Scritto nel 1904, durante la guerra russo-giapponese, Odumajtes’! (Ricredetevi!) di Lev Tolstoj vedrà la luce in Inghilterra, dove lo invierà l’editore (amico, consigliere, braccio destro) del conte di Jasnaja Poljana, Čertkov. Pubblicarlo nella Russia zarista non sarebbe stato possibile e le successive edizioni russe del 1906 e 1911 vennero infatti confiscate, benché il testo avesse ricevuto fin dall’inizio una grande circolazione in forma non ufficiale. I giornali russi dell’epoca reagirono descrivendo questo lungo articolo come “volgare e spregevole” (così Graždanin), frutto “antipatriottico” di un “errore o di un crimine”, in ogni caso da “condannare” (così Moskovskie vedomosti).
Non è casuale che una nuova edizione in traduzione italiana di questo testo di Lev Tolstoj sia uscita proprio lo scorso maggio (per le edizioni del GruppoAbele), dopo l'invasione russa dell'Ucraina dello scorso 24 febbraio. Noi qui ne traduciamo soltanto alcuni estratti, sempre attuali (per chi legge il russo, qui l’originale):
“Le persone istruite non possono non sapere che i pretesti per le guerre sono sempre quelli per cui non vale la pena sprecare non soltanto una vita umana, ma anche solo un centesimo di quei mezzi che vengono impiegati per la guerra. […] E improvvisamente inizia la guerra e tutto ciò viene dimenticato all’istante, e quelle stesse persone che ieri ancora sottolineavano quanto le guerre fossero crudeli, inutili, folli, oggi pensano, parlano, scrivono solo come uccidere più gente possibile, come devastare e annientare quante più opere del lavoro della gente, e come infiammare più forte le tendenze misantropiche in quelle persone pacifiche, inoffensive e laboriose che con il loro lavoro nutrono, vestono e mantengono quelle stesse persone apparentemente istruite che le costringono a commettere queste azioni terribili contrarie alla loro coscienza, bontà e fede. […]
E un giovane uomo infelice e confuso, riconosciuto come capo da un popolo di 130 milioni di persone, costantemente ingannato e costretto a contraddire se stesso, crede e ringrazia e benedice l’esercito che egli chiama suo, perché uccida e protegga quelle terre che egli ha ancor meno diritto a chiamare sue. […]
Il governo incita e incoraggia folle di sfaccendati che, girando per le strade con un ritratto dello zar, cantano, gridano “Evviva” e, con il pretesto del patriottismo, commettono ogni tipo di atrocità.[…]
E inebetiti dalle preghiere, dai sermoni, dai proclami, dalle processioni, dalle immagini, dai giornali, la carne da cannone, centinaia di migliaia di persone vestite tutte uguali, con varie armi omicide, lasciando genitori, mogli, figli, con l’angoscia nel cuore, ma con una spavalderia montata, si dirigono lì dove, rischiando la morte, commetteranno l’atto più tremendo: l’omicidio di persone che loro non conoscono e che non hanno fatto loro nulla di male. […]
E tutto questo non solo viene visto come una manifestazione di sentimenti elevati, ma chi si astiene da tali manifestazioni, se cerca di far ragionare le persone, viene considerato un traditore, un fedifrago e corre il rischio di venire insultato e picchiato da una folla ferina di gente che in difesa della propria follia e crudeltà non dispone di altra arma che non sia la rude violenza. […]
Tutta questa eccitazione innaturale, febbrile, malata, folle, che si è ora impadronita degli strati più alti della società russa, è soltanto un segno della consapevolezza che ciò che avviene è qualcosa di criminale. Tutti questi discorsi sfacciati, falsi, che parlano di devozione, di adorazione del monarca, di esser pronti a sacrificare la vita (meglio dire quella di qualcun altro, non la propria), tutte queste promesse di proteggere la terra altrui con il proprio petto, tutte queste benedizioni reciproche senza senso con stendardi vari e icone mostruose, tutte queste preghiere, […] tutta questa terribile e disperata menzogna giornalistica, che non ha paura di essere smascherata in quanto è generale, tutto questo inebetimento e inselvatichimento in cui si trova ora la società russa e che si sta trasmettendo a poco a poco anche alle masse, tutto ciò è soltanto un segno della consapevolezza che l’atto tremendo che si sta compiendo è qualcosa di criminale. […]
Chiedete a un ufficiale, a un generale, perché va in guerra: vi dirà che è un militare e che i militari sono necessari per difendere la patria. […] “In questo momento che la patria è in pericolo, occorre agire, non discutere”, vi dirà.
Chiedete ai diplomatici che preparano le guerre con i loro inganni perché lo fanno. Vi diranno che l’obiettivo del loro lavoro è stabilire la pace tra i popoli e che questo obiettivo non si raggiunge attraverso teorie ideali e irrealizzabili, ma attraverso l’attività diplomatica e la preparazione alla guerra. […] parleranno degli interessi della Russia, della disonestà delle altre potenze, dell’equilibrio europeo, non della propria vita e del proprio lavoro.
Chiedete ai giornalisti perché incitano le persone alla guerra con ciò che scrivono: diranno che le guerre sono in genere necessarie e utili, specialmente quella attuale, e confermeranno questa loro opinione con vaghe frasi patriottiche. […]
Lo stesso dirà lo zar, apparentemente il colpevole di tutto ciò. Lui, come un soldato, sarà sorpreso dalla domanda sulla necessità della guerra attuale. Non ammette nemmeno il pensiero che sarebbe possibile ora fermare la guerra. Dirà che non può non fare ciò che tutto il popolo gli chiede, che sebbene riconosca la guerra come un grande male e abbia usato e sia pronto a usare tutti i mezzi per sconfiggerla, in questo caso non poteva che dichiararla e non può non portarla avanti. È necessario per il bene e per la grandezza della Russia […].
“Dove te ne stai andando?”. Ecco l’esatta espressione di quello stato d’animo che nel mondo ufficiale e giornalistico si traduce con le parole: “Per la fede, lo zar e la patria”. Coloro che, lasciando le famiglie affamate, si dirigono verso le sofferenze e la morte, parlano di ciò che provano: “Dove te ne stai andando?”. Coloro che siedono al sicuro nei loro lussuosi palazzi affermano che tutti i russi sono pronti a sacrificare la propria vita per l’adorato monarca, per la gloria e la grandezza della Russia”.
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