse la sua epoca d’oro tra la seconda metà degli anni Sessanta e la prima degli anni Settanta grazie anche ad alcuni ripetitori in Veneto che permettevano di allargare il raggio di ricezione in tutta l’Italia centro-settentrionale in un periodo in cui in Italia vigeva ancora il monopolio Rai. Nel 1979 l’emittente si sdoppiò in Radio Koper, in lingua slovena, e Radio Capodistria, in italiano. Durante la guerra dei dieci giorni del 1991 contro l’esercito jugoslavo, diffuse numerosi annunci alla popolazione.
Nel corso degli anni Novanta, sintonizzarsi sulle frequenze dell’emittente permise a molti ascoltatori in Italia di comprendere meglio cosa stava accadendo sull’altra sponda dell’Adriatico.
Ancora oggi Radio Capodistria mantiene la sua programmazione, con un sito costantemente aggiornato e con numerosi programmi di approfondimento e intrattenimento.
Di recente il nostro Gianni Galleri è intervenuto su Radio Capodistria, puoi ascoltare il suo intervento qui.
Dottore di ricerca in Studi internazionali e giornalista, ha collaborato con diverse testate tra cui East Journal e Nena News Agency occupandosi di attualità nell’area balcanica. Coautore dei libri “Capire i Balcani Occidentali” e “Capire la Rotta Balcanica”, editi da Bottega Errante Editore. Vice-presidente di Meridiano 13 APS.