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30 ottobre 1993. La guerra aveva travolto la Croazia già da due anni. Il nemico stanziava a poco più di sessanta chilometri dalla capitale, Zagabria, in un territorio appartenente all’autoproclamata Repubblica Serba di Krajina. Nel gennaio 1992 le parti avevano firmato un cessate il fuoco ma questo non impediva episodi di violenza e scontri armati tra i due schieramenti.
Eppure, nonostante le privazioni, le difficoltà e la paura causati dalla guerra, qualcuno nella capitale croata continuava a voler vivere una vita normale. Anzi, provava a fare di più. All’isolamento individuale reagiva con la socialità organizzando concerti e feste, all’isolamento collettivo di un paese schiacciato dal conflitto e isolato dal resto del mondo contrapponeva il tentativo di portare in città nuove tendenze musicali e le nuove mode, specialmente quelle europee. È in questo contesto che nasce l’Under City Rave di Zagabria, il primo vero grande rave in Croazia che spalancò le porte ai “free party” e alla diffusione della musica elettronica. Un evento che ha segnato la storia musicale del paese e che ancora oggi viene ricordato come qualcosa di irripetibile.
Quegli anni in Europa erano anni particolarmente irrequieti, non solo dal punto di vista politico ma anche culturale. Dalla fine degli anni Ottanta aveva cominciato a diffondersi in tutto il continente una nuova pratica legata al divertimento e alla trasgressione: i free party, più conosciuti come rave.
Già il termine utilizzato per identificare questo tipo di feste offre una prima panoramica della loro natura. Secondo il vocabolario Cambrigde, to rave può significare “parlare in maniera incontrollata”, “delirare” ma anche “infuriarsi” e “andare in estasi”.
Caratteristiche principali di questi party, completamente autorganizzati e che possono durare anche diversi giorni, sono gli enormi sound system che sparano a livelli altissimi la musica (elettronica nelle sue varie sfaccettature) e le installazioni e i giochi di luce che colorano i posti dove queste feste si svolgono, principalmente capannoni abbandonati e ampi spazi verdi a cui si accede gratuitamente e a cui si arriva solo grazie a indicazioni diffuse tramite il passaparola sui social. (No, l’utilizzo di droghe non rientra tra le “caratteristiche principali”, non perché non se ne faccia uso ma perché quello che accade non è poi molto diverso da quello che si vede ogni fine settimana nelle discoteche delle città o in altri contesti).
I rave arrivano al fronte
A causa dell’avversione delle autorità verso questo tipo di feste, riuscire a organizzare un rave senza problemi non è sempre un’impresa facile. Non lo era neppure nel 1993 in una Zagabria in guerra, in cui giungevano gli echi dei bombardamenti che colpivano le città limitrofe. Ai tempi non esistevano i social attraverso cui far girare le notizie e gli appuntamenti, e non esistevano neppure le varie piattaforme musicali con cui conoscere e diffondere le nuove tendenze. Tutto viaggiava più lentamente, attraverso il racconto di chi aveva avuto la fortuna di andare all’estero e sentire nuove sonorità, conoscere nuovi dj o partecipare a eventi importanti.
In Croazia, la musica elettronica non aveva ancora raggiunto una dimensione di massa. Si deve a Damir Cuculić, dj e organizzatore dell’Under City Rave, il merito di aver contribuito a portare e diffondere questo tipo di musica nel paese. Nei primi anni Novanta, infatti, era possibile ascoltare la musica elettronica in pochi club di Zagabria, tra cui il KSET, il club degli studenti di ingegneria elettrica fondato nel 1976 e tutt’ora attivo, che nel 1992 aveva ospitato la prova generale con una festa a cui però presero parte poche centinaia di persone. Altre feste si svolgevano all’Aquarius e al Gjura.
Nel 1993, dopo vari viaggi in Europa, Cuculić insieme ad un altro gruppo di amici decide di organizzare una grande festa al Tunnel Grič e di intitolarla “Under City Rave”. Lui si sarebbe occupato di invitare e far arrivare sani e salvi i musicisti dall’Inghilterra e dalla Germania. Altri componenti del gruppo, tra cui gli artisti Dražen Grubišić e Nedjeljko Mikca, si sarebbero invece dedicati alle installazioni e all’allestimento del tunnel. La notizia cominciò a diffondersi velocemente e persino MTV garantì all’evento copertura mediatica.
