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“Sparwasser. L’eroe che tradì”. Una recensione

Sappiate che la gioia più grande l’avete regalata a chi ricorderà per sempre questa partita, a chi tra un anno, tra dieci, tra venti, incontrando un amico gli domanderà: e tu dov’eri quella sera?

Le gesta sportive di Jurgen Sparwasser hanno incrociato in maniera indissolubile i destini del calcio con quelli della politica. Il gol realizzato ad Amburgo nel 1974 contro la Germania Ovest ha significato tantissimo per la storia del suo paese e per quello dell’Europa in un periodo di divisioni e contrapposizioni, come la seconda metà del Ventesimo secolo. Tuttavia, quello che sembra emergere con forza dall’opera di Giovanni Tosco, Sparwasser. L’eroe che tradì, uscito per Edizioni Minerva, è che, parafrasando, l’attaccante tedesco orientale voleva “solo giocare a calcio”.

Con il passare dei minuti la Germania Orientale acquistò fiducia nei propri mezzi e fu proprio Hamann, al 33’, a inventare un lancio in diagonale di trenta metri per pescare sulla trequarti, leggermente spostato sulla destra, Sparwasser, che si liberò di Hottges e Vogts e, prima del tentativo di intervento di Beckenbauer, ebbe il tempo di guardare Maier in uscita e batterlo con un tocco ravvicinato di destro.

Dalle pagine del libro emerge un personaggio interessante, ma molto più “normale” di quello che invece ci si aspetterebbe dal posto che la storia del secolo scorso gli ha riservato. Non un divo, non un eroe, non un alfiere della rivoluzione, né un paladino della restaurazione. Un uomo, come tanti, diviso fra la vita familiare e il calcio, la professione che lo coinvolgerà per tutta la vita.

Due amori che dureranno per sempre e ai quali non rinuncerà mai. Anche il tradimento, che si ritrova nel sottotitolo, non avviene in maniera violenta e simbolica, ma sempre all’interno di una dimensione intima e personale. Lo Sparwasser di Tosco non scappa per dare una lezione alla Stasi (o almeno non solo), ma per riservare un futuro migliore a se stesso e alla sua compagna di una vita. 

L’uomo e la donna si incamminano verso la stazione della U-Bahn, la metropolitana. […] Scendono dal treno. […] Salgono su un taxi e quando, dopo qualche minuto, arrivano a destinazione trovano la chiave, nascosta con cura dietro a un cespuglio. Aprono la porta, entrano. Chiudono la porta. Lasciano fuori il passato, che fino a poco tempo prima era il presente. Lasciano fuori la Repubblica Democratica Tedesca.

Il calcio è, insieme a Sparwasser, il protagonista del libro. Con lo scorrere delle pagine si dipana anche la storia del pallone nella Germania dell’Est nell’epoca d’oro del Magdeburgo, la squadra dove ha sempre militato il nostro atleta. Affermazioni in campionato, ma non solo, anche nelle coppe europee, chiedere al Milan, sconfitto in maniera abbastanza inattesa in un De Kuip di Rotterdam tristemente vuoto (solo 4.600 spettatori).

Insieme a Sparwasser emergono tanti altri personaggi in qualche modo secondari, che hanno fatto la storia della Oberliga. Nomi di squadre come Dynamo Berlino o Dynamo Dresda, che sanno di infrasettimanale di coppa, di campi con una pessima visuale, di Coppa Uefa o Coppa delle Coppe. Rappresentanti di un calcio lontano, irrimediabilmente perso nelle naturali evoluzioni di questo sport. 

Lo stile di Sparwasser. L’eroe che tradì

L’autore che è giornalista di “Tuttosport”, dove dal 1997 è uno dei responsabili del settore calcio e cura la pagina settimanale dedicata all’editoria sportiva, ci regala un libro molto ben scritto. Sparwasser. L’eroe che tradì fugge via, pagina dopo pagina, senza mai appesantire il lettore e ricreando delle atmosfere che portano chi legge ad immedesimarsi nei campi sportivi gelati della Germania orientale.

O negli appartamenti di quella nazione che oggi non esiste più e che sarebbe collassata pochi mesi dopo la fuga del protagonista. Un’operazione non semplice quella di trasportare il pubblico in un mondo lontano, non solo nello spazio, ma anche nel tempo e soprattutto nella mentalità. Un paese socialista, animato da valori differenti, alieni al mondo capitalista del quale volenti o nolenti facciamo parte da sempre e in maniera ancora più forte (per mancanza di un’alternativa) a partire dal 1989.

Sempre sul calciatore tedesco orientale leggi: Sparwasser, un mito in fuga

Sparwasser. L’eroe che tradì entra a pieno titolo in quel sotto-filone che è la letteratura sportiva che parla della Germania dell’Est. Con C’era una volta l’est di Roberto Brambilla, edito da Edizioni Incontropiede, va a costituire una coppia di colonne portanti, per tutti coloro che vogliono approfondire il tema del calcio in quella regione, senza lasciarsi trasportare da storie risentite e triti stereotipi.

Infatti, uno dei più grandi problemi di certo tipo di letteratura è quello di giocare sempre intorno ai soliti fatti – più o meno confermati – e riproporli come una sorta di mantra rassicurante per il lettore. Lettore che però non scopre nulla di nuovo, ma ritrova solo le “care vecchie storie” che già conosceva. È un male molto comune quando si parla di ex paesi socialisti. Per fortuna ci sono anche testi come quello di Tosco, che spostano l’asticella un po’ più in alto.

Il Mondiale del 1974 è stato quello tramite il quale ho conosciuto il mondo. L’ho portato dentro di me. Poi con l’arrivo dei 50 anni mi sono deciso a scrivere una biografia romanzata. Fra l’altro c’ho messo davvero poco a scriverlo perché era già dentro di me, non restava che metterlo su carta…

Sparwasser. L’eroe che tradì di Giovanni Tosco, Edizioni Minerva, 2024.
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Gianni Galleri
Gianni Galleri

Autore dei libri “Questo è il mio posto” e “Curva Est” - di cui anima l’omonima pagina Facebook - (Urbone Publishing), "Predrag difende Sarajevo" (Garrincha edizioni) e "Balkan Football Club" (Bottega Errante Edizioni), e dei podcast “Lokomotiv” e “Conference Call”. Fra le sue collaborazioni passate e presenti SportPeople, L’Ultimo Uomo, QuattroTreTre e Linea Mediana. Da settembre 2019 a dicembre 2021 ha coordinato la redazione sportiva di East Journal.