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“Waterloo”, una storia di genio e follia

Dopo la visione di Waterloo a molti viene spontaneo dire: “Film come questi non ne fanno più”. Commenti del genere non derivano da una mal riposta nostalgia per il cinema del passato, ma da un dato di fatto: le tecniche usate nella pellicola diretta dal regista sovietico Sergej Bondarčuk per ricostruire le battaglie napoleoniche non vengono e, con ogni probabilità, non verranno più usate perché troppo complesse e costose.

Vediamo insieme la storia particolare legata alla produzione di questo lungometraggio.

I cento giorni e la battaglia di Waterloo

Il film racconta le ultime vicende di Napoleone in Europa: l’abdicazione a Fontainbleu nell’aprile 1814, la fuga dall’esilio all’Elba dopo dieci mesi e il rientro in Francia. Gran parte della versione da 128 minuti della pellicola uscita nei cinema nel 1970 si incentra poi sulla battaglia di Waterloo, conclusasi con la vittoria dell’esercito anglo-prussiano, comandato dal duca di Wellington, e la definitiva sconfitta di Napoleone.

Uno dei momenti iconici del film: le truppe inviate dal re Luigi XVIII ad arrestare Napoleone lo acclamano invece come un eroe

Limitandoci al soggetto della trama, niente di straordinario, verrebbe da dire. Tanti registi si sono cimentati o volevano cimentarsi nel narrare il periodo napoleonico. Tra gli altri, Stanley Kubrick (la cui opera, come vedremo, si intreccia a Waterloo), Ridley Scott con il suo Napoleon uscito a fine 2023, e lo stesso Bondarčuk, già autore del colossal del cinema sovietico Guerra e Pace (1966).

L’eccezionalità di Waterloo emerge leggendo la storia della produzione della pellicola. Nel 1965 Dino De Laurentis aveva annunciato il film che, nei piani iniziali, sarebbe dovuto essere diretto dall’americano John Huston. Tuttavia il produttore italiano faticò a trovare finanziamenti in Occidente per un progetto che si preannunciava estremamente costoso. Fallì anche il tentativo di trovare un set adeguato in Bulgaria, Jugoslavia, Romania o Spagna.

La soluzione si trovò alla fine degli anni Sessanta, quando De Laurentis raggiunse un accordo con lo studio cinematografico sovietico Mosfil’m. Il film sarebbe stato diretto da Bondarčuk, come detto, un “veterano” delle guerre napoleoniche, e girato in Italia e nella Repubblica Socialista Sovietica Ucraina.  

Per il set della battaglia venne scelta un’area rurale nei pressi della città di Užhorod, a pochi chilometri dal confine tra Unione Sovietica e Cecoslovacchia. Quasi 17mila soldati dell’Armata Rossa (che si trovavano nell’area nel contesto dell’invasione sovietica della Cecoslovacchia dopo la primavera di Praga) vennero coinvolti nel progetto come manodopera e per fare da comparse. A tal fine, si esercitarono per mesi per riprodurre fedelmente le manovre degli eserciti dell’epoca napoleonica.

Inoltre, per ricreare l’ambientazione della battaglia, vennero demolite due colline, costruiti otto chilometri di strade e quattro edifici storici, trapiantati 5mila alberi e posati chilometri di tubazioni per generare sul set il fango che ebbe un ruolo decisivo nel ritardare i movimenti dell’artiglieria francese a Waterloo.

Oltre che per la sua produzione il film era internazionale per il suo cast. Napoleone venne interpretato dall’attore americano Rod Steiger e Wellington dal collega canadese Christopher Plummer. Nel film figurano altre stelle dell’epoca provenienti da entrambi i lati della cortina di ferro: Orson Welles nel ruolo del re Luigi XVIII e il georgiano Sergo Zakariadze – noto soprattutto per il film Il padre del soldato (1965) – in quello del generale prussiano Blücher. Questa per Zakariadze sarà l’ultima comparsa sul grande schermo, visto che l’attore venne a mancare nel 1971.

