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La bussola è stata tra le invenzioni più importanti e geniali della storia. Il suo ago magnetico punta sempre verso nord permettendo così di orientarsi e non perdersi in luoghi sconosciuti. La bussola che Sara Urbani e Marco Boscolo ci mettono a disposizione, però, non punta verso nord ma verso est, alla scoperta di quella “Europa di mezzo” ancora troppo poco conosciuta. Con il loro podcast Kompas (bussola, in molte lingue slave) ci accompagnano alla scoperta di storie spesso dimenticate ma fortemente legate alla Storia del resto d’Europa. Di seguito una loro intervista.
Prima di addentrarci nei temi e nelle storie raccontate in questo lavoro, facciamo un passo indietro. Da dove nasce l’idea di un podcast?
Marco Boscolo: Oltre a essere degli appassionati di podcast, abbiamo entrambi dei trascorsi radiofonici. per cui lo strumento audio era per noi già molto familiare e vicino. Quando abbiamo pensato di unire questo nostro background con una delle nostre passioni, cioè tutta quell’area dell’Europa dell’est che va dalla vecchia linea della cortina di ferro fino all’area che oggi viene definita “post-sovietica”, allora è venuto naturale farlo con lo strumento del podcast e non fare l’ennesimo blog o libro di viaggi. Avevamo pensato a questa possibilità ma poi abbiamo deciso di scartarla in favore del podcast.
Sara Urbani: Quando viaggiamo andiamo a vedere anche le cose più classiche, quelle da cartolina, poi però ci appassioniamo, forse anche in modo ossessivo, alle microstorie un po’ nascoste, magari leggiamo un cartiglio oppure troviamo nel bookshop un libro assurdo e da lì ci si apre la tana del Bianconiglio, ci finiamo dentro e cominciamo a leggere qualsiasi cosa. Abbiamo voluto mettere insieme questa raccolta di libri, aneddoti, storie, viaggi nostri, racconti, dandogli un filo conduttore e provare appunto a fare questa raccolta di storie che si collegano, che uniscono il macro e il micro, che collegano storia e geografia, ed è anche una scusa per raccontare delle cose che magari sono meno note al grande pubblico.
Perché questo nome? Cosa significa Kompas?
S: Volevamo inserire nel titolo una parola che fosse in una delle lingue o che comunque avesse un’assonanza quanto più possibile con le lingue del ceppo slavo parlate in gran parte dei paesi che erano oltre la cortina. Alla fine, ci piaceva questa idea della bussola che ti guida ma che ti lascia anche spazio per divagare. Kompas è una parola breve, ha un suono familiare. E poi ci piaceva che volesse dire più o meno la stessa cosa in quasi tutte le lingue slave. Noi indichiamo una rotta ma poi ognuno a partire da ogni puntata può approfondire e trovare altre strade. Noi in un quarto d’ora chiaramente proviamo a dire quello che si può, facciamo una sintesi, ma in ogni puntata ci sono anche dei consigli, citiamo delle fonti da cui abbiamo attinto informazioni, diamo dei consigli ulteriori di ascolto, perché per chi volesse approfondire questo è solo l’inizio di un viaggio. La nostra speranza è quella di riuscire a incuriosire quanto più persone possibile e farle appassionare ai luoghi e a queste storie.
Passiamo alla domanda fatidica, quella che tutti gli amanti di posti considerati “esotici”, solo perché magari non attraversati da grandi flussi turistici e non al centro del dibattito politico internazionale, si sentono fare spesso: perché l’Europa dell’est?
