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È bastata mezza giornata di sciopero generale dei trasporti pubblici nella capitale macedone per ottenere quello che i dipendenti della JSP – la società dei trasporti pubblici di Skopje – chiedevano invano da settimane: il pagamento dei salari arretrati, la puntualità nel versamento degli stipendi.
Anche un osservatore poco accorto avrebbe saputo prevedere quello che effettivamente è avvenuto la scorsa settimana, se solo avesse prestato attenzione al disagio crescente tra i dipendenti della JSP, la società di trasporto pubblico di Skopje. Come denunciato a più riprese da Micjo Stojanovski, presidente dell’Unione dei sindacati di Macedonia (SSM) presso la JSP, la misura era già colma da diverso tempo. Il pagamento degli stipendi, che per quanto concerne il settore pubblico in Macedonia del Nord viene solitamente corrisposto al 15 del mese, non rispetta quasi mai la scadenza prefissata. Ma l’aumento del costo della vita ha reso questi ritardi insostenibili.
JSP: un’azienda pubblica in difficoltà
Con circa 1.400 lavoratori tra autisti, meccanici e funzionari, 312 autobus e un centinaio di linee urbane e suburbane, la JSP vanta la società di trasporto pubblico più grande della Macedonia del Nord. Fondata nel 1948, è sopravvissuta alle fasi più convulse della storia recente del paese, fino a ritrovarsi negli ultimi anni in una situazione finanziaria piuttosto precaria. Tanto è vero che, quando ancora l’invasione russa dell’Ucraina era un miraggio e la crisi energetica un’improbabile eventualità, l’attuale sindaca di Skopje, Danela Arsovska, faceva del rinnovamento della municipalizzata uno dei suoi cavalli di battaglia più audaci. Arrivando a promettere l’acquisto di 250 autobus ecologici e l’introduzione del trasporto gratuito per tutti i cittadini della capitale.
Ad oggi di quegli autobus e di quelle promesse non è rimasto che un indistinto eco da campagna elettorale. Comprensibilmente, si scherna la sindaca: nel frattempo la Russia ha invaso l’Ucraina, i prezzi del carburante sono schizzati alle stelle e il paese teme un’altra crisi economica internazionale. “Da alcuni mesi”, sostiene la sindaca, “il direttore della JSP [Aleksandar Stojkovski, di recente nomina] sta facendo tutto il possibile per consolidare l’azienda, che deve far fronte a debiti ereditati da milioni di dollari e un aumento del 400 per cento dei costi a causa della crisi energetica”.
Accuse che l’ex direttore della JSP, Christian Chushkov, rispedisce al mittente: “Dopo aver rilevato l’azienda nel 2017, abbiamo ereditato debiti e prestiti non pagati. Dopo i primi due anni della mia attività, siamo riusciti a ottenere un bilancio positivo, e le relazioni finanziarie lo dimostrano”.
In compenso, nell’ultimo anno la società pubblica ha iniziato ad accumulare debiti anche con i vettori privati, che hanno conseguentemente iniziato a ridurre la frequenza delle corse e il numero di linee. Il 17 ottobre l’ulteriore ritardo nel pagamento dell’ennesima mensilità ha spinto gli autotrasportatori del settore pubblico ad annunciare un’imminente mobilitazione generale, fissata per mercoledì 20 ottobre, in caso di mancata remunerazione.
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Rimpallo di responsabilità
Se davvero la miglior difesa è l’attacco, Arsovska è la migliore difenditrice di sempre. Dopo avere additato la malagestione precedente come principale concausa del misero stato in cui versano le finanze dell’azienda municipalizzata, la sindaca ha tirato in ballo anche l’attuale governo macedone, reo di non aver pagato circa 120 milioni di dinari (quasi due milioni di euro) per gli abbonamenti studenteschi degli anni passati.
Il governo, dal canto suo, ritiene di non avere alcun arretrato con la municipalizzata, in quanto la cifra contesa si riferisce all’anno accademico 2020/2021, quando le lezioni non si svolgevano in presenza e quindi gli studenti non necessitavano di alcun trasporto pubblico. E rincara la dose, asserendo che l’amministrazione maldestra della JSP sia un chiaro indicatore di come alcuni comuni gestiscano in modo irresponsabile i fondi destinati al trasporto pubblico.
Ma anche ammesso che l’esecutivo decida di saldare il presunto debito, non è chiaro dove l’azienda possa trovare i fondi per le successive mensilità, dovendo sborsare circa 60 milioni di dinari (all’incirca un milione di euro) al mese per pagare i propri dipendenti.
Nel tentativo un po’ impudente di cavalcare il malessere e porsi alla testa della protesta, Arsovska ha indetto una manifestazione – per la verità poco frequentata – alla vigilia dello sciopero dei trasportatori, che avrebbe dovuto tenersi di fronte al palazzo del governo. Ma i sindacati non si sono lasciati coinvolgere: “Non saremo l’arredamento di nessuno”, si legge nel comunicato congiunto in risposta all’iniziativa della sindaca, rimarcando la loro volontà a non essere strumentalizzati né dal governo né dalla municipalità. “Abbiamo assistito a una patetica manifestazione davanti al palazzo del governo, composta dal direttore della JSP, dal segretario della città di Skopje e dai loro autisti personali”, chiosa una nota del SSM al termine del raduno.
