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Sašo Vollmaier. Quando l’eleganza della musica classica si lascia guidare da ritmi e suoni industriali

Sašo Vollmaier è un pianista, arrangiatore e compositore sloveno a dir poco geniale, diplomato all’Accademia di Musica di Lubiana. Non è esagerato descriverlo come la punta di diamante di una scena artistica europea ambiziosa, che va al di là degli standard convenzionali. Artista particolarmente sensibile e duttile, è aperto alle contaminazioni tra i generi, molto abile nell’interpretare diversi stili musicali. Ha all’attivo numerosi lavori. Ha suonato, tra l’altro, con Bratko Bibič, col duo sloveno “Silence”, e con i “Funtango”. A sua detta, l’esperienza che lo ha finora formato di più è la collaborazione con il gruppo industrial-avanguardistico “Laibach”.

Con Vollmaier abbiamo fatto due chiacchiere prima del suo concerto del 7 febbraio al teatro “Kosovelov dom” – uno dei principali centri culturali sloveni, ubicato a pochi chilometri dal confine di Fernetti (Trieste).

Per celebrare, con qualche ora d’anticipo, la festa della cultura slovena, Vollmaier proporrà infatti il repertorio di “Kind of Laibach”, ovvero la sua interpretazione al pianoforte di alcuni dei brani più rappresentativi dei Laibach, il cui elevato spessore artistico non è stato ancora compreso appieno nemmeno dagli esperti musicali più attenti. Basta citare quest’opera, misteriosa e affascinante, per rendersi conto che Vollmaier è già riuscito a sovvertire i canoni musicali a cui eravamo abituati sino a qualche anno fa…

Quando ti sei interessato per la prima volta alla musica?

Non molto tempo fa mi è stata posta una simile domanda. Al ricordo degli inizi mi sono quasi commosso. Nel periodo in cui ho mosso i primissimi passi, mi facevo guidare soprattutto dall’immaginazione e da una intuizione genuina. Ricordo che nella mia famiglia il canto polifonico la faceva da padrona, e ho cominciato così, già da bambino, a imitare le voci dei famigliari. Quest’esperienza mi ha aperto dei veri e propri orizzonti, soprattutto quando mi impegnavo ad ascoltare le persone per passare da una voce all’altra.

Poco dopo, i genitori mi hanno regalato un flauto a forma di sassofono: è stato il mio primo strumento, grazie al quale sono riuscito a creare i suoni semplicemente con l’aria e l’uso delle dita. Dopodiché ho iniziato a suonare la pianola per bambini, che, col tempo, non appena sono cresciuto, è stata naturalmente rimpiazzata da un pianoforte vero. Ho iniziato a frequentare la scuola di musica all’età di otto o nove anni. Ci sono stati degli alti e bassi – un po’ come capita, del resto, a tutti.

Quando hai maturato la consapevolezza che saresti diventato un musicista professionista?

A sedici anni ho maturato la decisione che questo sarebbe stato ciò che avrei fatto professionalmente e a cui mi sarei dedicato nel corso della vita. Il professor Narcis Grabar, originario di Varaždin, ha compreso perfettamente le mie ambizioni, supportandomi con eleganza e maestria in questo importante passaggio. Lui è stato per me una vera e propria guida.

Sašo Vollmaier
Sašo Vollmaier da bambino (archivio personale)
Vanti numerose ed importanti collaborazioni artistiche. Quali sono quelle che ti hanno arricchito maggiormente?  

Tutte le collaborazioni sono state importanti in entrambi i lati: rimangono tali tuttora. Si tratta di esperienze che percepisco come durature nel tempo, e, alla stessa maniera, qualcosa di unico che, in quanto tale, non vorrei ripetere.

Mi hanno segnato soprattutto le esperienze con il gruppo Big Band di Radlje, dove ho imparato sin da adolescente ad usare il linguaggio dell’improvvisazione musicale, nonché quelle con l’istituto Pantheatre in Francia, dove ho potuto sviluppare i miei lati musicali estremi e (anche) quelli prettamente personali.

In Slovenia ho beneficiato di altre simili opportunità, soprattutto col teatro “Anton Podbevšek” e durante le collaborazioni con l’ensemble musicale Laibach. Naturalmente, nel novero dovrei includere molte persone, artisti sia sloveni che stranieri, con i quali abbiamo incrociato le nostre rispettive strade.

Parlaci del tuo rapporto coi Laibach

Il gruppo Laibach mi ha dato delle ottime basi, proiettandomi verso una visione dell’industria musicale, nonché facendo maturare in me una percezione più ampia e profonda di cosa significhi essere un artista. Grazie ai membri del gruppo ho compreso in fretta quante cose non sapessi rispetto a quelle che già conoscevo e che suonavo regolarmente.