La location
Il luogo identificato per la festa non era né un grande edificio abbandonato della città, troppo rischioso in tempi di guerra, né un’area verde isolata, forse ancora più pericoloso. Gli organizzatori pensarono allora di organizzare la festa all’interno del Tunnel Grič. Il tunnel era stato costruito nel 1943 per volontà di Nikola Mandić, primo ministro dello Stato Indipendente Croato collaborazionista degli occupanti nazi-fascisti.
La sua funzione era quella di rifugio antiaereo e di corridoio per il traffico di merci. Lungo 350 metri, il tunnel è situato in pieno centro città, tra via Mesnička e via Stjepan Radić. Da una delle uscite è possibile raggiungere l’Art Park, il primo “street art park” di tutta la Croazia. Dopo la Seconda guerra mondiale era stato completamente abbandonato fino alla Guerra Patriottica (1992-1996) durante la quale era stato sporadicamente riutilizzato come rifugio.
Il suo definitivo recupero è avvenuto solamente nel 2016 con i lavori di ristrutturazione per una sua riapertura al pubblico. Oggi il tunnel è meta di gruppi turistici e ospita mostre temporanee ed eventi.
La leggenda dell’Under City Rave
Il 30 ottobre 1993 è sicuramente la data più importante per la recente storia del Tunnel ma anche della scena musicale underground di Zagabria e di tutta la Croazia. L’Under City Rave si rivelò un successo senza precedenti, ben oltre le migliori intenzioni e aspettative degli organizzatori. Come detto, nel 1993 i free party in Croazia non erano ancora conosciuti e anche se la musica elettronica provava a ritagliarsi un suo spazio questo era ancora relegato a clubs e locali.
L’Under City Rave, prevedendo un biglietto di ingresso e avendo sponsorizzazioni importanti (Pepsi, Croatia Airlines…), non rispettava alcune delle regole basi dei free party. Ma furono gli eventi stessi a trasformare l’idea iniziale della festa trasformandola in qualcosa di molto diverso rispetto a quanto programmato. I biglietti per entrare nel Tunnel erano stati stampati in semplici fogli di carta: niente nominativi, niente QR code o braccialetti speciali. Un biglietto così semplice che in molti si erano stampati a casa propria o che avevano fotocopiato per gli amici. Come raccontato da Cuculić in diverse interviste, all’ingresso era impossibile riconoscere i biglietti veri da quelli falsi. La soluzione trovata fu la più semplice e in pieno stile: tutti dentro, gratuitamente.
I problemi però divennero presto altri. Invece delle 500 persone attese se ne presentarono migliaia: 2.500 secondo alcuni, 5.000 per gli organizzatori, ancora di più secondo i cantastorie. Il Tunnel non era attrezzato per ospitare tutte queste persone, non aveva un sistema di ventilazione e le uniche prese d’aria e vie di fuga erano le due entrate poste all’estremità. Ben prestò durante la serata si creò talmente tanta umidità che cominciò a piovere sulla consolle mentre a terra il terreno si era ormai trasformato in fango. Si sfiorò la tragedia ma tutto proseguì senza incidenti.
Non mancarono ovviamente le segnalazioni alle forze dell’ordine che però si trovarono completamente impotenti davanti a una situazione del genere e non poterono fare altro che attendere la fine della festa alle prime ore del mattino.
L’Under City Rave viene ancora oggi ricordato come un evento unico, irripetibile. Non solo per la folle gestione della serata, oggi completamente impensabile, ma anche e soprattutto per quello che ha rappresentato: un momento di gioia collettiva, di estasi, di evasione da una realtà fatta di bombe, difficoltà economiche e sociali, di rotture delle relazioni umane e di brutalità. Un atto di ribellione verso le regole della guerra e del potere costituito, un angolo di libertà e di pace in cui tutto era concesso e tutto era possibile. Una storia che, nonostante l’ostilità delle forze dell’ordine e del perbenismo verso i rave, non può essere cancellata.
Dottore di ricerca in Studi internazionali e giornalista, ha collaborato con diverse testate tra cui East Journal e Nena News Agency occupandosi di attualità nell’area balcanica. Coautore dei libri “Capire i Balcani Occidentali” e “Capire la Rotta Balcanica”, editi da Bottega Errante Editore. Vice-presidente di Meridiano 13 APS.