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“Fondazione di una squadra femminile. Rispondete, per piacere. 3 marzo 1971, ore 18 alla al circolo Walter Junker. BSG Turbine Potsdam sezione calcio”.
È il testo di un biglietto, appeso nella bacheca nella sede centrale della EVP, l’azienda elettrica di Potsdam, a due passi da Berlino, nell’allora Germania Est. Chi l’abbia scritto non si sa, neppure da quanto sia lì. È certo che l’idea di creare una squadra femminile è nata durante la festa di Natale 1970, quando i membri dell’azienda, tra cui alcune donne, avevano criticato le prestazioni della formazione maschile che con risultati mediocri militava nelle serie inferiori.
Il Turbine Potsdam e Bernd Schröder
Tra chi probabilmente legge quell’annuncio c’è il 29enne Bernd Schröder, dirigente della EVP. È cresciuto nella zona dei monti Metalliferi, ha una laurea in scienze della montagna e un passato da portiere con le riserve della Lokomotive Lipsia e nello Stahl Silbitz, squadra dell’omonima cittadina della Turingia. Quel tardo pomeriggio del 3 marzo Schröder è nella clubhouse, intitolata a un oppositore al nazismo morto durante la Guerra Civile Spagnola. Come ammetterà 40 anni dopo, in un’intervista al Märkische Allgemeine Zeitung, si trova lì semplicemente per mangiare qualcosa. A pochi metri da lui ci sono una quarantina di ragazze, quelle che hanno risposto all’appello. Sono tante, ma sono spaesate. Chiedono a Schröder di seguirle. Accetta, anche se non ha mai allenato prima. La sera seguente, nella palestra di quella che si chiamava allora Straße der Jugend il 29enne dirige la prima seduta con 38 calciatrici. È nata la sezione femminile della BSG Turbine Potsdam.
Per il calcio femminile della Repubblica Democratica Tedesca è un’epoca pionieristica. Nella DDR, differentemente dalla vicina Germania Ovest, non c’è mai stato nessun bando, velato o palese, al Frauenfußball. Nessun divieto, ma anche nessun sostegno, anche perché il calcio femminile non è (ancora) sport olimpico. Ci sono centinaia di squadre che punteggiano il territorio della Germania Est, ma non esiste un vero e proprio campionato. In quell’anno 1971 la DFV, la locale Federazione, mette nero su bianco quale siano le regole. Due tempi da 30 minuti, ordine di organizzare competizioni solo a livello locale e una serie di divieti strambi, come quello di non poter scendere in campo con la temperature inferiore a cinque gradi sotto lo zero.
In questo contesto Schröder, che andrà ufficialmente in pensione dopo 45 anni da quel primo allenamento e che è ancora presidente onorario del club, comincia a costruire un piccolo gioiello sportivo. Delle 38 giocatrici del primo giorno, già al secondo allenamento ne rimangono “solo” 20.
L’allenatore però non perde tempo. Dopo due mesi il 25 maggio 1971 il primo incontro. È in trasferta, perché Schröder vuole testare le sue ragazze prima di un (eventuale) debutto casalingo contro la sezione femminile del BSG Tangermünde. La “prima” va bene, vittoria 3-0 e nuovo incontro a giugno, stavolta a Potsdam. 5-1 ancora per il Turbine, davanti a 2mila spettatori. Come racconterà in un’intervista, il 1971 si chiude con 12 vittorie su 13 incontri. Schröder, però non si accontenta. Per costruire una squadra competitiva ha un piano preciso. Oltre a monitorare i talenti della zona, il dirigente si concentra su ragazze che praticano altri sport, soprattutto l’atletica, ma che per ragioni diverse sono “fuori” dal grande giro. Come per esempio Sabine Seidel, arrivata sul finire degli anni Settanta a Potsdam e trasformata in un esterno di ottimo livello.
Per attirare giocatrici Schröder ha un’altra arma. Essendo un dirigente importante di un’azienda nazionalizzata, ha la possibilità di trovare un lavoro e una casa ai neo acquisti. Sì, perché a parte essere tutte dilettanti, come i loro colleghi maschi, i soldi sono pochi e addirittura sono le stesse calciatrici a doversi cucire gli stemmi sulle maglie.
La svolta del 1979
Una svolta avviene nel 1979. È l’anno in cui la DFV, la Federazione calcistica, organizza la prima competizione femminile a livello nazionale nella storia della DDR. Non è una Meisterschaft, un campionato, ma un Bestenermittlung, un torneo non ufficiale. Fino alla Riunificazione se ne giocheranno tredici edizioni. Il Turbine ne vincerà sei, dal 1981 sempre tra le prime tre. Il club nato grazie a un bigliettino è diventato una potenza. Anche perché Schröder è ambizioso.