M: Sara forse lo può dire per esperienza personale anche più di me, visto che lei l’area dell’ex Jugoslavia la frequentava anche con la famiglia. Io l’ho conosciuta da grande e la cosa che mi ha colpito sempre, andando in quei paesi e nei Balcani in senso lato, è questo strano sentimento di straniamento e di lontananza dall’Europa che conosco più da vicino, dove sono cresciuto, ma allo stesso tempo una familiarità molto forte. Tutto ciò è strano, perché a volte mi sono trovato senza questo sentimento di straniamento in paesi più lontani. Invece lì, in questa “Europa di mezzo”, sentivo questa sensazione che era qualcosa di misto: lontananza-vicinanza. Abbiamo cominciato per tanti anni a girarci dentro, come turisti e viaggiatori incuriositi, e mano a mano che andavamo in questi paesi abbiamo incrociato storie diverse che ci hanno colpito molto. Quando tornavamo a casa e raccontavamo ad amici e parenti i nostri viaggi, spesso rispondevano “ma perché sei andato in Ucraina in vacanza quattro volte?”, “va bene, ma perché in Bosnia? Cosa c’è da vedere?”. Il podcast è stato quindi anche una sorta di tentativo di “giustificarci” raccontando queste storie. Nonostante siano aree del mondo di cui sappiamo relativamente poco, penso al mainstream e a quei giornali che quando parlano di questi paesi spesso brancolano nel buio, in realtà tanta storia prodotta in questi paesi ha avuto un’influenza enorme anche su di noi. Magari la macrostoria è più conosciuta, come l’assedio di Stalingrado, ma il fatto che, per esempio, uno dei personaggi del podcast, Jan Sobieski, sia un polacco nato nell’odierna Ucraina forse non lo sa quasi nessuno, solo noi appassionati. Eppure è un personaggio fondamentale della storia europea. Volevamo raccontare queste storie, cercare di avvicinare amici e parenti a una passione che noi abbiamo e a una marea di microstorie che altrimenti rischiano di rimanere ancora dimenticate.
Esiste questa cosa, anche un po’ bizzarra, per cui tutta una parte d’Europa, che noi abbiamo chiamato “di mezzo”, era fino a poco tempo fa Europa centrale. Ai suoi tempi, Sobieski non si sentiva uno dell’Europa orientale, si sentiva uno che viveva nel cuore dell’Europa continentale. È una cosa di cui abbiamo parlato molte volte con Sara. È come se fossero bastate due, tre generazioni, quelle dalla Seconda guerra mondiale agli anni Novanta, per far spostare il baricentro dell’Europa in maniera così netta e questa è una cosa che a me colpisce. Bruxelles è stata scelta come capitale europea, ma se prendi una cartina geografica la città non è proprio al centro del continente come potrebbe essere invece Berlino. Non voglio aprire una diatriba geopolitica, però è chiaro che abbiamo una nostra percezione di cos’è “Est Europa”. Perché Atene non è percepita come Est Europa? Esiste una geografica percepita che però si può decostruire e ricostruire. Non saremo noi a farlo probabilmente, però forse ascoltando il podcast qualcuno potrebbe riflettere anche su questo aspetto.
S: Come diceva Marco, sappiamo tutto quello che succede a Parigi, ogni singolo gossip di Londra e poi c’è un intero ed enorme pezzo del continente di cui solo recentemente, anche a causa della guerra, ci si è accorti. Stiamo imparando che forse dobbiamo capire che cosa succede in Ungheria, che magari ci interessa sapere chi c’è al governo in Polonia. Noi siamo appassionati da sempre, però adesso c’è anche curiosità.
Come avete scelto i personaggi di cui parlate nel vostro podcast?
M: Quando abbiamo cominciato a pensare alle singole puntate, qualsiasi cosa avessimo deciso Ivo Andrić doveva esserci. Io ricordo ancora esattamente dove ero seduto quando ho letto la prima pagina del Ponte sulla Drina, che è stato il primo libro di Andrić che ho letto. Ricordo dove ho letto alcuni dei capitoli perché mi sono totalmente appassionato a quella lettura. Parliamo di un capolavoro assoluto, di uno scrittore premio Nobel per la letteratura. Mi sembrava assurdo che, nonostante sia morto tutto sommato da poco tempo, non ne sapessimo quasi niente in Italia. Il Ponte sulla Drina era un libro che si trovava solo in biblioteca. Adesso invece è possibile leggere molto altro, grazie soprattutto alla casa editrice Bottega Errante. Per un periodo però qualsiasi scrittore, molti anche sopravvalutati, che scriveva in francese o in inglese, veniva tradotto in italiano e pubblicizzato, mentre un nome del livello di Andrić invece è stato completamente dimenticato. Un altro elemento importante è che abbiamo deciso fin da subito di parlare di storie che avessero un contatto con luoghi che abbiamo visitato di persona, come la casa di Andrić, il castello natale di Sobieski. Anche se non abbiamo fatto riprese video o audio di quei posti, volevamo comunque trasmettere le nostre impressioni.
In ogni puntata ospitate l’intervento di un/una esperto/a. Come avete scelto i vostri ospiti?
S: I personaggi li abbiamo scelti in base ai nostri viaggi, alla nostra curiosità. Gli ospiti invece sono venuti dopo, una volta definite le storie che avevamo da raccontare. Non è stato particolarmente difficile trovarli perché abbiamo cercato in primis nella nostra cerchia: amici, conoscenti, case editrici che frequentiamo. Abbiamo scelto delle persone che ci sembrava potessero avere qualcosa da dire su quell’argomento e che fossero facilmente raggiungibili. Le persone che abbiamo incontrato sono state tutte molto disponibili e ci hanno regalato le loro riflessioni, dopodiché abbiamo imbastito le puntate sulla base delle cose che ci raccontavano.
