Come potrai immaginare, questo progetto ha dei costi, quindi puoi sostenerci economicamente con un bonifico alle coordinate che trovi qui di seguito. Ti garantiamo che i tuoi soldi verranno spesi solo per la crescita del progetto, per i costi tecnici e per la realizzazione di approfondimenti sempre più interessanti:
IBAN IT73P0548412500CC0561000940
Banca Civibank
Intestato a Meridiano 13
Puoi anche destinare il tuo 5x1000 a Meridiano 13 APS, inserendo il nostro codice fiscale nella tua dichiarazione dei redditi: 91102180931.
A Sinjajevina, nel cuore incontaminato del Montenegro, il secondo pascolo montano più grande d’Europa è minacciato da un campo di addestramento militare. Provvisto di poligono di tiro per la sperimentazione di armi ed esplosivi, il campo è stato ideato per ospitare regolarmente esercitazioni della Nato.
Immaginate un altopiano di più di 1.000 chilometri quadrati, dedicato unicamente a circa 12mila capi di bestiame – perlopiù ovini, caprini, bovini e cavalli – appartenenti alle sole 250 famiglie che abitano tra le sue vette. Immaginate picchi calcarei compresi tra i 1.600 e i 2.500 metri sopra il livello del mare, che comprendono un intero ecosistema unico nel suo genere, generato da un connubio irripetibile tra uomo e natura stabilitosi nel corso dei millenni. Immaginatevi otto tribù, che abitano questi territori da tempi immemori. Figuratevi l’asperità di una vita dedita alla pastorizia a quelle altezze, le tradizioni secolari che hanno stabilito nel corso del tempo un delicato equilibrio con una natura certamente meravigliosa e generosa, ma che talvolta sa essere matrigna e crudele. Pensate al sapore dei prodotti di queste terre, alle loro carni e ai loro latticini, unica fonte di sostentamento per queste genti dagli usi ancestrali. Immaginate la vastità incontaminata del secondo pascolo montano più grande d’Europa. Ecco: ammesso e non concesso che siate riusciti in questo esercizio di immaginazione tutt’altro che scontato, vi sarete fatti un’idea più o meno approssimativa della catena montuosa Sinjajevina-Durmitor, nel cuore del Montenegro.
Ora invece immaginatevi che impatto potrebbe avere su un ecosistema così sommariamente descritto l’installazione di un campo di addestramento per le truppe della più grande alleanza militare del mondo, con tanto di poligono di tiro per la sperimentazione di armi ed esplosivi. Pensate all’effetto per le centinaia di famiglie che vivono isolate da tempo immemore dal resto del mondo, al rischio che ciò comporta per il loro stile di vita e, a cascata, per l’intera biodiversità di Sinjajevina, completamente codipendente dall’intervento umano. Riflettete sul rischio di compromissione delle acque cristalline che danno linfa vitale all’intero altopiano, delle sue falde acquifere che, scorrendo a valle, soddisfano il fabbisogno idrico dell’intera vallata sottostante. Ora riaprite gli occhi e smettete pure di immaginare, perché il poligono di tiro a Sinjajevina non è fantasia: è già una realtà.
Il poligono della discordia
Il governo del Montenegro non è sempre stato così noncurante del patrimonio naturalistico e culturale rappresentato dall’altopiano di Sinjajevina, anzi: fino a qualche anno fa era parte attiva nella sua tutela. L’Unesco aveva già espresso l’importanza del sito nominandolo riserva di biosfera, mentre il Consiglio d’Europa, il virtù dei suoi 7 tipi di habitat e 22 specie appartenenti alla Convenzione di Berna, ha provveduto a inserirlo nella rete smeraldo. Così nel 2018 l’Agenzia per la natura e la tutela ambientale del Montenegro ha commissionato uno studio, cofinanziato dall’Ue, sulla tutela dell’area, giungendo alla conclusione che fosse auspicabile la creazione di un parco nazionale regionale per meglio proteggere questi territori.
Inizia così l’iter legislativo per formalizzare questa decisione, che tuttavia si arena nel 2019. In maniera unilaterale, senza previa consultazione delle popolazioni interessate, di una commissione di esperti o quantomeno delle municipalità coinvolte dal provvedimento, Podgorica decide di ospitare un poligono militare sull’altopiano. Nel giro di breve tempo, forze armate appartenenti alla Nato provenienti da Austria, Italia, Slovenia e Stati Uniti iniziano le loro esercitazioni sull’altopiano.