A gettare ulteriore benzina sul fuoco ha contribuito un falso allarme bomba recapitato agli uffici della JSP, che ha fatto ritirare tutti gli autobus dalla circolazione alle prime ore del 19 ottobre. In questo clima già arroventato si è tenuta la prima paradossale seduta straordinaria del consiglio comunale, che è stata caratterizzata dallo scambio reciproco di accuse, colpi bassi e insinuazioni. I consiglieri del Partito democratico per l’unità nazionale macedone (VMRO-DPMNE) hanno biasimato la sindaca per la sua incompetenza, mentre i politici dell’Unione socialdemocratica di Macedonia (SDSM) hanno ricordato loro che nemmeno un anno fa avevano apertamente sostenuto la candidatura indipendente di Arsovska.
Con lo spirito non proprio conciliante che la contraddistingue, la sindaca ha chiamato in causa il sindaco precedente, Hristijan Mickoski, incolpandolo dei contratti conclusi dalla sua amministrazione per conto della JSP e trascinando nella mischia anche l’attuale presidente del Consiglio comunale di Skopje, Trajko Slavevski, la cui unica preoccupazione nell’arco dell’intera legislatura sarebbe stata quale tipo di auto ufficiale e telefono costoso rimediare.
Davanti a questo spettacolo poco edificante della politica scopiese, i sindacati hanno saputo mantenere la barra dritta: “I consiglieri e la sindaca hanno fatto politica senza parlare del vero problema”, si legge nel comunicato rilasciato alla conclusione dell’infruttuosa seduta. “La sindaca e i consiglieri comunali di Skopje sono stati pagati, hanno la pancia piena, noi abbiamo fame. Oggi è il 19, quando verremo pagati, quando mangeremo?” ha chiesto provocatoriamente in conferenza stampa Afrim Mucha, presidente del sindacato indipendente dei conducenti di JSP, confermando lo sciopero previsto per l’indomani.
Mobilitazione generale e altre nubi all’orizzonte
Dopo svariati annunci che non hanno sortito alcun effetto, i dipendenti della JSP hanno infine deciso di incrociare le braccia. Così, per la prima volta nella storia della Repubblica della Macedonia del Nord, Skopje si è svegliata senza un servizio di trasporto pubblico funzionante. I taxi non sono risultati sufficienti per sopperire alla sospensione del servizio pubblico. La città ne è risultata paralizzata.
La seconda seduta straordinaria del consiglio comunale, convocata in fretta e furia, si è svolta in un clima del tutto differente. Davanti all’evidente paralisi della capitale, i consiglieri comunali si sono dimostrati ben più concilianti. La sindaca ha sotterrato l’ascia e ha chiesto ai suoi onorevoli colleghi di collaborare per il bene dell’azienda, dei lavoratori e della città. In una surreale atmosfera da governo di unità nazionale, la seduta ha accettato all’unanimità uno scostamento di bilancio di 133 milioni di dinari (circa due milioni di euro) per poter trasferire immediatamente gli stipendi ai dipendenti.
Non appena la notizia è giunta ai sindacati, lo sciopero è stato sospeso e i mezzi pubblici hanno ricominciato a transitare per la città. I sindacati festeggiano: “Lavoratori e sindacati con la loro unità hanno dimostrato che solo insieme si può lottare per i diritti dei lavoratori, senza cedere alle pressioni politiche”, si legge nella nota congiunta.
Ma restano delle nubi all’orizzonte. Bene plaudere a una misura straordinaria per il pagamento degli stipendi arretrati, ma i dubbi su quelli futuri permangono. Tanto più che i debiti nei confronti dei vettori privati non sono ancora stati saldati: come denunciato da Sloboda Vorezov e Makespress, due compagnie di autotrasporto private, la municipalità di Skopje ha ancora un passivo complessivo di 70 milioni di dinari nei loro confronti. Soldi che se non verranno saldati, annuncia Milorad Dimitrievski – uno dei proprietari di Makespress – comporteranno un’interruzione del servizio.
E non si tratta dell’unica gatta da pelare per il governo della capitale. Il sindacato delle poste macedoni ha indetto interruzioni di servizio per mezz’ora al giorno e una manifestazione il 29 ottobre davanti al palazzo del governo della Repubblica. Il movente, sempre il medesimo: i continui ritardi nel pagamento dei salari.
Tra inflazione, crisi energetica e agitazione sindacale si preannuncia un autunno decisamente caldo per la Macedonia del Nord.
Mosso da un sincero interesse per la storia e la cultura della penisola balcanica, si è laureato in Studi Internazionali all’Università di Trento, per poi specializzarsi in Studi sull’Europa dell’Est all’Università di Bologna. Ha vissuto in Romania, Croazia e Bosnia ed Erzegovina, studiando e impegnandosi in attività di volontariato. Tra il 2021 e il 2022 ha scritto per Osservatorio Balcani Caucaso Transeuropa. Attualmente risiede in Macedonia del Nord, dove lavora presso l’ufficio di ALDA Skopje.