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Il celebre programma televisivo Game of Thrones mostra allo spettatore una serie caratterizzata da sotterfugi, battaglie militari e tranelli politici che hanno come obiettivo la scalata verso il tanto desiderato trono di spade. Serie televisive come queste catapultano lo spettatore in precisi e strutturati archi narrativi (con chiari rimandi alla storia medievale) dove sono partecipi numerosi modelli di personaggi come il ribelle, la principessa o l’imperatore. Infatti, tra i volti più iconici dello show compaiono gli “uomini del nord” che hanno come leader un comandante forte, virile e abile nei combattimenti (simile caso è il popolo dei Dodrachi – precisamente dei barbari – capitanato da Kahl Drogo e dalla regina esiliata Daenerys Targaryen). A partire dall’interesse per la storia medievale normanna, quella balcanica e la passione per i libri di Martin, come un fulmine a ciel sereno, ci siamo chiesti: “e se Game of Thrones fosse ambientato nella penisola dei Balcani?”
Pensandoci bene, seppur lontani dai sette regni anglosassoni alto medievali (ai quali si ispira ufficialmente George Martin), un parallelismo suggestivo lo si potrebbe individuare con i normanni “italianizzati”, capitanati da Roberto il Guiscardo, che raggiunsero proprio i Balcani nella seconda metà dell’XI secolo.
Prima di cominciare, è doveroso specificare come i rimandi testuali e cinematografici inerenti all’universo di Game of Thrones serviranno come trampolino di lancio per raggiungere il vero obiettivo del testo: ricostruire e raccontare una precisa fetta di storia che ha come filo rosso il contatto tra due contesti ampiamente diversi, i normanni e le popolazioni balcaniche.
The normans are coming: Roberto il Guiscardo e la conquista dell’Albania
Roberto il Guiscardo, così come Jon Snow, proviene dal Nord, appartiene a una dinastia illustre e tra le sue abilità più importanti vi è quella di brandire la spada. Le doti militari del Guiscardo sono impareggiabili e non è un caso che tra i suoi desideri più grandi vi è quello di creare un vasto regno che si inchini ai suoi comandi. Detto in poche parole, Roberto sogna di indossare la corona dell’impero bizantino. La politica messa in atto dal normanno prevede un mix di strategia e forza militare visto che, una volta sceso dal nord della Francia, otterrà passo dopo passo gran parte del sud Italia (tra cui la Calabria e la Puglia e, infine, la città di Bari nel 1071).
Questa sua avanzata danneggiò pesantemente i bizantini, locati all’epoca proprio in queste regioni. Nonostante ciò, Roberto sembrava essere poco soddisfatto tanto che iniziò a manifestare nuovi desideri politici. Gli uomini del Nord cominciarono a guardarsi intorno, decisi nel rendere ancora più grande il loro destino. Dalla Puglia i normanni si affacciarono verso est, in direzione di quelle terre balcaniche che nell’Anno Mille rappresentavano la porta di accesso con la quale era possibile raggiungere l’Impero bizantino.
Ma agli occhi dei normanni che aspetto avevano i Balcani durante l’XI secolo? Una prima risposta la possiamo trovare con la nazione albanese che rappresentava una sorta di satellite tra l’Europa e l’Asia Minore. La strada per la gloria (intesa nello sconfiggere il nemico bizantino) passava proprio dall’Albania meridionale e, infatti, come in un set cinematografico, questa terra si trasformò in un palcoscenico dove sarebbero state combattute numerose battaglie.
Nel 1081, Roberto e suo figlio Boemondo partirono da Brindisi alla volta di Valona, conquistando prima la città stessa e, in seguito, annettendo la sede di Kanina (facendo tappa con le loro navi presso l’isola di Corfù). Tuttavia, giusto per essere precisi, la vera prima pretesa dei normanni era quella di ottenere il porto di Durazzo (Dyrrachium) il quale rappresentava un centro economico preziosissimo poiché garantiva l’ingresso (e il controllo) del Mar Adriatico. Agendo in questa maniera però vennero a crearsi inevitabilmente dei dissidi con la Repubblica di Venezia del doge Domenico Selvo.
Infatti, come l’imponente flotta navale soprannominata “Serpente di Mare” capeggiata da Lord Corlys Velaryon in Fuoco e Sangue (spin off di Game of Thrones sempre firmato da Martin), la Repubblica marinara di Venezia partecipò attivamente alle guerre normanno-bizantine, offrendo le proprie navi al servizio di Costantinopoli.
Le prime fasi della guerra furono poco felici per gli uomini del Nord che si ritrovarono in un primo momento attaccati sia dai veneziani che dai greci per poi essere straziati da una violenta epidemia che contò migliaia di vittime. Eppure, la mano del Guiscardo sembrava non volersi piegare. Una volta espugnata Durazzo, che non disponeva di una difesa particolarmente efficiente, l’esercito normanno tra il 1081 e 1082 riuscì nel respingere le spade di oltre 5mila soldati imperiali, scaturendo la ritirata dei greci.