Nel 1981, dopo aver mancato per due volte la qualificazione alla fase finale del torneo, il tecnico vuole vincere, anche perché il Bestenermittlung si gioca a Potsdam. Per prepararsi fa allenare la squadra cinque volte a settimana e la porta addirittura in ritiro sul Mar Baltico. Il lavoro paga e il Turbine conquista il titolo, senza perdere neppure un incontro. Si ripeterà pure nel 1982 e nel 1983, ma Schröder vuole crescere ancora. Per farlo guarda all’estero.
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Dato che gli inviti per tornei nei Paesi occidentali venivano preventivamente rifiutati dalle autorità sportive, la squadra della DDR va nei “Paesi Fratelli” del Blocco Orientale. C’è un problema: il Turbine non solo non può andare a Ovest, ma non può proprio affrontare squadre dei Paesi capitalisti. Per aggirare questo divieto alla prima uscita fuori dalla Germania Est, in Ungheria, Schröder chiede agli organizzatori di falsificare l’invito, sostituendo due partecipanti, rispettivamente provenienti da Austria e Cecoslovacchia, con Levski Sofia e Sparta Praga. Il trucco sembra funzionare, ma ad accompagnare la squadra c’è un funzionario che si accorge dell’imbroglio.
Il tecnico si prende un anno di “bando” dai viaggi all’estero. Ci riprova alla fine della squalifica. Stavolta l’allenatore falsifica personalmente la lista per un torneo a Breslavia, ma questa volta il funzionario si rende conto all’arrivo che qualcosa non va. Vengono salvate le apparenze con un’amichevole tra tedeschi dell’Est e polacchi, ma Schröder non potrà viaggiare più all’estero con il Turbine. I suoi sforzi però danno i loro frutti. Alla Riunificazione, insieme al Rotation Schlema, è uno dei club guida del calcio femminile della DDR. Le giocatrici delle due squadre e i due allenatori, Bernd Schröder e Dietmar Männel, saranno i protagonisti il 9 maggio 1990 proprio a Potsdam della prima e unica partita della Nazionale femminile di calcio della Germania Est.
Dopo la caduta del muro
Il BSG Turbine Potsdam, che dal 1 gennaio 1990 con la caduta del Muro si chiama SSV Turbine Potsdam, per tornare ai vertici della Germania riunificata però ci impiegherà quasi dieci anni, costellati di problemi economici e da risultati non sempre esaltanti sul campo. Nel 1994 il club raggiunge la Bundesliga femminile, all’epoca divisa in due gironi e dal ‘97 partecipa al girone unico del massimo campionato tedesco. A cavallo del nuovo Millennio la squadra, che dal 1997 è allenata da Schröder e che nel 1999 si è staccata dal club in cui è nato, si gioca il titolo.
Il primo arriva nel 2004, l’ultimo nel 2012. In mezzo il Turbine si laurea per due volte campione d’Europa. Da Potsdam passano le migliori giocatrici tedesche dell’epoca, dal portiere Nadine Angerer alle attaccanti Anja Mittag e Conny Pohlers, oltre ad alcune stelle straniere, come la norvegese Ada Hegerberg e la giapponese Yūki Nagasato. Chi non è cambia è Bernd Schröder, sempre molto ascoltato, nonostante sia ufficialmente in pensione dal 2016. Negli ultimi anni il Turbine ha ridimensionato le sue ambizioni (non si qualificano alla Champions femminile dal 2014/2015), anche perché la Frauenbundesliga è profondamente cambiata. A farla da padrone sono le squadre legate ai club maschili, come Bayern Monaco e Wolfsburg. Il club di Potsdam resiste, anche alle sirene, sempre smentite di una possibile partnership con l’Hertha Berlino. Intanto il Turbine è già nella Storia, tant’è che sulle sue origini è stato realizzato un documentario, dove si raccontano le origini del mito.
Classe 1984, nato a Sesto San Giovanni quando era ancora la Stalingrado d’Italia. Germanocentrico, ama la Spagna, il Sudamerica e la Mitteleuropa. Collabora con Avvenire e coordina la rivista Cafè Rimet. È autore dei volumi “C’era una volta l’Est. Storie di calcio dalla Germania orientale”, “Rivoluzionari in campo” e coautore di “Non solo Puskas” e “Quattro a tre”.