Concerti dei Laibach
Flickr/Allert Aalders
Come ti sei inserito in questo collettivo?

All’epoca, su invito del batterista, decisi di provare a suonare con loro durante qualche serata, poi in occasione di un paio di tour, non appena ho terminato gli studi al conservatorio. Sono rimasto fisso con la band nel periodo che va dal 2006 fino al 2013. A seguito dell’importante esperienza che ho maturato in quegli anni, mi sono trasferito per un soggiorno in Francia, per poi fare nuovamente ritorno a casa (credo fosse il 2018).

A dire il vero, non ho mai lasciato da parte i progetti dei Laibach. Partecipo tuttora attivamente come tastierista o arrangiatore di alcuni dei loro lavori. Anzi, recentemente ho suonato pure nello spettacolo “Alamut” nonché in occasione delle tappe del tour intitolato “Opus Dei”. Non per ultimo, ho collaborato alle uscite dei singoli intitolati Strange Fruit e White Christmas, pubblicati nel corso degli ultimi mesi.

I Laibach stessi, grazie anche al tuo apporto, hanno interpretato alcuni autori classici, Wagner e Bach tra tutti

Si tratta di progetti stimolanti, di alto livello, che passano necessariamente attraverso l’approccio e lo stile che sono i marchi di fabbrica del collettivo Laibach. Conducono gli ascoltatori a scavare in profondità, ben oltre la superficie, per trovare un’immagine nuova e ben diversa sullo sfondo.

Assieme al gruppo abbiamo preso in mano l’opera incompiuta di Bach dal titolo “Kunst der Fuge” (L’arte della fuga), per la quale il celebre compositore non ha specificato la strumentazione. Considerato che la musica della citata opera non ha un tempo specifico e che il suono può essere proiettato perfettamente anche nel futuro, l’approccio analogico/elettronico, scelto per reinterpretarla, si è rivelato particolarmente azzeccato. In questo quadro, alla “maniera” caratteristica di Bach, nella parte finale dell’opera, abbiamo invertito, allungato oppure accorciato alcune frasi musicali, andando a manipolarne il tono. Il risultato è stato sorprendente.

A questo proposito mi sento nel dovere di menzionare l’influenza di Wendy Carlos, che negli anni Settanta si è dedicata con profitto alla rielaborazione di alcune opere di Bach, adoperando versioni innovative di strumenti acustici con l’uso, in aggiunta, dei sintetizzatori analogici. Quel momento ha rappresentato per me una doppia scoperta, e mi sono divertito molto a suonare parti più impegnative senza il suono di pianoforte a cui ero abituato.

Soffermiamoci su “Kind of Laibach”, un’opera a mio avviso monumentale

È la mia interpretazione della musica dei Laibach, suonata al pianoforte. In un certo senso, suonare nei Laibach ha definito profondamente il mio modo di concepire la musica e il mio approccio artistico. Per questo motivo mi è sembrato più che giusto omaggiarli, dedicando a loro il mio primo progetto solista. Ho registrato l’album in soli tre giorni – appena prima e subito dopo il mio compleanno. Viceversa, i preparativi hanno richiesto molto più tempo, all’incirca un anno.

Non ho sviluppato il progetto da solo, bensì mi sono avvalso della preziosa partecipazione del produttore e compositore sloveno Luka Jamnik, che mi ha guidato durante questo percorso, aiutandomi a vincere diverse sfide creative che si sono presentate durante il progetto. Così che ho potuto toccare l’apice artistico, considerando che il programma attorno a cui verte il lavoro è veramente articolato dal punto di vista tecnico. Nonostante tutto, l’album è concepito in modo che dal vivo io possa riposarmi un po’ tra i pezzi, e prepararmi alle nuove sfide.

Tra i brani compresi nell’album, il pezzo Resistance is Futile è sicuramente un elemento portante: man mano si trasforma in Ti, ki izzivaš. Al termine del passaggio e alla fine dell’opera agli ascoltatori non rimane altro che respirare a polmoni pieni. In silenzio.

Qui trovate una playlist dei Laibach curata dall'autore
Durante il percorso artistico ti sei focalizzato persino su Nietzsche e Ligeti, come mai?

Mi affascinano le storie, i loro sfondi, le loro innumerevoli sfumature. Rimango facilmente ammaliato da tutto ciò che si nasconde dietro a una frase, un pensiero, un gesto o la vita stessa. Per me Nietzsche era la logica continuazione del primo progetto. Ligeti era, a sua volta, una continuazione di Nietzsche.