Tuttavia, la morte improvvisa del Guiscardo (giunta nel 1085 a Cefalonia per via di una violenta febbre) e l’inesperienza del figlio, Boemondo, saranno i fattori cruciali che consentiranno alle forze locali (supportate dai bizantini) di aggiudicarsi nuovamente le proprie case.
Oltre a Durazzo, le milizie normanne si diressero anche verso altri centri come la città macedone di Ohrid o la regione albanese di Dibra dove proprio Boemondo non riuscì ad affondare colpi definitivi. Infatti, la pretesa sull’Albania da parte dei normanni non ebbe mai un degno finale in quanto lo stato di tensione tra le due schiere continuò anche in tempi posteriori alla politica del Guiscardo. Bisognerà aspettare l’arrivo di Guglielmo II detto il Buono (1153-1189) che riuscì in un primo momento a riconquistare Durazzo e, in seguito, attraversare la via Egnatia. Quest’ultima avrebbe condotto il re normanno-siciliano alle porte di Salonicco.
A rivendicare quelle terre tanto contese non furono soltanto le milizie di Guglielmo ma anche quelle dell’imperatore tedesco Enrico VI degliHohenstaufen. Infatti, oltre ai titoli imperiali e quello di re del sud Italia (acquisito mediante il matrimonio con Costanza D’Altavilla), Enrico VI si considerava legittimo amministratore di Durazzo e dell’Albania meridionale.
Ecco, quindi, che una storia costituita da numerosi soggetti come questa riesce perfettamente a creare un ampio immaginario dove l’analisi dei protagonisti diventa fondamentale. Nell’universo di Game of Thrones, ad esempio, compaiono dei personaggi che vestono i panni di cavalieri che operano per il proprio re. Sono i casi del Mastino o di Jaime Lannister i quali appaiono agli occhi degli spettatori come uomini d’onore o di nota fama per i servizi e le abilità da loro padroneggiate.
A tal proposito, se dovessimo rintracciare in queste vicende storiche un personaggio che reincarna il valore della cavalleria medievale (in parallelo con Game of Thrones) emergerebbe il nome di Roberto di Montfort: uomo d’armi che operava per l’esercito normanno-inglese. La spada di Roberto venne impiegata puntualmente presso gli assedi normanni delle città albanesi dove avrebbe trovato la morte e un’annessa sepoltura nei pressi di Ballsh.
I Castelli che non si trovano soltanto nelle favole
L’area sud-ovest albanese possiede alcuni siti archeologici molto interessanti come quelli di Gurëzeza e Mashkjeza, limitrofi all’antico centro di Apollonia. Gli scavi di Gurëzeza, ad esempio, hanno riportato alla luce alcuni reperti e strutture di epoca medievale tra cui un centro religioso, una fortificazione con tanto di torre di avvistamento e, infine, una residenza signorile. Questo sito si è guadagnato il nome (fantasioso) di Le Due Pietre, posizionato vicino al castello di Mylus ove, in teoria, si stanziarono proprio i guerrieri normanni.
La struttura si affacciava su un panorama collinare in quanto, per ovvie ragioni, il castello doveva essere costruito su un’altura che permettesse di vedere ogni movimento. Dall’altezza della collina ove sono situate le Pietre Nere era possibile monitorare la pianura di Cakran (nome ottomano – quindi postumo – che appare nei registi turchi del 1519-20 e del 1570) così come la valle del fiume Gjanica (limitrofa alla strada che collegava Apollonia alla città di Bylis).
Tuttavia, per essere ancora più precisi, l’attenzione verso questo castello non si limitò alla sola storia normanna ma aumentò con il trascorrere dei secoli. Un esempio degno di nota è sicuramente la fonte redatta dal cronista albanese Giovanni Musachi (morto nel 1515) e intitolata Memorie. Quest’ultimo, infatti, descrisse tale area geografica come una zona molto trafficata che aveva come confini naturali la regione della Mallakastra e il fiume Vjosa.
Riguardo alle fonti, la prima volta che si sente parlare del castello di Mylus è attraverso la penna di Anna Comnena (1083-1153), figlia dell’imperatore bizantino Alessio I. Anna accenna alcune informazioni a questo castello precisamente quando la nazione albanese venne attaccata dalle milizie normanne. Con l’avanzamento degli uomini del Nord, l’imperatore di Costantinopoli inviò oltre 20mila uomini in marcia verso l’Albania con l’obiettivo di scacciare ogni forma di assedio. A far parte delle truppe bizantine vi erano numerosi membri della guardia variaga ossia militari originari della Scandinava, discendenti dai famosi vichinghi rus.
Quest’ultimi, in un passato non tanto distante, erano migrati dal settentrione europeo e avevano raggiunto il Mar Nero, ottenendo l’incarico di prestare servizio a favore dell’imperatore romano d’Oriente. Di conseguenza, la guerra avrebbe visto combattere due fazioni dalle origini “comuni” (tenendo conto che, storicamente, anche i normanni discendevano da un “ceppo vichingo”). Con la battaglia di Durazzo, la guardia variaga venne letteralmente annientata dalle truppe della principessa-guerriera Sichelgaita di Salerno, donna dalle origini longobarde nonché seconda moglie del Guiscardo e matrigna di Boemondo.