A nulla è valsa la ferma opposizione del ministero dell’agricoltura e dello sviluppo rurale, del ministero del turismo e dello sviluppo sostenibile, di 5 delle 7 municipalità interessate dal provvedimento e dell’opinione pubblica: il 27 settembre 2019 ha luogo il primo addestramento militare internazionale della Nato a Sinjajevina.
La risposta della società civile montenegrina non si è però fatta attendere. Già nel luglio dello stesso anno si istituzionalizza la Coalizione per lo sviluppo sostenibile, destinata a diventare a stretto giro la più grande organizzazione ambientalista del Montenegro. La petizione per sospendere l’inaugurazione del campo raccoglie il doppio del quorum necessario per presentare un’istanza al parlamento, ma viene ignorata. Sulla spinta di questa mobilitazione dal basso, nel 2020 vede la luce il movimento Save Sinjajevina, che raccoglie il sostegno di un centinaio di organizzazioni da tutto il mondo, e chiede espressamente all’Ue di sospendere i negoziati con il Montenegro qualora la militarizzazione dell’altopiano non cessi.
Venutosi a sapere dell’imminenza di una nuova esercitazione, a ottobre qualche centinaio di attivisti e agricoltori locali si accampano nell’area destinata all’addestramento, impedendo di fatto il suo regolare svolgimento.
Per altri approfondimenti sull’ecoattivismo al di là del meridiano 13, clicca qui
La lotta per Sinjajevina continua
Nonostante l’alternarsi di più governi in questo lasso temporale, e nonostante le promesse ormai di rito riguardo la volontà di proteggere lo straordinario patrimonio naturalistico del Montenegro, fino a oggi poco è stato concretizzato, come sottolineato anche dalla risoluzione del parlamento europeo del 23 giugno 2022 sui progressi dei capitoli negoziali con Podgorica per l’accesso all’Ue. Per quanto riguarda il capitolo ambientale, al punto 64 del documento si legge infatti che il Montenegro è nuovamente sollecitato a “prendere misure urgenti per tutelare le aree protette”, esprimendo preoccupazione per “il danno apportato ai bacini idrici e ai fiumi legati ai progetti infrastrutturali, tra cui il lago Skadar, Sinjajevina, Komarnica e altri”; ci si rammarica poi che “nonostante i primi progressi, la questione della Sinjajevina non è ancora risolta”, invitando le autorità competenti ad “applicare sanzioni efficaci, dissuasive e proporzionate per tutti i reati ambientali e a eliminare la corruzione in questo settore”.
Ma poco di questi moniti e consigli sembra essere giunto nella compagine di governo, con ogni probabilità restia a deludere un’alleanza militare nella quale il Montenegro è tra gli ultimi arrivati (Podgorica aderì al Trattato del Nord Atlantico nel 2017). L’impegno nei confronti dell’alleanza atlantica, difatti, non sembra essere cambiato di molto. L’ultimo ministro della difesa chiamato a esprimersi al riguardo, Raško Konjević, a luglio dell’anno scorso (appena una decina di giorni dopo la pubblicazione della risoluzione del Parlamento europeo) affermava che “Non è logico annullare la decisione riguardo al campo di addestramento militare a Sinjajevina”, annunciando al contrario nuove esercitazioni nell’altopiano.
Nonostante queste dichiarazioni poco incoraggianti, la combattività e la perseveranza degli attivisti di Save Sinjajevina sembra aver dato i suoi frutti: la loro lotta ha travalicato i confini nazionali, spingendo politici e rappresentanti della società civile di tutta Europa a esprimere solidarietà nei confronti del movimento. Dopo aver raccolto più di 20mila firme per la petizione internazionale in difesa dell’altopiano, il 18 luglio scorso il ministro dell’Ecologia si è pubblicamente impegnato a far diventare Sinjajevina un’area protetta.
A un governo e 8 mesi di distanza, queste garanzie sono ancora lettera morta. Ma gli attivisti di Save Sinjajevina restano vigili.
Mosso da un sincero interesse per la storia e la cultura della penisola balcanica, si è laureato in Studi Internazionali all’Università di Trento, per poi specializzarsi in Studi sull’Europa dell’Est all’Università di Bologna. Ha vissuto in Romania, Croazia e Bosnia ed Erzegovina, studiando e impegnandosi in attività di volontariato. Tra il 2021 e il 2022 ha scritto per Osservatorio Balcani Caucaso Transeuropa. Attualmente risiede in Macedonia del Nord, dove lavora presso l’ufficio di ALDA Skopje.