In entrambi i casi sono rimasto impressionato innanzitutto dalla “ignoranza” e dalla simultanea “conoscenza” del mestiere musicale, dall’elevato grado di sperimentazione dei loro lavori e dalle loro storie di vita personali, ma anche dai rapporti che avevano instaurato con altri compositori oppure con gli innovatori dell’epoca, appartenenti a diversi campi dell’arte. In questo contesto mi sono mosso gradualmente, cercando di costruire e migliorare la mia espressione artistica.

Quali progetti hai in cassetto nei prossimi mesi?

Dopo il concerto al Kosovelove Dom di Sesana, in programma il 7 febbraio, il 14 febbraio presenterò un nuovo progetto al festival Ment. Nell’occasione suonerò negli spazi della “Stara Elektrarna” – la vecchia centrale termoelettrica di Lubiana. Durante la serata mi dedicherò ad esplorare musicalmente concetti quali il tempo, la dinamica e le armonie basiche, essenziali.

Qualche giorno dopo mi unirò ai Laibach nel ruolo di tastierista, per proseguire con loro la tournée per un paio di settimane. Finito questo impegno, mi dedicherò ai preparativi e alle prove in vista di un nuovo progetto per uno dei nostri teatri sloveni e con un gruppo di ballo di Lubiana. Oltre a partecipare in veste di compositore, sarò anche direttore artistico.

Segue l’intervista originale in lingua slovena.
Kdaj ste se začeli udejstvovati z glasbo oziroma, kako in kdaj ste se odločili, da se profesionalno posvetite glasbeni umetnosti?

Ravno zadnjič sem dobil enako vprašanje in se skoraj malo raznežil ob spominu na začetke, kjer sta prevladali in vodili le domišljija in intuicija. Začel sem z oponašanjem glasov, v moji družini se je veliko pelo-večglasno. To je odpiralo svetove, saj sem kar hitro zaposlil s poslušanjem in preklapljanjem med različnimi glasovi. Nato sta mi starša kupila frulico v obliki saksofona, to je bil moj prvi stik kjer sem s svojim zrakom in prsti ustvarjal zvok. Nato je prišel na vrsto otroški pianino, ki je s časoma prešel večjega. Pri osmih, devetih letih sem začel hoditi v glasbeno šolo. Tako kot pri vseh ostalih, so (bili) tudi pri meni veliki vzponi in padci, pri šestnajstih sem se strinjal sam s sabo, da je to nekaj kar bi v življenju rad počel in razvijal. Takratni profesor Narcis Grabar iz Varaždina je elegantno poskrbel za ta prehod in me podpiral, usmerjal.

Takoj po opravljeni diplomi na Akademiji za glasbo v Ljubljani ste navezali pomembna sodelovanja z mednarodnimi umetniki: katera uvrščate med najbolj pomenljiva in bogata sodelovanja?

Vsako sodelovanje je bilo (je) pomembno v obe smeri, nekaj kar lahko traja in nekaj česar si ne bi želel ponoviti. Sicer so me najbolj zaznamovala sodelovanja z Big Bandom Radlje, kjer sem se kot najstnik naučil izražati jezika improvizacije, s teatrom Pantheatre (FR), tam sem lahko razvijal svoje glasbene in (tudi) osebne ekstreme. Pri nas sem podobno priložnost dobil v Anton Podbevšek Teatru in skupini Laibach. Tukaj so vključeni seveda posamezniki, tako domači, kot tuji ustvarjalci, s katerimi smo si prekrižali poti.

Ena izmed glasbenih skupin, s katero ste se že zgodaj povezali, je skupina Laibach. Kaj vam Laibach pomenijo, kaj vam sporočajo? Kako ste se z njimi spoznali oziroma kdaj? Ob katerih priložnostih ste s skupino sodelovali in, ali z njo še vedno nastopate?  

Skupina Laibach mi je dala osnovo, vpogled v glasbeno industrijo, prav tako širšo misel kaj pomeni biti ustvarjalec, koliko stvari poleg odigranih tonov sploh ne poznam.
Z njimi sem na pobudo takratnega bobnarja takoj po končani akademiji šel odigrati par koncertov in turnej in nato ostal z njimi med leti 2006-2013. Potem sem se za nekaj let preselil v Francijo in se zopet vrnil domov (okoli leta 2018). Skupine nisem nikoli zares zapustil, še vedno aktivno sodelujem kot klaviaturist ali aranžer za določena dela. Na zadnje pri novem turnejskem programu Opus Dei in Alamutu, tudi pri zadnjih dveh izdajah singlov Strange Fruit in White Christmas.

Nekatere Laibachove skladbe ste predstavili v povsem novi luči: ime skupine Laibach se je z leti uveljavilo v rock, post-industrijski in delno celo v elektronski glasbi. Kaj pa po vašem mnenju predtsavlja njihova glasba na področju “klasične” glasbe (sami Laibach, če se ne motim, so postregli s predelavami Wagnerja, Bacha idr.)?  