Le scene della battaglia di Waterloo vennero girate nell’estate del 1969. In un’intervista, Rod Steiger ha raccontato il suo punto di vista di quell’esperienza in quello che era un angolo povero e agricolo dell’impero sovietico. Gli occidentali – gli attori e gli altri lavoratori coinvolti a vario titolo nel progetto – erano alloggiati in un hotel di Užhorod infestato dagli scarafaggi, i loro pasti erano quasi esclusivamente a base di boršč e i loro movimenti monitorati attentamente dalle forze di sicurezza.

All’epoca si scherzava sul fatto che Bondarčuk durante le riprese fosse al comando del settimo esercito più grande del mondo. Vista la quantità di persone coinvolte, le comunicazioni non dovevano essere facili e il regista era sempre accompagnato da quattro interpreti per comunicare in inglese, italiano, francese e serbo-croato con i vari elementi della troupe. Durante le riprese, morì inoltre un numero innumerevole di cavalli, tanto che Steiger ricorda come non fu necessario ricostruire le carcasse dei destrieri caduti durante la battaglia da usare nel girato: si ripresero i veri cadaveri dei cavalli.

Il resto del film venne girato in Italia, tra la reggia di Caserta e gli studi della casa di produzione di De Laurentis a Roma. Il costo finale della pellicola superò i 38 milioni di dollari americani, facendo di Waterloo uno dei lungometraggi più costosi della storia.

Genio o follia?

In una recente newsletter di Meridiano 13 parlavamo di follie dell’imperatore, intese come “opere o progetti e irragionevolmente dispendiosi, costruiti per i più svariati motivi: alimentare il culto della personalità di questo o quel despota, prevalere su un rivale politico, difendersi da nemici immaginari”. Visti gli sforzi giganteschi necessari alla produzione di Waterloo viene da chiedersi se il film appartenga a questo categoria e se tali sforzi portarono ai risultati sperati.

La risposta non è univoca. La pellicola si rivelò un fallimento al botteghino e gli incassi non coprirono i costi esorbitanti della produzione. Il flop fu tale da indurre Kubrik, che stava lavorando a un film biografico su Napoleone, a desistere dal progetto e concentrarsi su Arancia Meccanica. Il suo lavoro di ricerca sull’epoca napoleonica venne poi utilizzato per Barry Lyndon (1975).

Andando oltre al mero dato commerciale, indubbiamente il film rimane un capolavoro e un esempio insuperato di realismo storico cinematografico. Sono poche infatti le inaccuratezze nella ricostruzione degli eventi intorno alla battaglia di Waterloo. Il film passa anche il test del tempo per quanto riguarda le scene di azione. Confrontandolo con Napoleon di Ridley Scott si vede chiaramente che gli effetti speciali di oggi ancora non riescano a competere con le scene girate fisicamente, soprattutto nelle inquadrature che ritraggono i movimenti in massa degli eserciti.

Una delle scene più celebri del film: la ripresa aerea delle formazioni a quadrato inglesi in risposta all’attacco della cavalleria francese. Ridley Scott ha ripreso lo stesso episodio nel suo Napoleon, a voi il giudizio su quale sia la versione migliore.

Non si gireranno più film di questo genere visto che è molto più semplice usare il blue screen e altri effetti speciali. Allora godiamoci Waterloo che si merita indubbiamente uno degli Oscar di Meridiano 13!

Se il periodo napoleonico vi appassiona, non perdetevi questo articolo di Davide Longo su Alessandro I, lo zar che sconfisse Napoleone.
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Aleksej Tilman
Aleksej Tilman

Nato a Milano, attualmente abita a Vienna, dopo aver vissuto ad Astana, Bruxelles e Tbilisi, lavorando per l’Osce e il Parlamento Europeo. Ha risieduto due anni nella capitale della Georgia, specializzandosi sulle dinamiche politiche e sociali dell’area caucasica all’Università Ivane Javakhishvili. Oltre che per Meridiano 13, scrive e ha scritto della regione per Valigia Blu, New Eastern Europe, East Journal e altre testate.