Tornando a quanto detto da Anna Comnena nella sua opera, intitolata l’Alessiade, la principessa sosteneva come il forte Mylus fosse situato oltre il fiume Deabolis (nome medievale dell’attuale Devoll) e in prossimità del fiume Vjosa il quale, all’epoca, era in parte navigabile.
In primo luogo [Boemondo] riversò tutt’attorno alla città l’esercito barbarico, facendo scaramucce […]; inviando alcuni distaccamenti dell’esercito franco (normanno) combatteva e veniva combattuto. Si impadronì, infatti, di Petrula e della piazzaforte detta del Milo, situata al di là del fiume Diaboli; alcune altre simili località, che si trovano nei dintorni della città di Durazzo, tutte le conquistò per legge di guerra.
Perché soffermarsi su questo argomento? Perché, oltre al castello di Mylus, gli archeologi hanno riconosciuto l’impronta normanna anche nella valle del Vjosa, presso le rovine di Bylis, di Belishova, nella già citata Gurëzeza, e, infine, nel Monastero di Apollonia.
La permanenza nei castelli garantiva ai normanni un’amministrazione più efficiente, un rifugio e uno stato di controllo di tutta la zona circostante. A dire la verità, quindi, le milizie bizantine riconobbero nei castelli albanesi occupati dai normanni dei veri e propri ostacoli da superare. A tal proposito, si racconta di come un comandante discendente della nobile stirpe bizantina dei Cantacuzeno fosse riuscito nell’impresa di espugnare il castello di Mylus, bruciare ogni sua porta di ingresso e inseguire i nemici con lo scopo di catturarli.
Giusto per concludere
A dimostrazione dell’interesse riserbato per i Balcani sia dai bizantini che dai normanni si veda il matrimonio celebrato nel 1258 tra Elena, figlia dell’imperatore Michele II, e Manfredi, principe di Taranto nonché figlio di Federico II. In occasione di queste nozze venne stipulato un accordo che rimarcava la pretesa e l’interesse verso quelle terre:
Michele II, despota dell’Epiro, nel dare in matrimonio sua figlia Elena a Manfredi, principe di Taranto, oltre all’isola di Corcira e alle fortezze di Subotum e Butronto come dote, concede anche alcuni castelli e terre in Albania: Durazzo, Avlona, Canina, Belgrado, i monti di Sfinariza.
In conclusione, è giusto specificare come i normanni non si limitarono nel raggiungere soltanto l’Albania, ma si espansero verso altre realtà balcaniche. Stando ad alcuni storici come Jean Marie Martin, gli uomini del Nord posero sotto il loro stendardo numerose mete come Skopje in Macedonia o il centro di Larissa in Tessaglia.
Come in tutte le storie, fantasy e non, il finale della contesa per i Balcani meridionali tra normanni e bizantini rimase per alcuni aspetti aperto. Lo dimostrano le politiche intraprese da entrambe le parti, precisamente quando nel mirino delle due corone rientrarono obiettivi comuni come il protettorato di Antiochia o in Terrasanta. Eppure, alla fine dei giochi, la capitale imperiale bizantina non venne mai ufficialmente (e direttamente) attaccata dagli uomini del nord a differenza di Approdo del re in Game of Thrones.
Parallelismi e congetture come la serie di Martin con l’intervento normanno in Albania sono architravi della divulgazione storica che consentono di offrire maggiore chiarezza a un contesto decisamente complesso. Pensate che non sia complesso? Effettivamente al termine di questa lettura sarebbe lecito chiedersi: «se Game of Thrones fosse realmente ambientato nei Balcani, in che parte della penisola risiederebbero i draghi?»
Bibliografia impiegata (e consigliata per approfondire l’argomento)
Geary, P. J., Sergi, G., Il mito delle nazioni: le origini medievali dell’Europa, Roma, Carocci, 2016.
Gibbon, E., Storia della decadenza e caduta dell’impero romano, Torino, Einaudi, 2000.
Houben, H., I normanni, Bologna, Il Mulino, 2015.
Ivetic, E., I Balcani, Bologna, Il Mulino, 2020.
Lane, F. C., Storia di Venezia, Torino, Einaudi, 2015.
Martin, J.M., La vita quotidiana nell’Italia meridionale al tempo dei Normanni, Milano, BUR Rizzoli, 2018.
Ravegnani, G., Venezia prima di Venezia: mito e fondazione della città lagunare, Roma, Salerno editrice, 2020.
Ronchey, S., Lo stato bizantino, Torino, Einaudi, 2002.
Xhyheri, S., Muçaj, S., Bushi, S., I normanni nel territorio dell’Albania del Sud. Il caso di Gurëzeza, in «Bulletin du centre d’études médiévales d’Auxerre», 2018, pp. 1-17.
* Laurea triennale in Storia e Tutela dei Beni Culturali e magistrale in Scienze Storiche presso l’Università degli Studi di Firenze. I suoi interessi principali vertono sulla storia medievale con una corsia preferenziale per quella scandinava e normanna, caratterizzata da un’impronta medievalistica.