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Meridiano 13, media partner del Trieste Film Festival, ha scelto quest’anno di raccontarvi un film per ciascuna delle categorie previste dal festival.
Partiamo dalla sezione Wild Roses, dedicata ogni anno alle cineaste. Dopo Polonia, Georgia e Ucraina, quest’anno è la volta della Germania. Tra i 13 titoli selezionati quest’anno, vi consigliamo Vi presento Toni Erdmann, una pellicola del 2016 della regista Maren Ade (classe ’76).
Presentato a Cannes e candidato agli Oscar come Miglior film straniero, Toni Erdmann (questo il titolo originale) sembra costruito interamente sul doppio: il rapporto famigliare tra un padre “artistico” e una figlia in carriera, quello commerciale tra Germania e Romania (luoghi in cui è girato il film), quello esistenziale tra dinamiche di sfruttamento tipiche del mondo capitalista e quelle sentimentali che non si possono reprimere in eterno. Toni Erdmann è l’alter ego a un tempo buffo e serissimo che si costruisce il padre alla scoperta del mondo (per molti versi malato) della figlia sfuggente. Il film si gioca su molteplici “ripetizioni con variazione”, con colpi di scena e quadri quasi surreali che inteneriscono e lasciano riflettere.
Tra i lungometraggi in concorso al Trieste Film Festival vi proponiamo la visione di una pellicola romeno-ungherese presentata in anteprima italiana a Trieste, Elfogy a levegő (Senza aria, 2023) della regista Katalin Moldovai (classe ’82), nata in Romania all’interno della comunità ungherese. Il film è basato su una storia vera che la cineasta ha appreso dai giornali: un’insegnante di lettere si ritrova sotto accusa per aver consigliato agli studenti un film – Poeti dall’inferno (1995) – sulla vita (e dunque sull’omosessualità) del poeta Rimbaud. Lo scandalo assume proporzioni sempre più soffocanti (come suggerisce il titolo) per la docente e anche per il figlio del genitore che ha sporto denuncia. La storia – così assurda e così reale – offre notevoli spunti di riflessione in un momento storico come quello attuale in cui in tutta Europa crescono tendenze conservatrici e forme di discriminazione e intolleranza, mentre la scuola vorrebbe e dovrebbe continuare a essere un luogo di confronto e di apertura all’Altro.
Per quanto riguarda i documentari in concorso, un film potente e importante è sicuramente Motherland (2023) delle registe bielorusse Alexandra Mihalkovich e Hanna Badziaka. Si tratta di una testimonianza cruda ben strutturata che racconta, attraverso un anno non casuale – il 2020 segnato, nell’agosto, dallo scoppio delle proteste contro i brogli presidenziali – una realtà tragica del contesto bielorusso: le violenze e gli abusi, talvolta fatali, basati sul nonnismo cronico (la famigerata “dedovščina”) presente all’interno del sistema militare. Da un lato, c’è una madre che cerca giustizia per il figlio ucciso durante il suo periodo di servizio nell’esercito e che viaggia per il paese raccogliendo la rabbia e il dolore di altre famiglie private dei loro giovani; il suo obiettivo è chiedere un risarcimento materiale e morale alle autorità. Dall’altro lato, il soggetto si intreccia a uno spaccato vivido della vita di un gruppo di amici alle prese con la leva obbligatoria e le sollevazioni popolari contro il regime di Lukašenka.
La categoria “Fuori dagli sche(r)mi” del Trieste Film Festival è dedicata a film “liberi” in termini di narrazione, forma, genere, linguaggio e, tra la selezione proposta quest’anno, noi consigliamo Cherry Juice (2023), produzione indipendente della regista Mersiha Husagic (classe ’89), anche attrice protagonista del film stesso. Husagic con questa pellicola torna nella sua natia Bosnia, da cui è emigrata a tre anni in Germania in seguito allo scoppio del conflitto. A Sarajevo recupera, attraverso la trama, l’esperienza collettiva della guerra degli anni Novanta. Tuttavia, a differenza di altri film sulle conseguenze del conflitto, qui la memoria (tanto simbolica, il “succo di ciliegie” del titolo, che materiale, la pistola “souvenir della guerra”) non è solo quella della protagonista bosniaca Selma, ma anche quella del co-protagonista, il tedesco Niklas. Cherry Juice è un “quasi-film nel film”, una versione del classico “mise en abyme”: il film che Selma intende girare infatti non si realizza e, dato che dimentica di informare la troupe dell’annullamento delle riprese, l’attore tedesco Niklas si ritrova comunque a Sarajevo. A partire dal loro incontro e scontro di caratteri si dipana un film coinvolgente, a tratti comico e profondamente malinconico. E in effetti un piccolo “mise en abyme” dopotutto si realizza, attraverso la proiezione inaspettata di un lavoro del padre di Selma.
Infine, per la sezione Eventi speciali del Trieste Film Festival scegliamo di menzionare l’omaggio che il festival ha deciso di fare al regista serbo Srđan Koljević, scomparso l’8 luglio 2023 a soli 56 anni. Sivi kamion crvene boje (Un camion grigio colorato di rosso) è stato il suo pluripremiato film di debutto (2004). Questo road movie sui generis vede protagonista un ladro di camion seriale affetto da un piccolo problema: il daltonismo (da qui il titolo). Accanto a lui, una fortuita compagna di viaggio appassionata di musica rock in fuga da Belgrado. Il tutto avviene sullo sfondo dell’inizio della guerra: è il giugno del 1991. Nonostante la serietà e la tragicità del contesto che fa da sfondo e contraltare alla relazione che nasce tra i due personaggi, il film di Koljević unisce magistralmente un’estrema comicità e una velata malinconia dall’inizio alla (per alcuni versi, inattesa) conclusione. Il tutto poeticamente intrecciato attraverso il giocoso leitmotif dei colori.
Per (ri)scoprire l’edizione precedente del Trieste Film Festival, leggete qui!
Dottoressa di ricerca in Slavistica, è docente di lingua russa e traduzione presso l’Università di Trieste, si occupa in particolare di cultura tardo-sovietica e contemporanea di lingua russa. È traduttrice, curatrice di collana presso la casa editrice Bottega Errante ed è la presidente di Meridiano 13 APS.