Oltre agli ospiti, in ogni puntata indicate alcune letture per approfondire la storia trattata. Senza entrare troppo in discorsi “accademici”, come avete scelto le vostre fonti?
S: Le nostre fonti sono ovviamente molte di più di quelle che citiamo, ma non avevamo assolutamente un intento accademico. Per ogni puntata abbiamo scelto fonti molto accessibili per non costringere gli ascoltatori a comprarsi necessariamente dei volumi. Come orientamento abbiamo cercato di tenere un taglio abbastanza divulgativo.
M: C’è anche l’aspetto, comunque importante, che noi siamo appassionati di quel mondo ma non parliamo le lingue di quei paesi, per cui leggere le fonti in lingua non era nelle nostre possibilità. Il metodo che abbiamo usato è quello giornalistico, quindi anche con l’utilizzo di fonti orali, su cui però abbiamo sempre avuto l’accortezza di fare almeno un doppio riscontro. Sicuramente avremo commesso degli errori, però abbiamo cercato di applicare questa regola e quindi di avere almeno due fonti potenzialmente indipendenti che confermassero l’andamento degli eventi.
Tra le sei puntate di questa prima stagione, quale vi ha appassionato di più?
M: Personalmente la storia che mi ha appassionato di più è stata quella di Sobieski perché è un personaggio incredibile, un militare, un politico ma contemporaneamente mi è sembrato un tipo divertente. Sapeva vivere e se l’è goduta a modo suo. Inoltre è al centro di un nodo storico veramente importante della storia europea. Io ricordo, quando andavo a scuola, che Sobieski a un certo punto arriva, non si sa da dove e non si sa poi dove finisca. E invece ha tutta una vita dietro che è fondamentale.
S: Io tenevo particolarmente alla storia di Darinka Petrović-Njegoš. Volevo che ci fosse almeno un personaggio femminile dato che la storia, soprattutto quella più remota, è tutta al maschile. Con un po’ di fatica quindi siamo riusciti a trovare un personaggio femminile che non fosse soltanto comprimaria, “la moglie di…”. Il nostro intento è stato quello di trovare un collegamento tra un “altrove” e un “al di qua”, una storia più vicina a noi. Darinka Petrović-Njegoš è forse un personaggio meno centrale della grande Storia, ma il suo legame con l’Italia ci ha permesso di creare un collegamento. Ci piaceva questo gioco di specchi tra lei che da Trieste, seppur di famiglia serba, si sposta in Montenegro e una principessa montenegrina che invece, una generazione dopo, dal suo paese viene in Italia. Come se ci fosse questo doppio binario di andata e ritorno, di queste donne che venivano anche un po’ usate come merce di scambio diplomatico con la politica dei matrimoni e mi piaceva l’idea di restituire anche questo pezzo di storia.
Quale è stato invece il personaggio più difficile da trattare?
S: Sicuramente Andrić, perché condensare un gigante del genere in un quarto d’ora di puntata è impossibile. Cosa dici? Potresti parlarne per ore.
M: Per me forse Cirillo e Metodio. Intanto perché sono due e non uno e già questo poneva un problema. In più sono figure molto più datate rispetto agli altri, quindi c’è anche un salto storico molto importante rispetto alle altre storie che raccontiamo. Poi la loro storia si interseca con la questione linguistica e con quella religiosa, quindi diventa un tema molto complicato da maneggiare in cui è abbastanza facile fare errori. Inoltre non ci sono molte fonti in italiano o in inglese e questo ha reso tutto più complicato.
State pensando già a una seconda stagione?
S: Se fosse per noi molto volentieri. Vediamo come va questo primo ciclo. Abbiamo molte altre storie da raccontare, quindi una seconda stagione ce l’avremmo già in testa e non ci dispiacerebbe farla. Attendiamo anche i riscontri dal pubblico e da chi ascolta queste prime puntate.
Dottore di ricerca in Studi internazionali e giornalista, ha collaborato con diverse testate tra cui East Journal e Nena News Agency occupandosi di attualità nell’area balcanica. Coautore dei libri “Capire i Balcani Occidentali” e “Capire la Rotta Balcanica”, editi da Bottega Errante Editore. Vice-presidente di Meridiano 13 APS.