Gre za uspešne in inspirativne obdelave, z Laibachovim podtonom, ta povabi v pogled  globljo, drugačno sliko iz ozadja. Pri Bachu smo se lotili obdelave njegovega nedokončanega dela Kunst der Fuge (Umetnost fuge) za katero skladatelj ni določil instrumentacije. Glede na to, da njegova glasba nima določenega časa in da lahko zveni še bolj v prihodnost, je bil analogno/elektronski pristop verjetno dobra odločitev, v tem okvirju smo v Bachovi “maniri” v zaključnem delu procesa tudi sami obračali, podaljševali in skrajševali določene fraze, jim manipulirali ton. Naj omenim tudi Wendy Carlos, ki se je v 70’ ukvarjala s poustvarjanjem Bachovih del izključno iz napisanih tonov in imitiranjem akustičnih glasbil z analognimi sintetizatorji. Zame je bilo to takrat dvojno odkritje, užival sem v igranju zahtevnejših partov brez klavirskega tona, kot sem ga bil vajen do takrat.

Bi lahko na kratko opisali album “Kind of Laibach” z leta 2020? Kako je nastal in koliko časa je trajalo, preden ste album izdali? Kako so se poslušalci odzvali na predelave pesmi, kot so “Brat Moj” in “Resistance is Futile”?

Gre za moj pogled na glasbo Laibacha, ki jo slišim skozi klavir. Na nek način sem ravno z igranjem v skupini Laibach, definiral tudi svoje igranje in svojo smer, zato se mi je zdelo pravilno, da svoj prvi solo projekt posvetim njim. Album sem posnel v treh dneh, pred in po svojem rojstnem dnevu, priprave so trajale dobro leto. Projekta nisem ustvarjal čisto sam, ampak s producentom in skladateljem Luko Jamnikom, ki me je v samem procesu tudi usmerjal in mi podajal razne izzive. Tako sem se dotaknil svojega roba, program je namreč tehnično zelo zapleten. Kljub vsemu je zasnovan tako, da lahko vmes malo počivam in se lahko pripravim na nove viharje. Od omenjenih skladb je “Resistance is Futile”, ki preide v “Ti, ki izzivaš” nekakšen zasčitni znak celotnega projekta, ob katerem na koncu skupaj s poslušalci zadihamo v tišini.  

Na ustvarjalni poti ste se zaustavili tudi pri Nietzscheju in Ligetiju. Kaj vam ta lika predstavljata, kaj vas je pri njih najbolj navdušilo/navdihnilo?

Navdušujejo me zgodbe- kot sem omenil malo prej, ozadja, podtoni in vse, kar se skriva za frazo, mislijo, gesto ali življenjem samim. Nietzsche je zame predstavljal logično nadaljevanje prvega projekta, Ligeti pa nadaljevanje Nietzscheja. Pri obeh sta me privlačila najprej “neznanje” in “znanje” glasbene obrti v določeni meri eksperimentiranja in njuni življenski zgodbi, povezave z ostalimi skladatelji ali z ustvarjalci različnih poljih umetnosti. Počasi gradim in nadgrajujem tudi svoj izraz, vsake toliko se ustavim in ga zabeležim s kakšnim koncertom ali posnetkom.

Kateri so vaši načrti na umetniškem in ustvarjalnem področju za naslednje mesece?  

Kmalu po koncertu pri vas v Kosovelovemu Domu izvajam nov program, ki ga bom predstavil 14. februarja na festivalu Ment. Igral bom v Stari elektrarni. Tokrat raziskujem tempo, dinamiko in čiste, okleščene harmonije. Dan za tem se za kakšna dva tedna kot klaviaturist pridružim skupini Laibach na turneji, nato pa začnem s pripravami in vajami na nov projekt v enem izmed naših teatrov in plesno skupino v Ljubljani. Tam bom v vlogi skladatelja in usmerjevalca človeških glasov.

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Mitja Stefancic
Mitja Stefancic

Nato a Trieste, dopo gli studi conseguiti all’Università dell’Essex e all’Università di Cambridge, è stato cultore in Economia politica all’Università di Trieste. È stato co-redattore della rivista online di economia “WEA Commentaries” sino alla sua ultima uscita. Si interessa di economia, sociologia e nel tempo libero ha seguito regolarmente il basket europeo ed in particolare quello dell’ex-Jugoslavia nel corso degli ultimi anni. Ha tradotto per vari enti ed istituzioni atti e testi dallo sloveno all’italiano e dall’italiano allo sloveno.